Ho 27 anni e da quando avevo 16 anni mi curo per la fibrosi cistica. Ho sempre lavorato in fabbrica e purtroppo sono sempre stata richiamata per le continue assenze per malattia che facevo. Vorrei sapere se ho diritto ad avere un lavoro adeguato a me. Grazie.
Lavorare e contemporaneamente curarsi non è facile: soprattutto nelle situazioni in cui – per poter rispettare gli impegni lavorativi – bisogna necessariamente dare la priorità agli impegni terapeutici ed alle cure in genere.
D’altra parte, trovare un lavoro “adeguato” al soggetto, che consenta di poter “tranquillamente” conciliare gli impegni terapeutici con gli aspetti lavorativi è altrettanto difficile, pur se di vitale importanza: la possibilità di poter integrare tra loro tali aspetti, infatti, consente di “migliorare” la qualità di vita ed il lavoro diventa così non più “fonte di ulteriore stress”, ma fondamentale elemento di stimolo vitale e di motivazione alle cure stesse. Difficile quindi, ma in realtà non impossibile.
Le odierne leggi italiane (purtroppo non sempre ben conosciute e/o correttamente applicate) riservano, infatti, diversi benefici ai soggetti affetti da patologie invalidanti “costretti” a dover conciliare cure e lavoro, sia che essi siano già impegnati in attività lavorative, sia che ne siano alla ricerca. Naturalmente (come più volte ribadito in questa sede), nell’uno e nell’altro caso – per beneficiare delle opportunità previste – è fondamentale, in primo luogo, che vengano preventivamente richieste, accertate e riconosciute le condizioni di “invalido civile”, di “portatore di handicap grave”, di “persona disabile” alle competenti Commissioni delle ASL di residenza. A seconda dei casi ne occorre una specifica, a volte occorrono tutte.
Nel caso in cui si è già impegnati in attività lavorative, ad esempio, è possibile ottenere agevolazioni estremamente favorevoli, purché venga preventivamente riconosciuto (in questo caso infatti non basta il solo riconoscimento di invalido civile) lo stato di “portatore di handicap” (l. 104/92). Tale riconoscimento prevede agevolazioni differenti a seconda se si è riconosciuti “semplicemente” portatori di handicap (art. 3 comma 1 – L. 104/92) o portatori di handicap grave (art. 3 comma 3 – L. 104/92):
§ chi ha ottenuto il comma 1 ha diritto a scegliere (dove ciò sia possibile per disponibilità di posti) la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a rifiutare il trasferimento in altra sede;
§ chi ha ottenuto il comma 3 può usufruire, in aggiunta, di 1 o 2 ore di permesso orario giornaliero (in relazione all’orario di lavoro effettivo) o – in alternativa – di 3 giorni di permesso mensile, entrambe le possibilità coperte da contribuzione figurativa.
Sempre per chi già lavora, è prevista la possibilità di ottenere ogni anno un “congedo straordinario per cure” non superiore a trenta giorni (su loro richiesta e dietro autorizzazione del medico provinciale), previsto dall’art. 26 della legge 118/1971, successivamente in parte modificato dall’art. 10 del decreto legislativo 509/1988. Le suddette disposizioni riconoscono ai lavoratori riconosciuti invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, il diritto di usufruire ogni anno di un congedo straordinario non superiore a trenta giorni per cure connesse alla loro infermità, sempre che siano effettuate le necessarie certificazioni da parte delle competenti strutture sanitarie pubbliche e che tali cure siano diverse da quelle previste dalla legge n. 638/1983 (che riguarda invece le cure idrotermali, elioterapiche, climatiche e psammoterapiche). E’ bene tuttavia sottolineare come – per svariate ragioni – il concreto utilizzo del suddetto congedo è tuttora molto difficoltoso. Nel caso se ne voglia usufruire, quindi, sarà bene richiedere consulenza ed eventuale assistenza ad un ente di patronato.
Ed ancora, in alcuni CCNL nel settore del pubblico impiego, è previsto che – a fronte di patologie gravi che richiedano terapie salvavita – i giorni di ricovero ospedaliero o in day hospital e i giorni di assenza dovuti alle cure vengano esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia e vengano retribuiti interamente. Detta previsione, che produce indirettamente l’effetto di prolungare il periodo di ‘bonus’ evitando in taluni casi il licenziamento per eccessiva morbilità, al contempo garantisce al lavoratore il sostegno economico che, altrimenti, dopo un certo periodo di tempo di assenza per malattia, verrebbe corrisposto in misura ridotta.
Per chi invece è ancora alla ricerca di un lavoro e/o ne cerca uno che possa consentirgli di conciliare gli impegni terapeutici (prioritari ed indispensabili) con gli aspetti lavorativi viene in aiuto la legge n. 68 del 1999: “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.
Tale legge – che ha sostituito la vecchia normativa sul collocamento obbligatorio n. 482 del1968 – ha lo scopo di promuovere l’inserimento e l’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato.
La novità risiede appunto nell’introduzione del principio del “collocamento mirato”. La predisposizione cioè di “una serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione” (art. 2 – l. 68/99).
In questo caso – oltre ad avere un’età compresa tra i 15 anni (purché sia assolto l’obbligo scolastico) e l’età pensionabile ed essere in stato di disoccupazione (eccezion fatta per la partecipazione a concorsi pubblici) – è innanzitutto necessario ottenere, oltre il riconoscimento di una invalidità civile superiore al 45% , quello di “Persona Disabile”.
Tale riconoscimento dà diritto all’iscrizione nell’elenco unico dei disabili gestito dai Centri per l’impiego (ex uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione) della provincia di residenza. Il Centro per l’impiego raccoglie informazioni sulle caratteristiche professionali e socio-sanitarie della persona disabile – che aspira ad un’occupazione adeguata alle proprie capacità lavorative, ma anche alle proprie esigenze di cura – e propone un’occupazione in una logica basata sul principio dell’ “uomo giusto al posto giusto”.
I datori di lavoro pubblici e privati, sono tenuti per legge ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette: le quote d’obbligo d’assunzione sono stabilite per legge e l’assunzione può avvenire per chiamata nominativa e/o per chiamata numerica in base al numero di dipendenti dell’azienda.
Il datore di lavoro, può scegliere il lavoratore invalido da assumere, in base al numero di dipendenti della sua azienda. Diventa quindi importante attivarsi personalmente e presentare il proprio curriculum direttamente alle aziende.
Per trovare un lavoro “adatto” è anche possibile rivolgersi ai Servizi sociali del territorio di residenza (L. 328/00 sull’assistenza) i quali possono attivare i Servizi di Integrazione Lavoro (SIL), al fine di far conoscere il lavoratore invalido direttamente all’azienda. Tali servizi tuttavia non sono ancora presenti in tutto il territorio nazionale.
Principali riferimenti normativi:
· Legge 30.03.1971, n. 118: “Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”
· Decreto Legislativo, 23 novembre 1988, n. 509: Norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonché dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della Legge 26.06.1988, n. 291 (G.U. 26 novembre1988, n. 278)
· Legge 05.02.1992, n. 104: “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”
· Legge 12.03.1999, n. 68: “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”
· Legge 08.11.2000, n. 328: “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali”