Sono un ragazzo con FC di 20 anni. Nel centro in cui mi seguono mi hanno proposto per il trapianto bipolmonare, per le mie condizioni cliniche. Mandata la mia documentazione al centro ISMETT di Palermo prima e poi al centro di Milano, ho ricevuto lo stesso responso: non idoneo perché ho il Mycobacterium abscessus. La mia domanda era se qualcuno sa se ci sono centri che intervengono anche in pazienti che hanno questo micobatterio. Grazie della disponibilità. Buona serata a tutti.
Prima risposta
La gestione infettivologica dei pazienti con fibrosi cistica è spesso complessa per la presenza di germi a profilo di elevata resistenza, e costituisce uno dei punti chiave del trattamento clinico. Nei pazienti candidati a trapianto polmonare, le problematiche infettivologiche richiedono spesso, sia nel pre- che nel post-trapianto, scelte difficili e poco supportate dall’evidenza scientifica nella letteratura.
Anche se i batteri più frequentemente colonizzanti le vie aeree dei pazienti con fibrosi cistica sono lo Staphylococcus aureus e lo Pseudomonas aeruginosa, è possibile trovarsi di fronte all’isolamento di patogeni di più difficile trattamento come la Burkholderia cepacia o i micobatteri non-tubercolari (detti anche “micobatteri atipici”), fra i quali il più virulento è il Mycobacterium abscessus. Spesso, la risposta di questi ceppi agli antibiotici è molto variabile e scarsamente prevedibile in base ai consueti profili di suscettibilità. Il riscontro di questo genere di patogeni nei pazienti che hanno bisogno di un trapianto polmonare pone i clinici (ed il paziente stesso) di fronte ad un difficile dilemma sulla effettiva candidabilità all’intervento. In modo particolare, negli ultimi anni, il tema dei micobatteri non-tubercolari ed in particolare M. abscessus nei pazienti con fibrosi cistica è stato al centro delle attenzioni della comunità scientifica. L’isolamento di M. abscessus nelle colture di espettorato di pazienti avviati alla candidazione al trapianto polmonare è stata classicamente riconosciuta come una controindicazione pressoché assoluta. Questo orientamento nasce dal riscontro di una certa evidenza, in letteratura, che l’isolamento pre-trapianto di M. abscessus sia correlato con una incrementata mortalità postoperatoria o, per lo meno, con un’aumentata incidenza di complicanze infettive e di ferita post-trapianto. L’isolamento dell’agente patogeno nelle colture di espettorato parrebbe, infatti, il risultato di un’elevata carica di micobatteri nelle via aeree, da cui il rischio aumentato di una contaminazione del polmone trapiantato e l’aumentata incidenza di problematiche post-operatorie.
I dati più significativi provengono da una survey ISHLT (Società Internazionale per il Trapianto di Cuore e Polmone) e da uno studio del Brigham and Women Hospital che evidenziano, in coorti diverse di pazienti trapiantati di polmone per fibrosi cistica, quanto segue:
– Il comportamento di M.abscessus è spesso subdolo, ed è difficile prevedere quanti pazienti con colonizzazione pre-trapianto possano sviluppare l’infezione dopo il trapianto.
– La mortalità post-operatoria sembra aumentata nei pazienti con colonizzazione da M. abscessus, sebbene senza una dimostrazione statisticamente significativa.
– L’incidenza di complicanze infettive e di ferita risulta aumentata nei pazienti con M. abscessus.
– Il dato predittivo di esito sfavorevole sembra essere l’isolamento di M. abscessus nell’espettorato pre-trapianto. In sintesi, i dati disponibili pertanto sono piuttosto limitati e di non univoca interpretazione. Sebbene non sia possibile con certezza dimostrare una ridotta sopravvivenza dei pazienti colonizzati con M. abscessus prima del trapianto, sembra più consistente la tendenza allo sviluppo di complicanze post-operatorie.
Molti fattori vanno tenuti in considerazione nell’approccio al paziente con fibrosi cistica candidato a trapianto polmonare, in presenza di un isolamento da M. abscessus:
– La tecnica chirurgica del trapianto (evitando contaminazioni dello spazio pleurico);
– La sorveglianza postoperatoria (ferite e colture della via aerea);
– L’attenzione ai pazienti con carica di micobatteri troppo elevata;
– La valutazione delle condizioni cliniche del paziente e l’assenza di ulteriori comorbidità.
Al momento non sono disponibili linee guida specifiche sul tema e i centri valutano caso per caso le situazioni dei singoli pazienti, con particolare attenzione ad un contesto regionale e nazionale di scarsità di organi per trapianto e con l’obiettivo – sempre fondamentale – di massimizzazione delle risorse disponibili.
Lo sforzo degli operatori sanitari, con il supporto delle istituzioni e delle società scientifiche, dovrebbe essere rivolto ad incrementare le possibilità del trapianto per tutti i pazienti con insufficienza respiratoria terminale; a questo fine, la condivisione delle linee guida e la trasmissione di messaggi uniformi a tutti i pazienti sono requisiti fondamentali.
Questo obiettivo costituisce al momento una priorità e dovrebbe essere visto, anche dai pazienti, come un vero “Work in progress” da cui attendere presto possibilità di migliori opzioni di cura.
Referenze:
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– Knoll BM, Kappagoda S, Gill RR, et al. Non-tuberculous mycobacterial infection among lung transplant recipients: a 15-year cohort study. Transpl Infect Dis 2012; 14: 452-60.
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– Chernenko SM, Humar A, Hutcheon M, et al. Mycobacterium abscessus infections in lung transplant recipients: the international experience. J Heart Lung Transplant 2006; 25: 1447-55.
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Dr Alessandro BertaniAssistant Professor of Surgery, University of Pittsburgh,
Chief, Division of Thoracic Surgery and Lung Transplantation IsMeTT – UPMC Italy, Palermo
Seconda risposta
Le infezioni gravi in generale sono una controindicazione per tutti i trapianti, perché, con l’immunosoppressione indotta a seguito del trapianto, diventerebbero incontrollabili. Nel caso del trapianto di polmone anche se si tolgono i polmoni infetti i germi rimangono nel “serbatoio” rappresentato soprattutto dalle vie aeree superiori, per cui, se un paziente ha dei germi particolarmente aggressivi (come il Mycobacterium Abscessus) o multiresistenti agli antibiotici, inevitabilmente ci sarebbe nel giro di poco tempo dal trapianto una infezione dei nuovi organi, favorita e accelerata dall’immunosoppressione che toglie le difese immunitarie. Inoltre, le soluzioni di continuo date dalle ferite chirurgiche e dai vari cateteri vascolari fanno ricircolare nel sangue i germi ancora più velocemente con il risultato di una prognosi infausta. Queste considerazioni sono tanto più cruciali se si pensa alla carenza di donatori, con particolare riferimento poi ai polmoni. Se un paziente riesce a sterilizzarsi da questa infezione e rimanere libero per un anno può essere preso in considerazione per il trapianto, ma questo non è possibile con l’infezione attiva.
Dr.ssa Monica LoyCentro Trapianti Polmonari, Div. Chirurgia Toracica,
Policlinico Università, Padova