Salve, a distanza ormai di anni, le 23 mutazioni a funzionalità residua che permettono l’utilizzo dei nuovi correttori e potenziatori sono purtroppo obiettivamente rimaste orfane. I farmaci della Vertex funzionano per i cittadini americani ma non per quelli europei e italiani. Quanto deve durare ancora questa beffa illogica?
Intanto ricordiamo cosa sono le mutazioni CFTR a funzione residua. Ad oggi conosciamo due categorie (o classi) di mutazioni che consentono la produzione di proteina CFTR che conserva una certa funzionalità (funzione residua). Sono soprattutto le mutazioni di classe V: quelle mutazioni fanno produrre due quote di CFTR, una quota normale e una quota mutata; la quota normale, in dipendenza anche dalla quantità che ne viene sintetizzata, è quella che consente alla proteina-canale CFTR, localizzata sulla membrana apicale delle cellule epiteliali, di funzionare almeno parzialmente, con conseguenze di malattia a decorso meno grave (ad esempio, quasi sempre rimane una buona funzionalità pancreatica). Ci sono poi alcune mutazioni, meno frequenti, che appartengono alla classe IV: queste consentono la produzione di una proteina CFTR mutata ma che matura normalmente e raggiunge il suo luogo d’azione, la membrana cellulare. Il suo difetto consiste nella scarsa permeabilità della membrana al flusso di cloro: in sostanza, la proteina c’è ma non trasporta abbastanza cloro. Anche in questo caso la malattia si presenta con manifestazioni più miti.
Entrambe queste classi di mutazioni possono ricevere beneficio dal potenziatore Ivacaftor (Kalydeco), che riesce a mantenere aperto più a lungo il canale CFTR, compensando così lo scarso flusso di cloro. È interessante che questo effetto si possa ottenere sulla quota CFTR normale delle mutazioni di classe V.
Il diverso atteggiamento di fronte alle mutazioni con funzione residua dell’agenzia regolatoria americana (FDA) rispetto a quella europea (EMA), per quanto ne sappiamo, è che quella americana ha concesso l’approvazione anche in assenza si studi clinici controllati, basandosi prevalentemente su studi in vitro, mentre l’EMA, almeno fino ad oggi, esige che sia dimostrata efficacia e sicurezza attraverso adeguati studi clinici. Qualche iniziativa in questa direzione sta forse muovendo i primi passi in Italia, dove le mutazioni con funzione residua hanno una non trascurabile frequenza.