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28 Maggio 2015

Lo screening del portatore sano FC può ridurre l’interesse dell’industria farmaceutica a scoprire e produrre farmaci per la fibrosi cistica?

Autore: Monica
Domanda

Buongiorno, in riferimento al progetto “Fare lo screening del portatore di FC” volevo esprimere le mie perplessità. Mi domando quale casa farmaceutica investirebbe soldi per farmaci per la FC, sapendo che il numero dei pazienti negli anni andrebbe progressivamente diminuendo. Mi sembra un vero autogol per la ricerca.
Grazie.

Risposta

Ma il vero autogol per la ricerca FC e per la ricerca scientifica in generale non sarebbe piuttosto porre limiti alla ricerca stessa o finalizzarla solo a certi obiettivi? Questo ci sembra un problema etico importante. La ricerca deve potersi muovere a tutto campo, non essendo di per sé né buona né cattiva: è l’uso che poi ne facciamo che la rende buona o cattiva. Altro problema etico importante: in base a quale principio sarebbe giustificabile il fatto di non informare gli interessati dell’esistenza di un test per sapere se sono portatori? L’informazione ha per obiettivo quello di mettere le persone nella condizione di scegliere che cosa fare di fronte al rischio di avere un figlio affetto da FC. In altri termini, lo scopo dello screening del portatore FC non è “un mondo senza FC”, ma un mondo in cui sia possibile che lo stato di salute di un eventuale figlio sia meno soggetto alle leggi del caso. Se l’informazione è data correttamente, perché qualsiasi scelta non dovrebbe essere rispettata, anche da parte di chi ha interesse ai progressi della ricerca di nuove terapie per la malattia?

Allo stato attuale delle cose la fibrosi cistica è una malattia genetica priva di cure risolutive: fino a che la ricerca non cambi radicalmente le prospettive di quantità e qualità di vita dei malati FC, la sanità ha tra i suoi compiti quello di offrire strumenti di prevenzione. Alcune valutazioni sulla realizzabilità dello screening del portatore nelle nazioni in cui il sistema sanitario è pubblico sono di ordine strettamente economico: viene fatto un bilancio fra il costo dell’allestimento dello screening e il costo dell’assistenza ai malati. La maggior parte degli studi dimostra che inizialmente lo screening non sarebbe vantaggioso ma con il tempo vi sarebbe un risparmio di risorse, dovuto alla diminuzione del numero di nuovi nati malati.

Questo ci riconduce nuovamente al timore espresso nella domanda. Volendo rispondere con argomenti questa volta non di natura etica ma di economia sanitaria, si potrebbe obiettare che quanto “risparmiato” potrebbe essere investito in ricerca. E questo potrebbe sembrare solo una speranza senza fondamento se non ci fossero le evidenze di quanto è accaduto nella storia della microcitemia, malattia genetica grave che si trasmette con lo stesso meccanismo della fibrosi cistica, cioè quello per cui una coppia di portatori sani ha ad ogni gravidanza il 25% di probabilità di avere un figlio malato. Per l’identificazione dei portatori sani di microcitemia è disponibile un test che ha caratteristiche migliori di quello FC: è semplice da eseguire, economico, accurato. E’ stato diffuso attraverso campagne promosse fra il 1970 e il 1990, soprattutto in Sardegna, regione in cui la malattia ha una particolare prevalenza. Anche per la microcitemia la scoperta del gene ha reso possibile per le coppie di portatori la diagnosi prenatale precoce. Il risultato è stato il crollo delle nascite di bambini affetti da microcitemia (115 nel 1975, 10 nel 2010) (1). Nello stesso arco di tempo la ricerca di nuove terapie non si è mai arrestata, al punto che oggi si può dire che la prognosi della malattia è nettamente migliorata rispetto agli anni 80. In particolare sono migliorati i farmaci “tradizionali” che debbono contrastare l’accumulo di ferro dovuto alle ripetute trasfusioni; e anche la ricerca di una terapia “risolutiva” come la terapia genica è molto progredita: presso l’Ospedale Microcitemico di Cagliari saranno avviati nuovi laboratori per questo (www.sardegnamedicina.it/content/dagli-albori-della-scienza-alla-terapia-genica-viaggio-con-moi-nel-pianeta-talassemia, 20/02/2014)

Se l’esempio della microcitemia non fosse abbastanza significativo, concludiamo riportando i segnali del cambiamento da parte delle stesse grandi industrie farmaceutiche. La competizione rende difficile il mercato nell’ambito di farmaci di uso comune; ecco allora che il mercato delle malattie cosiddette rare è interessante, poiché può offrire possibilità di non avere concorrenti e il monopolio bilancia la minor numerosità degli utenti. Ne è la prova il fatto che Glaxo ha firmato con Telethon un accordo per programmi di ricerca e investimenti consistenti nell’ambito di sette malattie genetiche molto più rare della fibrosi cistica. (www.repubblica.it/salute/ricerca/2010/10/18/news/terapia_genica_per_7_malattie_rare_accordo_telethon-gsk_per_la_ricerca-8199124/)

1) Cao A, Kan YW. “The prevention of thalassemia”. Cold Spring Harb Perspect Med. 2013 Feb 1;3(2):a011775. doi: 10.1101/cshperspect.a011775. Review.

G. Borgo


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