Prima domanda
Buongiorno, mi riallaccio alla domanda di Bruno del 9 novembre. Anche la mia bimba (6 anni con Pseudomonas cronico da 3 anni) circa un anno fa aveva spesso tosse notturna, nonostante le terapie antibiotiche per bocca e nonostante due ricoveri a distanza di 4 mesi circa l’uno dall’altro. I sintomi poco tempo dopo i ricoveri si ripresentavano. E’ stato allora introdotto l’aerosol di colimicina a mesi alterni con il tobi, a causa del batterio Pseudomonas. Da allora (un anno circa) non ci sono stati più sintomi. Il centro mi dice di continuare per il momento ma io mi sto domandando (con una certa ansia) se in questo modo, prima o poi, non si possa creare una resistenza agli antibiotici che vanifichi anche l’uso di questi 2 aerosol e che quindi si possa creare in futuro una situazione difficile da gestire con successo.
Anna Maria
Seconda domanda
Buongiorno, il mio ragazzo (con cui sto da poco), paziente FC, ha fatto l’ultimo ciclo di terapia antibiotica due mesi fa. Dopo un forte raffreddore e mal di gola, “guariti” con antibiotici, ora ha un continuo aumento di tosse. In questi casi cosa si dovrebbe fare? E cosa posso fare o evitare io per essergli di aiuto? Vi ringrazio anticipatamente.
Paola
Queste domande ripropongono la problematica dell’infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa (anche se non menzionata nella seconda domanda), il germe oggi considerato come il principale patogeno in pazienti affetti da fibrosi cistica (FC). Recenti segnalazioni riportano che il 27% dei pazienti al di sotto dei sei anni e complessivamente l’80% di tutti i pazienti ne risulta infetto. I pazienti con infezione polmonare cronica da P. aeruginosa, se non curati in maniera ottimale, hanno una prognosi peggiore rispetto ai soggetti non infettati dal germe. La cronicità dell’infezione a livello delle vie aeree determina infatti un incremento della morbilità, un maggior uso di antibiotici e una progressiva diminuzione della funzionalità respiratoria. I danni causati dal germe a livello dell’apparato respiratorio si verificano in misura maggiore durante le esacerbazioni respiratorie, ma possono verificarsi anche indipendentemente da esse e sono attribuibili alla cronica presenza del germe: il persistere o il riprendere dei sintomi anche dopo cicli antibiotici può indicare lo stato ancora attivo dell’infezione cronica. L’uso degli antibiotici, come giustamente segnalato, è inevitabilmente associato allo sviluppo di meccanismi di resistenza, peraltro con alcune importanti limitazioni.
Gli antibiotici sono dotati di attività battericida ottimale quando la loro concentrazione eccede il livello di resistenza del germe agli antibiotici in quel momento, livello conosciuto con il termine tecnico di “concentrazione minima inibente” (MIC). Le MIC, valori teorici stabiliti in vitro su criteri internazionali, vanno tuttavia interpretate alla luce dei livelli di farmaco raggiungibili nella sede di infezione. La somministrazione dei farmaci per via parenterale (in vena o intramuscolo), anche a dosaggi alti, non sempre garantisce il raggiungimento di concentrazioni efficaci a livello polmonare. D’altra parte, dosi eccessive di antibiotici possono esporre il paziente a inaccettabili rischi di effetti indesiderati.
Varie strategie sono state utilizzate nel corso del tempo per ridurre l’impatto del germe a livello delle vie aeree. In passato in alcuni Centri FC venivano utilizzati dei cicli di trattamento per via endovenosa, anche in pieno benessere, con cadenza trimestrale, molto impegnativi per il paziente e la propria famiglia. A questo tipo di trattamento è stato originariamente attribuito il termine di “terapia cronica di mantenimento”, termine più recentemente usato invece per il trattamento con antibiotici per via inalatoria. L’uso della via inalatoria consente di somministrare direttamente farmaci a livello delle vie aeree. Questa modalità di somministrazione permette l’azione diretta del farmaco a livello locale, riducendo il rischio di effetti indesiderati sistemici e diminuendo in maniera consistente il costo delle terapie. Il razionale per il trattamento con antibiotici somministrati per via inalatoria si basa sulla possibilità di raggiungere localmente concentrazioni che eccedono di gran lunga la MIC, ottenendo così un’attività battericida ottimale. Malgrado la nebulizzazione degli antibiotici determini una concentrazione di antibiotico molto variabile a livello delle vie aeree, nel caso della tobramicina viene raggiunta una concentrazione da 100 a 1000 volte più alta rispetto alle MIC di P. aeruginosa, in grado quindi di determinare un sicuro effetto terapeutico. Sulla base di criteri internazionali, il laboratorio che esegue lo studio microbiologico può refertare nell’antibiogramma che il germe è resistente, considerando i livelli di farmaco teoricamente raggiungibili nel sito di infezione con le consuete vie di somministrazione, e non attraverso la via inalatoria.
In passato venivano somministrati per via aerosolica preparati usati per via endovenosa e formulazioni estemporanee, la cui eterogenea composizione rendeva difficile la valutazione della reale efficacia delle terapie. Gli antibiotici attualmente più usati per trattamenti per via aerosolica a cadenze regolari sono la colistina e la tobramicina. Entrambi sono efficaci contro Pseudomonas e per entrambi il rischio di sviluppo di resistenze è veramente minimo (quasi inesistente per colistina). L’uso della colimicina per via inalatoria è ormai da ritenersi consolidato, poiché il farmaco è ormai utilizzato da molto tempo. L’uso di preparati specifici a base di tobramicina per via inalatoria è di più recente introduzione ed è stato ben supportato da studi clinici recentemente condotti. Sulla base delle indicazioni fornite dalla letteratura medica è stata dimostrata l’efficacia degli antibiotici somministrati per via aerosolica in pazienti cronicamente infettati da P. aeruginosa. Il regolare trattamento determina la riduzione del numero di esacerbazioni polmonari, la diminuzione della conta batterica a livello delle secrezioni bronchiali e il rallentamento nel declino della funzionalità respiratoria. Il trattamento con antibiotici per via aerosolica ha inoltre determinato una consistente riduzione dei ricoveri ospedalieri e della quantità di farmaci per via parenterale prescritti, con un globale risparmio di risorse.
Poiché non sono state recentemente sviluppate nuove classi di antibiotici, le prospettive di usare per via inalatoria molecole già introdotte nella pratica clinica sono da considerare importanti. Sono attualmente in fase di studio classi di antibiotici (come ad esempio chinolonici e monobactamici) adattati alla somministrazione per via inalatoria. Sono attualmente in corso studi clinici per sviluppare appropriate formulazioni di antibiotici, e dispositivi di erogazione più veloci ed efficaci. Le nuove specialità farmaceutiche e i nuovi dispositivi di erogazione potranno ottimizzare il trattamento, riducendo i tempi necessari per la somministrazione dei farmaci e migliorando complessivamente la qualità di vita del paziente.
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