Buongiorno, so che sono già state formulate domande simili ma con il tempo considerazioni già fatte ed escluse tornano a emergere dando un po’ di speranza (e al contempo rabbia per il tempo perso) nel potenziale utilizzo di farmaci confinati a una classe o combinazione di mutazioni. In relazione anche a questa domanda/risposta “Il successo dell’uso di Kalydeco raccontato da una persona con FC e una mutazione con funzione residua (2789+5G>A)”, è auspicabile pensare in futuro di estendere Kaftrio a una combinazione di mutazioni composta da una gating + una con funzionalità residua? Inoltre mi chiedo come mai è così impossibile in Italia uscire anche di poco da un protocollo rigido a beneficio del singolo paziente ma anche di arricchimento scientifico se un paziente, su base volontaria e ovviamente con presupposti scientifici fondati, vagliati dal proprio centro o da un comitato etico, possa condurre, seguito rigorosamente sempre dal proprio centro, una sperimentazione personale o case study su farmaci o molecole off label, che potrebbero innanzitutto far bene al paziente ma anche approfondire le sperimentazioni ufficiali condotte altrimenti non conducibili su combinazioni di mutazioni isolate? Capisco che c’è un problema certamente economico (es. Kaftrio costa molto di più del Kalydeco) ma così si sminuisce anche “l’arte medica” che un team di medici FC può condurre con più flessibilità, personalizzando sempre più le cure dei propri pazienti, come anche un semplice lieve aumento del dosaggio di ivacaftor (che non è escluso in alcuni pazienti fino a un certo punto non possa negli effetti essere dose-dipendente). Sarebbe meraviglioso consentire a un team di medici, che conosce a fondo i propri pazienti, poter proporre e personalizzare sempre più le cure disponibili e non limitarli ad agire secondo protocolli estremamente rigidi. Grazie per le vostre risposte e il vostro supporto sempre.
Le considerazioni poste da questa domanda sono in parte condivisibili. Ci sentiamo di commentarle in linea generale con alcune altre considerazioni. Sarebbe auspicabile arrivare a un punto in cui i protocolli di trattamento possano essere gestiti dai Centri con maggiore flessibilità su base individuale ragionata. Tuttavia:
– innanzitutto, di questi nuovi farmaci non conosciamo ancora tutto e sono aperte ancora questioni di sicurezza nel lungo termine, ma anche di efficacia, per ragioni ancora non spiegate, in alcuni malati che teoricamente ne hanno indicazione;
– proprio per la sicurezza dei malati si procede nel tempo per gradi, non tanto con sperimentazioni individuali, sempre rischiose ed esposte a contestazioni legali, quanto con trial clinici seri; basta pensare alla somministrazione di questi farmaci a soggetti in età pediatrica che, passo passo, vengono sperimentati fino a ottenere evidenza di sicurezza e di efficacia anche in età inferiori a 12 anni;
– i protocolli di cura sono basati su ricerche cliniche validate e consolidate ma anche sul consenso raggiunto dalla comunità scientifica, il che mette in linea di massima il malato garantito nell’affidarsi alle nuove terapie; il rischio dell’uso selvaggio dei farmaci è sempre alle porte.
Non è corretta l’ipotesi indicata inizialmente nella domanda “estendere Kaftrio a una combinazione di mutazioni composta da una gating + una con funzionalità residua”. Questa combinazione infatti è sensibile al trattamento con Kalydeco (ivacaftor), perché sia la mutazione gating sia quella con funzione residua beneficiano del solo ivacaftor. Mentre Kaftrio è un insieme di tre farmaci, incluso ivacaftor, che sarebbe quindi il solo che avrebbe effetto sulla coppia di mutazioni indicate. Kaftrio è concepito solo per genotipi in cui vi sia almeno una copia di F508del, che è quella su cui agiscono i due correttori presenti in Kaftrio, tezacaftor ed elexacaftor. Impiegare farmaci che non hanno dimostrata azione sul difetto che si vuole correggere non è giustificato nella medicina corrente.