Buongiorno, vorrei porvi un quesito. Da quasi due anni lavoro come disegnatore tecnico presso uno studio di progettazione. Purtroppo la moda della sigaretta elettronica ha preso piede anche qui. Vorrei sapere: può in qualche modo creare problemi il “fumo/vapore” passivo di questa nuova invenzione? Ho visto che è stato tolto il divieto della “sigaretta” nei luoghi pubblici. Personalmente l’aroma che esce a me dà fastidio ma non so se può danneggiare. Penso che mi farò cambiare la postazione di lavoro. Grazie
Per chi non fosse addentro alla questione ricordiamo che la sigaretta elettronica (anche detta e-cigarette o e-cig) è un dispositivo elettronico nato con l’obiettivo di fornire un’alternativa al consumo di tabacchi lavorati (sigarette, sigari e pipe), che ricalchi le mimiche e le percezioni sensoriali di questi ultimi. Colui che fa uso della sigaretta elettronica è chiamato svapatore o vaper. Il funzionamento prevede l’inalazione di una soluzione a base di acqua, glicole propilenico, glicerolo, nicotina (in quantità variabile o assente) vaporizzata da un atomizzatore, un dispositivo (solitamente una resistenza) alimentato da una batteria ricaricabile.
Sebbene esistano pochi studi ufficiali in merito, alcuni medici illustri (tra cui l’oncologo Umberto Veronesi) si sono esposti valutando la sigaretta elettronica come sensibilmente meno dannosa delle sigarette tradizionali. Il razionale sarebbe che la maggior parte delle sostanze nocive e cancerogene aspirate fumando una sigaretta tradizionale derivano dalla combustione del tabacco, della carta e dei diversi additivi contenuti. La sigaretta elettronica non brucia ma vaporizza, eliminando (in teoria) gli effetti nocivi della combustione per chi fuma e per chi sta vicino a chi fuma. E per questo motivo tecnicamente potrebbe essere fumata ovunque. Probabilmente la nicotina vaporizzata fa meno male ai polmoni del fumatore rispetto ai prodotti catramosi derivati dal tabacco. Non è però che la nicotina faccia bene come una spremuta d’arancio: e infatti cardiologi illustri, attivi sempre presso l’IEO (Istituto Oncologico Europeo) del Prof. Veronesi, lo stanno segnalando. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel dicembre 2013, aveva dedicato al problema un voluminoso dossier (riportiamo il link per chi fosse interessato ad approfondire: http://escholarship.org/uc/item/13p2b72n). Tra l’altro il rapporto OMS segnala che le persone esposte alle emissioni passive di e-cig assorbirebbero nicotina con livelli simili a quelli dei fumatori passivi di sigaretta tradizionale. Ma naturalmente sono insorti scienziati contrari che sostengono che l’affermazione andrebbe riformulata dicendo: “L’esposizione di terzi a sostanze chimiche dell’e-vapore non è ai livelli che ci si potrebbe attendere come causa di problemi di salute”.
Fatto sta che in base ad una storia tutta italiana di decreti legge prima promulgati poi modificati, la sigaretta elettronica attualmente si può usare nei luoghi pubblici (il divieto permane solo nelle scuole). L’Istituto Superiore di Sanità (vedi il comunicato stampa n° 17/2014 “Con l’aiuto degli esperti la sigaretta elettronica può aiutare i fumatori più incalliti”, del novembre 2014) ha abbracciato la tesi che possa essere una risorsa per disabituare al fumo i fumatori più incalliti (alcune ricerche di mercato confermerebbero questa tesi).
Ma adesso le cose si complicano, perché le grandi multinazionali del tabacco, preoccupate del calo dei consumi, sono passate al contrattacco e hanno spinto per la produzione di un nuovo tipo di sigaretta elettronica, dove quella che viene inalata non è la nicotina ma il tabacco stesso, con un ragionamento abbastanza contestabile: dal momento che questo tabacco non viene “arrostito”, secondo i produttori questa sigaretta non fa male come le sigarette tradizionali, piacerà di più ai fumatori, riporterà alto il consumo di tabacco e …. con tutta probabilità potrà essere usata nei locali pubblici. La prima grande fabbrica di questa novità è stata aperta dalla Philip Morris un paio di mesi fa a Bologna. Da tutto questo risulta evidente che gli interessi commerciali in gioco nella questione sono enormi. E le certezze scientifiche di cui disponiamo ancora modeste in confronto a questo potere, di qui il timore che le decisioni siano orientate molto al commercio e poco alla salute.
La visione personale di chi scrive ne fa un problema, al di là di quello sanitario, di rispetto di codici civili di convivenza, espresso molto semplicemente attraverso il principio “La mia libertà finisce là dove comincia la tua”. La mia libertà di procurarmi un piacere (perché questo è in ultima e sintetica analisi, il fumo) finisce là dove comincia la tua libertà di non condividere (fino a detestare) questo mio piacere. Quindi, poiché dobbiamo e vogliamo convivere, non si capisce perché il fumatore, di qualsiasi tipo di sigaretta, non debba semplicemente uscire (stanza, ufficio, locale pubblico) e andare a prendersi il suo piacere all’aria aperta.