Sei in Home . Informati . Domande e Risposte . Malato o affetto, malato o portatore sano?

4 Marzo 2008

Malato o affetto, malato o portatore sano?

Autore: Sandra
Domanda

Il mio bimbo di 4 anni è stato sottoposto ai test genetici per FC dopo essere stato trovato positivo alla tripsina con lo screening neonatale FC. Al bimbo hanno trovato due mutazioni della FC (la R352Q e una “non nota in letteratura” la G213E, mai trovata in precedenza). Una delle due mutazioni è la mia, l’altra di mio marito. Il bimbo non ha mai manifestato i sintomi della malattia, per cui possiamo considerarlo affetto e non malato. Vorrei capire la differenza tra Malato e Affetto. Possiamo considerarlo un portatore sano? Potrà praticare calcio? Al momento è iscritto a nuoto. Grazie

Risposta

Fra malato e affetto non c’è differenza : ” essere affetto da …..” è un termine più tecnico e burocratico, usato dai medici e dal linguaggio medico, e presente in certi documenti sanitari (risposte di test e così via). Viene dal latino e vuol dire alla lettera “essere colpito”, quindi essere colpito o affetto da FC è la stessa cosa che essere malato di FC, vuol dire : avere la malattia FC. Il portatore sano è una condizione diversa, è un soggetto che non ha la malattia FC .

La malattia FC è dovuta alla presenza nel corredo genetico di due mutazioni del gene CFTR.

I sintomi che la malattia FC comporta possono essere anche molto lievi o lievissimi, soprattutto nei primi anni di vita, e soprattutto in alcune forme di malattia chiamate benigne o atipiche.

Il portatore sano invece ha nel suo corredo genetico una sola mutazione del gene CFTR e non ha abitualmente sintomi di malattia.

In questi ultimi anni si è visto però che la linea di confine fra la condizione di portatore e quella di malato non è così netta come si credeva in passato. In alcuni soggetti può essere molto difficile distinguere tra la condizione di portatore e la condizione di presenza di malattia in forma benigna o atipica. Bisogna rivolgersi a medici FC e centri specializzati FC, che possono mettere in atto una valutazione complessiva, ricorrendo ad esami anche sofisticati.

Nel caso di questo bambino l’indagine genetica ha indicato la presenza di R352Q, che è conosciuta come mutazione (una mutazione è una variante della sequenza normale del gene, capace di dare effetti di malattia quando è in doppia carica o è combinata con altra mutazione). Ha indicato anche presenza di G213E, che è una variante assolutamente non conosciuta e quindi non si sa se capace di dare effetti di malattia. Anche noi abbiamo cercato informazioni e non le abbiamo trovate: non è compresa fra le oltre 1500 mutazioni e il centinaio di varianti elencate nel Genetic Cystic Fibrosis Consortium Data Base, non è segnalata attraverso articoli scientifici, sembra non ci siano altri casi in cui sia stata identificata. E’ una mutazione, capace di dare adesso o in futuro segni dai malattia, o è una variante innocente? Se fosse una variante innocente, il bambino avrebbe nel suo corredo genetico una sola mutazione, la R352Q, e sarebbe un portatore sano, non un malato.

Ma non è il risultato del test genetico preso da solo che può risolvere la questione. Il test genetico infatti è di aiuto alla valutazione clinica (cioè al ragionamento che il medico fa analizzando la storia del bambino, la presenza di sintomi, il risultato delle indagini); ma non ha la capacità di dare definizioni e conclusioni indipendenti da questa.

Non sappiamo come siano andate le cose per questo bambino, quali comunicazioni siano state fatte in base al risultato del test genetico, quale sia la valutazione clinica. Quindi non possiamo entrare nello specifico del problema (quale diagnosi ? malato di una forma estremamente benigna o solo portatore? ). Però la domanda che è stata fatta (“affetto”: che cosa vuol dire? ) ci dice che la comunicazione dei risultati di un test genetico, come pure la comunicazione intorno a una diagnosi problematica, dove probabilmente la medicina non è in grado di dare le certezze che un genitore vorrebbe, sono processi delicati che richiedono esperienza, competenza e capacità di interazione con chi riceve la risposta. In generale, tutto il processo della comunicazione fra i medici e chi sta dall’altra parte è un banco di prova per la medicina moderna, perché il linguaggio usato deve essere uno strumento comprensibile (e quindi con scarso uso di parole in codice).

G. Borgo


Se hai trovato utile questa risposta, sostieni la divulgazione scientifica

Dona ora