Buongiorno, mia figlia ha preso alcune volte lo Pseudomonas, ma ne è da un anno fortunatamente pulita. E’ positiva allo Stafilococco ma i dottori lo lasciano stare. Vorrei sapere in che modo Stafilococco e Pseudomonas interagiscono nel polmone. In qualche modo la presenza del più innocuo Stafilococco limita l’ espandersi dello Pseudomonas? Ed in qualche modo occupa i posti che altrimenti occuperebbe quell’altro? O le cose sono indipendenti?
Nel caso della paziente, di cui non viene indicata l’età, il periodo di libertà dall’infezione da P. aeruginosa è consistente. Non viene tuttavia precisato il numero di esami colturali eseguiti nel periodo indicato. Di solito la definizione di eradicazione di P. aeruginosa (e quindi di libertà dall’infezione) è basata sulla negatività di almeno 3 esami colturali nell’arco di 6 mesi.
Nei confronti di P. aeruginosa le strategie terapeutiche da adottare sono oggi decisamente chiare. In caso di esacerbazione si utilizza una terapia antibiotica doppia per via parenterale. In condizioni di stabilità, nel caso di prima/nuova infezione, viene suggerito un trattamento eradicante e nel caso di presenza cronica del germe è consigliato un trattamento cronico soppressivo, secondo vari schemi in relazione al tipo di farmaco utilizzato.
L’infezione da S. aureus, pur essendo uno dei problemi più vecchi della microbiologia FC, ha molti aspetti che non sono chiari e meriterebbero ulteriore attenzione. A oggi le strategie terapeutiche da adottare nei confronti dell’infezione da S. aureus non sono ben stabilite. Se è inopinabile il ricorso alla terapia per via parenterale nel caso di esacerbazione polmonare, non è invece chiaro cosa fare nel caso della prima/nuova infezione da S. aureus, e nel caso in cui il paziente sia cronicamente infettato dal germe. Nel caso di prima infezione la pratica del trattamento eradicante non è di solito adottata nei centri FC. Nel caso il paziente alberghi cronicamente il germe non è stata ancora stabilità l’utilità della terapia cronica soppressiva.
La problematica dell’infezione da S. aureus, per quanto sempre attuale, è nata in un periodo ormai storico, in cui il comportamento del clinico e la metodologia degli studi non erano tali da poter individuare una strategia di trattamento realmente efficace.
Con il passar del tempo la metodologia della ricerca è migliorata e quando P. aeruginosa è stato considerato il principale patogeno, gli studi clinici hanno consentito di individuare chiaramente le strategie antibiotiche più efficaci.
Le conseguenze a lungo termine dell’infezione da S. aureus sono in genere ritenute meno severe rispetto a P. aeruginosa. Non sempre tuttavia lo stafilococco può essere definito “più innocuo” rispetto a altri patogeni. Recentemente si è assistito ad un brusco incremento della prevalenza di un tipo particolare di S. aureus detto “meticillino-resistente” (MRSA). L’infezione persistente da MRSA determina nel tempo un declino più consistente delle prove di funzionalità respiratoria (FEV1) e un incremento della morbilità e mortalità. Vari studi clinici, finalizzati a valutare l’efficacia della terapia antibiotica nei confronti della prima/nuova infezione da MRSA e nei confronti dell’infezione persistente, sono attualmente in corso. Dall’esito di tali studi dipenderà probabilmente la scelta delle strategie che in futuro potranno essere consigliate ai pazienti infettati da MRSA.
Per quanto riguarda le interazioni fra specie batteriche nelle vie aeree dei pazienti FC (S. aureus e P. aeruginosa, ma anche altre), l’argomento è stato studiato solo parzialmente e attualmente esistono ben poche certezze. Di recente è stato osservato, ad esempio, che l’infezione combinata di MRSA e P. aeruginosa si associa ad una maggior compromissione della funzione polmonare e a un maggior uso di antibiotici rispetto all’associazione fra S. aureus meticillino-sensibile e P. aeruginosa.
Da alcuni anni sono in corso studi su tutto l’insieme di microrganismi (microbiota) del polmone FC, con tecniche complesse che affiancano metodiche colturali classiche a metodiche non colturali. L’interesse appare rivolto quindi non tanto alle singole specie batteriche presenti a livello delle vie aeree, ma piuttosto a tutte le comunità microbiche, anche quelle non coltivabili con metodiche classiche. Tali studi non fanno parte della diagnostica microbiologica classica e le attuali conoscenze sull’ecologia polmonare non sono tali da condizionare scelte terapeutiche. Probabilmente il concetto classico che solo pochi patogeni sono importanti in FC andrà rivisto. In questo contesto va inquadrata la legittima curiosità sull’ecologia polmonare che traspare nella domanda. Studi preliminari hanno dimostrato che il microbiota polmonare può differire in relazione alle varie fasi e alla gravità della malattia. Su un numero limitato di pazienti è stato recentemente evidenziato che varie specie appaiono organizzate in un equilibrio dinamico. Inoltre è stata osservata un’alta diversità di specie batteriche nei pazienti in età pediatrica e una riduzione della diversità batterica (associata a diminuita funzione polmonare) negli adulti. A livello di polmone FC non è stato tuttavia ancora dimostrato che alcune specie possano limitare l’espansione di altre. Sono necessari quindi ulteriori studi per precisare l’ecologia polmonare del paziente nelle varie fasi della malattia e valutare i possibili risvolti terapeutici in occasione della variazione degli equilibri fra popolazioni batteriche.
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