Buongiorno, stavo valutando la possibilità di utilizzare le mascherine lavabili ad alta efficacia presenti in commercio. Il mio dubbio è ovviamente l’adeguatezza del metodo di pulizia e disinfezione. Per tali mascherine, non è raccomandata la bollitura, l’utilizzo di UV o altri metodi ma solo un lavaggio a mano con acqua calda e “washing soda”, che traduco ingenuamente come sapone al bicarbonato o semplicemente come soluzione di acqua e bicarbonato. Al di là della valutazione di efficacia a lungo termine e della convenienza delle ffp2 monouso (a oggi i costi sono diminuiti tantissimo, anche se quelle economiche sono di dubbia provenienza ed efficacia), mi chiedo se un lavaggio del genere sia equiparabile a una disinfezione o se nel processo di asciugatura naturale rimanga dell’umidità che possa provocare un accumulo di germi, batteri e muffe. L’utilizzo di bicarbonato è sufficiente a scongiurare questo pericolo? Volendo scegliere una mascherina di questo tipo anche per motivi estetici, quali altre accortezze si possono adottare o quali prodotti specifici più “aderenti” al “washing soda” possono essere individuati? Un’asciugatura profonda con blanda aria calda (per esempio con phon) è sufficiente a evitare la formazione di funghi o eliminarli nel caso ci siano?
Capisco che chiunque non si possa sostituire a quanto dichiara il produttore assumendosene le responsabilità dando consigli oltre quanto dichiarato ufficialmente. Ma come sempre la precauzione non è mai troppa, vorrei essere sicuro di adottare una procedura di disinfezione che non mi comporti dei rischi, in particolar modo a muffe. Grazie, cordiali saluti.
Il tema è sicuramente di interesse. Un aspetto importante nella scelta delle mascherine è l’efficacia filtrante e l’aderenza al volto. Se il problema, come nel caso della pandemia di Covid-19, è quello di evitare il rischio di infettarsi con il virus attraverso le goccioline di secrezioni emesse dalle persone con cui si viene in contatto, non vi è dubbio che la scelta migliore cade sul tipo FFP2 (facciale filtrante di tipo P2, cioè con efficienza di filtrazione dei microorganismi del 94% e perdita di tenuta non superiore al 10%).
Questo tipo di mascherine possono avere o meno il filtro inspiratorio, ma la presenza del filtro aggiunge problemi per il loro uso e per il loro riutilizzo. Le mascherine FFP2 sono i presidi utilizzati dagli operatori sanitari ma sono raccomandabili anche per le persone con fibrosi cistica, qualora dovessero frequentare ambienti chiusi o persone a rischio per periodi prolungati.
Per quanto riguarda le maschere di tipo riutilizzabile, hanno il limite che le modalità di lavaggio, di asciugatura e il numero di cicli lavaggio-asciugatura sono precisati solo dalla ditta produttrice. I documenti ufficiali, come quello del Ministero della Salute, sono purtroppo generici e precisano che il lavaggio deve avvenire per 30 minuti a 60°C con normali detergenti e che l’asciugatura deve essere meccanica (2). In mancanza di linee-guida e soprattutto di una verifica di quanto dichiarato dalle ditte produttrici, esisteranno sempre margini di dubbio sulle modalità più efficaci di lavaggio-asciugatura per le maschere riutilizzabili, anche se di queste vi è una ampia scelta per colori e materiali. Il nostro suggerimento è pertanto di utilizzare mascherine mono-uso con l’accortezza di eliminare le mascherine dopo non più di 4 ore di uso complessivo.
Ovviamente è da ricordare che risulta vincente non solo la scelta di un presidio, come le mascherine, ma l’insieme delle misure e dei presidi che si devono utilizzare per prevenire le infezioni, non ultimo il lavaggio frequente delle mani.