Riporto dal libro “AL DI LÀ DELLO SVILUPPO” Pubblicato dalla EMI.
“Nel 1971 la General Electric e Anand Mohan Chakravarty, un suo dipendente, hanno richiesto un brevetto Usa per un batterio Pseudomonas geneticamente modificato. La Corte Suprema americana ha concesso questo primo brevetto che ha aperto la strada nella direzione di una brevettabilità di tutta la catena del vivente. dal sito http://www.iltiglio.altervista.org/ogm2001.htm. In quegli stessi anni, per la prima volta nella storia, l’uomo ha rivendicato il “diritto di proprietà intellettuale” su un essere vivente – geneticamente modificato – per avere contribuito a “produrlo”. Ha così avuto origine il primo “brevetto biotecnologico”, attribuito nel 1980 ad un batterio (Pseudomonas) manipolato in modo da acquisire la capacità di degradare le macchie di petrolio scaricato in mare. Da quel momento in poi, le multinazionali di tutto il mondo ed i più importanti laboratori di ricerca si sono buttati a capofitto nello studio del trasferimento di geni (transgenetica), andando a caccia di geni, procedimenti, ed organismi viventi brevettabili che garantissero loro guadagni da capogiro. Più precise le informazioni di questo sito di cui riporto l’articolo intero: http://www.rfb.it/csa/links/archivio/batteri-ogm.htm I batteri geneticamente modificati (OGM) invadono il Nord America. aprile 2003 “Mentre l’attenzione del mondo si concentra sui cibi OGM, microbi GM sono stati immessi nell’ambiente negli ultimi 6 anni senza adeguato avvertimento e senza dibattere pubblicamente la questione”. “Il risultato è che noi ci siamo dotati di armi batteriologiche confezionate come una bomba ad orologeria”. Il Sinorhizobium meliloti è un batterio che viene aggiunto al suolo o inoculato nei semi per aumentare la formazione del nodulo e la fissazione dell’azoto nelle radici dei legumi. Il suo impiego a scopi commerciali ha avuto inizio nel 1997. Gli altri microbi GM commerciali sono identificati come bio-pesticidi e comprendono il Agrobacterium radiobacter k1026 GM, usato per prevenire la scorticatura nelle piante da frutto e negli ortaggi , e lo Pseudomonas fluorescens modificato con un certo numero di geni delta-endotossina Cry provenienti da sottospecie di Bacillus thruingiensis (Bt). Le colture di P. fluorescens vengono uccise con la pastorizzazione e forniscono un biopesticida persistente che degrada molto più lentamente del Bt sotto i raggi solari. Nè chi li vende né chi li usa sono consapevoli che si tratta di organismi GM. Lo Sinorhizobium meliloti è enormemente importante per la fissazione dell’azoto presente nell’aria a livello delle radici e del suolo. Flavonoidi essudanti dalle radici dei legumi attivano all’interno del batterio l’espressione di geni che producono fattori regolanti la formazione dei noduli fissanti l’azoto a livello delle radici. Il genoma dello S. meliloti è stato completamente decifrato. Il ceppo GM disponibile commercialmente (RMBPC-2) contiene germi con due geni in più, geni che aumentano l’apporto di acido organico dalla pianta al batterio. Esso contiene anche i geni della resistenza agli antibiotici (streptomicina e spectomicina). Prove del pericolo nell’impiego di queste forme batteriche si sono accumulate nel tempo ma non ne hanno rallentato l’uso. Per esempio, si sa che lo S. meliloti GM rimane nel suolo per sei anni, perfino in assenza del loro ospite: i legumi. In questo lasso di tempo è stata osservata una trasmissione trasversale di geni ad altri batteri presenti nel suolo. Altri studi hanno dimostrato che i batteri venivano ingeriti da un microartropoide del suolo, nel cui intestino un Escherichia coli GM favoriva la trasmissione del materiale genetico ad altri batteri. Non ci sono praticamente quasi più dubbi che i geni per la resistenza agli antibiotici saranno trasferiti ai batteri del suolo e ai batteri patogeni per gli animali. Gli antibiotici, streptomicina e spectomicina, sono ancora largamente usati: il primo nel trattamento della tubercolosi (e come pesticida per frutti e ortaggi), il secondo della gonorrea e della polmonite bovina. Così, il rilascio commerciale di Sinorhizobium meliloti GM ha determinato lo stabilirsi del germe nel suolo in milioni di acri di piantagioni, dove può diffondere i geni della resistenza agli antibiotici, usati in campo medico e agricolo. L’Agrobacterium radiobacter k1026 è un bio-pesticida derivato dall’A. radiobacter k84, un batterio naturale usato per controllare la decorticazione delle piante da frutto e ornamentali. Tale malattia delle piante è dovuta all’Agrobacterium tumefaciens che causa tumori sul tronco delle piante. L’Agrobacterium radiobacter GM rilascia un agente chimico killer (bacteriocin o agrocin) contro l’A. tumefaciens. L’A. radiobacter GM ha inoltre un altra particolarità: una delezione genetica prodotta ingegneristicamente lo rende incapace di trasferire il suo materiale genetico, in modo che i batteri “maschi” non possono trasferire materiale ma possono agire come “femmine” e quindi riceverlo. Recenti ricerche hanno dimostrato invece un retro-trasferimento di materiale dal batterio “femmina” ricevente al batterio “maschio” donatore. I ceppi di Pseudomonas flourescens GM (con aggiunta di geni del Bacillus thuringiensis) vengono uccisi prima di essere commercializzati. Tali batteri GM uccisi risultano essere più persistenti rispetto agli spray convenzionali di B. thuringiensis. Il principale errore nell’approvare l’impiego di questi biopesticidi è quello di ritenere che i batteri “non facciano sesso” (coniugazione con altri batteri e trasferimento di materiale genetico) dopo che sono stati uccisi. Questo è falso. I batteri del suolo possono anche facilmente trasformarsi in spremute di cellule morte (lisati cellulari). Lo P. fluorescens e l’A. tumefacians vengono entrambi trasformati nel suolo e possono inoltre acquisire geni dalle stesse piante GM. Così, questo miscuglio di piante GM e di biopesticidi GM può creare combinazioni capaci di devastare la microflora e la microfauna del terreno. In conclusione, i batteri GM hanno finito con il divenire invasori ubiquitari dell’ecositema in Nord America. Questa massiva invasione è avvenuta con scarsa consapevolezza pubblica e con scarso monitoraggio dell’impatto ambientale. Il risultato è che noi ci siamo dotati di armi batteriologiche confezionate come una bomba ad orologeria”.
Nello stesso articolo altri due concetti fondamentali: “i microbi fanno sesso anche dopo morti” e la “spremuta di batteri”. del Prof. Joe Cummins (Institute of Science in Society). Commento personale e domanda. L’ipotesi che alcune mutazioni dello Pseudomonas non siano originate da resistenza ma dall’intervento diretto dell’uomo sui geni e la loro conseguente comparsa in alcune patologie non è remota, è una quasi una certezza, verrebbe voglia d’usare i loro sistemi, fare una verifica incrociata e nel caso sia positiva, chiedere danni miliardari. Ma lasciando da parte l’emotività, chiedo se dalle vostre esperienze quotidiane ci sono riscontri che confermano la colonizzazione di pazienti FC con questi batteri OGM, basterebbe che soggetti immunodepressi giocassero e corressero in un campo per incorrere in questo rischio. Da più di 20 anni lo Pseudomonas fa parlare della sua ubiquità, che forse a posteriori e di fronte a queste notizie, tanto naturale non è, visto che prima della cottura entra in casa, passando anche tra mani che devono curare.
Il tema delle biotecnologiche è di per sé ampio e complesso, e non ammette facili semplificazioni. Le diverse pubblicazioni disponibili in letteratura hanno trattato l’argomento con un alto rigore scientifico, fornendo tutti gli elementi utili a una valutazione obiettiva. Purtroppo, la grande maggioranza dei cittadini assiste con difficoltà a dibattiti e polemiche sul tema delle biotecnologie, poiché ancora oggi il modo con il quale si affronta questo tema non contribuisce affatto ad aumentare il livello di informazione e di consapevolezza nell’opinione pubblica, anzi, al contrario, alimenta incertezza e confusione.
Le biotecnologie sono tecnologie che utilizzano processi biologici, esistono quindi da quando esiste la civiltà umana, da quando l’uomo ha cominciato ad usare in modo razionale ciò che aveva intorno a sé: è biotecnologia la produzione del vino, della birra, del pane, dello yogurt, perché per fare queste cose si utilizzano microorganismi. Oggi, però, le biotecnologie, intese nel significato più ampio del termine, possono definirsi come “ogni tipo di tecnologia che, utilizzando organismi viventi (batteri, lieviti, cellule vegetali, cellule animali di organismi semplici o complessi) o loro componenti sub-cellulari (enzimi), produce prodotti utili in quantità commerciali, oppure manipola, al fine di migliorarne le caratteristiche, piante e animali o, ancora, sviluppa microrganismi utili per usi specifici. Lo sviluppo delle applicazioni biotecnologiche è stato da sempre accompagnato da un’attenta valutazione dei possibili rischi ad esse connessi.
In merito alla domanda sollevata alla fine del testo, non ci sono affatto riscontri che confermano la colonizzazione di pazienti affetti da fibrosi cistica con batteri geneticamente modificati. L’impiego di batteri ingegnerizzati nel suolo è stato da sempre attentamente valutato, poiché essi hanno la potenzialità, tramite lo scambio di materiale genetico, di influenzare gli equilibri ecologici esistenti in natura. Una particolare preoccupazione sorta tra l’opinione pubblica riguarda il rischio per la salute umana, rappresentato dal fatto che un microorganismo geneticamente modificato (MOGM), una volta introdotto nel suolo, possa trasferire il gene per la resistenza agli antibiotici, che nel batterio geneticamente modificato ha la funzione di marker per identificare i geni introdotti e renderli riconoscibili, ai batteri indigeni del suolo e questi, a loro volta, trasferirla a batteri patogeni per gli animali e all’uomo, vanificando così l’utilizzo dell’ antibiotico specifico e, con esso, di una delle più importanti armi di difesa contro le malattie infettive. Bisogna considerare che nei batteri la frequenza delle mutazioni, spesso dovuta a trasformazione con DNA esogeno, è di 1 su 108 unità formanti colonia, ma anche 1 su 106, e per alcuni batteri può essere anche maggiore. Per dare un’idea di cosa significa, immaginiamo di esporre al rischio di trasferimento genico 109 batteri, cioè un miliardo di batteri, appena sufficienti a riempire un cucchiaino: ebbene in questo cucchiaino avremo almeno 10 batteri in cui sono stati trasferiti dei transgeni. Ma in una zolla di terreno agricolo, come pure nell’apparato digerente di un mammifero, i batteri sono centinaia di miliardi… Il fatto che un gene presente in un MOGM possa essere trasferito ai batteri del nostro intestino, e da questi passare ai batteri patogeni, avrà la stessa rilevanza che può avere l’aggiunta di un bicchiere d’acqua sul livello del mare. Un gene di resistenza all’antibiotico che fosse trasferito dal MOGM ad un batterio intestinale si sommerebbe, semplicemente, agli altri 10 milioni di geni prodotti per mutazione naturale! Nel tratto intestinale il DNA è rapidamente degradato. Malgrado questo, le cellule dello stomaco e dell’intestino potrebbero assorbire frammenti di DNA di grandezza tale da contenere un gene, ma non è scientificamente verosimile che il DNA assorbito ed eventualmente integrato nei cromosomi di una cellula intestinale possa raggiungere altre cellule. La colonizzazione della microflora intestinale da parte di transgeni per resistenza ad antibiotici è un evento che anche in laboratorio si manifesta con una bassissima frequenza (rapporto della commissione congiunta dell’Accademia dei Lincei e delle Scienze). Alcuni ricercatori hanno valutato direttamente nell’uomo la possibilità che il consumo di alimenti di origine transgenica possa causare il trasferimento del gene marcatore ai batteri presenti nell’intestino, che, di conseguenza, potrebbero sviluppare una tolleranza all’antibiotico (Netherwood et al. 2004. Assessing the survival of transgenic plant DNA in the human gastrointestinal tract. Nature Biotechnology, 22:204-209). I dati ottenuti hanno evidenziato che la probabilità di sviluppare una flora batterica patogena resistente ad un antibiotico, in seguito al consumo di alimenti derivati da piante transgeniche, è bassissima. Questo è essenzialmente dovuto al fatto che il gene marcatore viene completamente degradato nell’apparato digerente.
Lo sviluppo in Europa delle biotecnologie ha spinto le istituzioni comunitarie a regolamentare l’utilizzazione dei microrganismi geneticamente modificati. Per quanto concerne l’Italia, tutta la normativa vigente e/o in fieri deriva da iniziative dell’Unione Europea oppure dall’adeguamento a disposizioni delle Convenzioni internazionali. Nel nostro Paese è assolutamente vietato introdurre nell’ambiente microrganismi geneticamente modificati (MOGM). In materia di sicurezza, le misure sono tutte di natura precauzionale, e fanno costante appello alla necessità di accurate valutazioni di rischio prima di intraprendere attività di Ricerca & Sviluppo, di produzione e/o commercializzazione di prodotti biotecnologici. Inoltre, tutti gli impieghi di organismi viventi ottenuti con tecniche di trasferimento di informazioni genetiche sono soggette a severe procedure di notifica ed autorizzazione, sotto il controllo di Autorità pubbliche. Il Decreto Legislativo 12 aprile 2001, n. 206, in materia di impiego di microrganismi geneticamente modificati (MOGM), ha reso attuativa la direttiva 98/81/CE. La normativa concernente l’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (ovvero ogni attività nella quale i microrganismi vengono modificati geneticamente o nella quale tali MOGM vengono messi in coltura, conservati, trasportati, distrutti, smaltiti o altrimenti utilizzati, e per la quale vengono usate misure specifiche di contenimento al fine di limitare il contatto degli stessi con la popolazione e con l’ambiente e per garantire a questi ultimi un livello elevato di sicurezza) stabilisce tutte le misure per l’impiego confinato dei microrganismi geneticamente modificati, volte a tutelare la salute dell’uomo e dell’ambiente e si applica a tutte le attività che implicano l’uso dei MOGM, incluse le semplici operazioni di stoccaggio di ceppi o linee cellulari. Il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, che è stato costituito l’11 aprile 2006 con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed è composto dai rappresentanti degli Enti e Istituzioni che a diverso titolo operano nel settore delle biotecnologie e che hanno maturato una consolidata esperienza, ha tra i suoi compiti anche lo studio, la valutazione e l’informazione sui rischi derivanti dall’impiego di agenti biologici, tra cui gli OGM, e cura, a tal fine, rapporti con l’Unione Europea e con altri Organismi nazionali e internazionali. Nel maggio 2009, al fine di tenere conto delle nuove modificazioni intervenute in materia, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato una nuova direttiva (Direttiva 2009/41/ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009 sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati, GU L 125/76 del 21 maggio 2009) che come le precedenti mira a stabilire misure comuni per l’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati per “limitare le loro possibili conseguenze negative sulla salute umana e sull’ambiente, con la dovuta attenzione alla prevenzione degli incidenti e al controllo dei rifiuti”. Tutte queste direttive contengono, quindi, rigorose norme di sicurezza per la salute umana e dell’ambiente, per evitare gli effetti nocivi che l’impiego confinato di MOGM potrebbe esercitare sulla salute dell’uomo e sull’ambiente.
Infine, un’ultima precisazione. L’ampia diffusione nell’ambiente di Pseudomonas è dovuta soltanto all’estrema versatilità metabolica e nutrizionale, e alle complesse caratteristiche fisiologiche e genetiche dei batteri appartenenti a questo genere, che ne permettono l’adattamento a diversi habitat e li rendono idonei a colonizzare diverse nicchie ecologiche.