Buonasera. Sono la mamma di una bimba di quasi un anno e mezzo con mutazioni N1303K e G178R. Sappiamo che la bambina potrà assumere a breve il Kalydeco. Vi chiedo, anche in base alla risposta data a una domanda simile, se, essendo il farmaco in commercio da un po’ di anni, ci siano dati che testimonino il fatto che il farmaco blocchi o rallenti la malattia? Nello specifico, in un bambino che lo assumerà dai due anni, il risultato sarà bloccarla o rallentarla? Inoltre vorrei sapere se una forma aggressiva lo è sin da subito o lo potrebbe diventare. Grazie.
Rispetto alla seconda domanda, diciamo che ancora oggi, nonostante tante ricerche, tanti studi, tanti progressi, il decorso della fibrosi cistica a livello individuale ha ampi margini di imprevedibilità. Per quanto riguarda le forme aggressive, che presentano complicanze severe alla nascita (es: ileo da meconio) o nei primi anni di vita, nel tempo possono virare verso sintomi più lievi e buon compenso generale; per quanto riguarda le forme benigne, in genere rimangono tali, in particolare quando nel genotipo sia presente, come in questo caso, una mutazione CFTR, la G178R, che è compresa fra quelle con “funzione residua”, trattabili appunto con il potenziatore ivacaftor (Kalydeco). Però anche qui non si va al di là di una previsione di probabilità, in cui le eccezioni sono pure possibili.
Rispetto alla domanda iniziale, è appena stato pubblicato il primo studio sugli effetti di Kalydeco assunto per lungo periodo (5 anni) e l’abbiamo commentato (1). Dallo studio emerge che non sono stati registrati effetti collaterali sfavorevoli dovuti al lungo trattamento: questo dato è estremamente importante, spesso si dimentica che un farmaco che va assunto per tutta la vita deve essere assolutamente un farmaco di provata sicurezza. Per quanto riguarda l’efficacia: il numero di esacerbazioni polmonari e di ospedalizzazioni nei soggetti trattati si è dimezzato rispetto ai non trattati. Naturalmente, i risultati sono riferiti come valori medi e invece sarebbe interessante scomporre la media e conoscere i risultati rispetto alle varie fasce d’età prese in considerazione. In questo caso però il numero dei bambini e l’arco di tempo in cui sono stati osservati sarebbe di molto inferiore ad altri gruppi della casistica, perché ivacaftor è stato approvato per i bambini a partire dai due anni solo dal 2016 negli USA e dal 2017 in Europa (2). Quindi, in sintesi, oggi non siamo in grado di dire quali siano gli effetti di Kalydeco somministrato fin dall’infanzia, non ci sono dati scientifici per dirlo.
Però la domanda è importante e non vogliamo eluderla, perciò rispondiamo fornendo ragionevoli ipotesi, già esposte in precedente risposta (3). Che cosa vuol dire bloccare la malattia? Vuol dire somministrare un farmaco che recuperi il funzionamento della proteina CFTR difettosa, prima che questo abbia provocato danni importanti negli organi interessati: polmoni e pancreas principalmente. Probabilmente si arriverà un giorno a ottenere questa condizione purché la terapia con Kalydeco (o altro modulatore di CFTR) sia iniziata fin dai primissimi mesi di vita (subito dopo che la malattia è stata diagnosticata attraverso screening neonatale). Vi sono alcune iniziali osservazioni che supportano questa ipotesi. Ecco che, anche nei bambini con mutazioni che alterano fortemente la proteina CFTR, per effetto del farmaco il pancreas potrebbe continuare a produrre enzimi e insulina; e le secrezioni bronchiali avrebbero caratteristiche che si avvicinano a quelle normali e quindi non predisporrebbero all’impianto di particolari germi patogeni. S’impedirebbero quindi le ripetute infezioni respiratorie che danneggiano, come oggi si sa, anche precocemente bronchi e tessuto polmonare. La stessa integrità potrebbe essere mantenuta a carico dell’apparato gastrointestinale, del fegato in particolare. Non sappiamo se riguarderebbe anche l’apparato riproduttivo maschile, perché sembra che qui le alterazioni inizino già durante la vita intrauterina. In altri termini la malattia potrebbe essere bloccata prima di comparire. Certo, occorrerebbero sempre controlli e attenzione a un’eventuale comparsa di sintomi, perché anche con il farmaco il funzionamento della proteina non è mai recuperato al 100%, ma quanto più precoce è l’inizio della terapia, tanto maggiore sarà la possibilità di contenere (termine più corretto che “bloccare”) l’evoluzione negativa della fibrosi cistica.
Che cosa vuol dire invece “rallentare” la malattia? Se il farmaco è somministrato quando sono già presenti le conseguenze del malfunzionamento di CFTR mutata, quindi danno pancreatico con insufficiente secrezione di enzimi ed eventualmente anche d’insulina e bronchiectasie diffuse a livello polmonare, è improbabile che abbia l’effetto di far tornare i tessuti di questi organi integri e ben funzionanti. Però, indipendentemente dall’età del malato, il farmaco potrà migliorare le caratteristiche delle secrezioni, che da un certo punto in poi non aggiungeranno danno al danno. Si potrà realizzare un miglioramento generale del quadro nutrizionale e metabolico (il recupero del peso per effetto dei nuovi farmaci è un effetto importante presente a qualunque stadio della malattia), inoltre diminuirà la frequenza delle infezioni respiratorie. Tutto questo porterà a rallentare l’evoluzione della malattia, probabilmente anche in casi di danno polmonare avanzato. Vogliamo qui ricordare che questa Fondazione si è impegnata nell’organizzare un trial clinico con Trikafta in malati FC con broncopneumopatia severa. Nei prossimi anni ne sapremo certamente di più, verranno le prove di quanto e come i nuovi farmaci cambieranno la vita dei malati.
1) Efficacia di ivacaftor su grandissimo numero di soggetti con FC, nella vita reale e su lungo periodo, 17/06/2020
2) Il Kalydeco a partire da uno o due anni di età, 13/05/2019
3) Kaftrio/Kalydeco (Trikafta): bloccare la malattia o rallentarne il decorso?, 01/07/2020