Sono un uomo di 44 anni diagnosticato FC atipica (DF508/TG12-T5 a 37 anni. Non ho mai dovuto fare nulla di particolare per stare discretamente. Gia’ in precedenza vi ho scritto per avere nozioni generiche sullo STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA. Ora però vorrei approfondire. Da quando nel 2010 mi e’ stato isolato lo Stenotrophomonas maltophilia, la mia situazione e’ decisamente cambiata. Da pochi e scarsi sintomi passo ad avere manifestazioni tipiche di FC (catarro purulento, tossetta, dolori torace e ostruzione). Fino ad ora il batterio non me lo hanno trattato per il fatto che ancora non si capisce il suo impatto sulla FC (tranne alla prima apparizione) e mi dicono che anche se mi dà fastidio, visto che non ho febbre e non peggiora la spirometria, il mio 1.000.000 di colonie me lo tengo. Poi pero’ a Luglio 2012 la tosse peggiora, il catarro pure e così mi fanno fare un ciclo di Augmentin (devo ancora capire perché, visto che il batterio e’ sensibile solo a Colistina e a Bactrim). Naturalmente l’antibiotico non sortisce alcun effetto e si decidono a darmi il Bactrim. Due capsule al giorno per 23 giorni. Questo funziona e io miglioro ma dopo 15 giorni dalla fine del trattamento sono di nuovo al punto di partenza, con il batterio che se la ride in faccia mia. Arrivo alle domande: 1) Il Bactrim immagino che da solo non ce la possa fare, essendo un batteriostatico, perché non ci associano qualche cos’ altro? 2) Ho visto che dall’antibiogramma gli antibiotici a cui risulta sensibile sono la colistina, il bactrim e la sinergia tra glazidim e levoxacin: non sarebbe il caso di usare almeno la colistina? 3) Ma quante volte potrò ancora ricorrere al Bactrim prima che risulti inefficace, e a quel punto cosa farò a parte pregare? 4) Non sarebbe il caso di prendere la cosa di petto, ricoverarmi e darmi una bella dose endovena per cercare di toglierlo dai miei polmoni. 5) Ci sono novita’ su questa bestiaccia? 6) Insomma vorrei sapere da chi mi risponde: “al posto mio cosa faresti?”
La domanda ripropone la ben nota problematica dell’infezione da Stenotrophomonas maltophilia (Sm) in fibrosi cistica, in un contesto in cui il paziente, nell’ultimo periodo, ha rilevato un più consistente interessamento delle vie aeree. Come sottolineato in una precedente risposta del 09.10.11 (Stenotrophomonas maltophilia: un batterio di non sicuro impatto sull’evoluzione della malattia polmonare FC) disponibile sul sito della Fondazione, le conoscenze attuali su Sm sono ancora incomplete e, nonostante la recente pubblicazione di articoli scientifici (vedi bibliografia), non esistono novità “sostanziali”, tali da cambiare radicalmente l’approccio all’infezione batterica precedentemente discusso.
Quando si analizzano dati derivanti da Registri o casistiche nazionali l’impatto di Sm sulla malattia polmonare nella FC appare modesto. E’ tuttavia innegabile che in alcuni pazienti la presenza del germe possa associarsi ad un maggiore impegno clinico. Una recente revisione della letteratura scientifica ha analizzato vari aspetti del trattamento antibiotico per Sm in pazienti con FC. La revisione di tutta la letteratura finora pubblicata sull’argomento (rimarcando una volta di più la necessità di ulteriori studi clinici) sottolinea che attualmente l’unico metro per decidere se trattare o meno l’infezione è il giudizio del clinico.
Dalla descrizione della sintomatologia che viene presentata nella domanda, viene effettivamente da pensare che il germe sia responsabile della sintomatologia descritta. Questa opinione è rafforzata dal fatto che il trattamento con antibiotici attivi nei confronti del germe si associa ad un miglioramento delle condizioni cliniche. E’ difficile dare un giudizio senza avere una conoscenza diretta del paziente, di tutta la sua storia e dei risultati degli accertamenti eseguiti (ad es. esami ematici, studi microbiologici, spirometria, diagnostica per immagini etc….). La scelta del miglior trattamento (e soprattutto della “strategia antibiotica”) per un paziente può esser fatta solo da un medico che conosca a fondo un paziente.
Senza voler entrare nei dettagli del perché finora sia stata utilizzata o meno una certa strategia, il co-trimossazolo (Bactrim o altre specialità) anche nelle più recenti pubblicazioni continua a essere considerato uno dei farmaci più efficaci nei confronti di Sm. Il co-trimossazolo (associazione fra trimetoprim e sulfametossazolo) non è da inquadrare nella categoria dei chemioterapici “batteriostatici”, ma nella categoria degli “antimetaboliti”. L’associazione fra trimetoprim e sulfametossazolo determina infatti un ampliamento dello spettro d’azione dei singoli componenti e un’attività di tipo battericida, pur essendo quella dei singoli componenti di tipo batteriostatico.
Esiste la possibilità di trattamento con altri antibiotici (in associazione o in alternativa) somministrabili sia per os (ad es. tetracicline o levofloxacina) che per via parenterale. La colistina (somministrabile sia per via inalatoria che parenterale) è di solito efficace nei confronti del germe. Vale tuttavia la pena ricordare che trattamenti antibiotici per via inalatoria (anche con colistina) possono determinare un aumento della frequenza degli isolati di Sm. Probabilmente una strategia antibiotica che prevede di alternare nel tempo i vari farmaci attivi nei confronti del germe può minimizzare il rischio di insorgenza di resistenze batteriche. Quando siano presenti resistenze, la risposta al farmaco va sempre valutata clinicamente. Una vecchia (ma sempre buona!) abitudine del clinico è quella di chiedere al paziente al momento della prescrizione di un farmaco se percepisca come efficace questo o quel trattamento, indipendentemente dalle risposte del laboratorio. La sensibilità nell’antibiogramma, per quanto importante nella fase di scelta della terapia, non predice l’esito del trattamento. La necessità di un trattamento per via parenterale (endovenoso), di solito raccomandato nelle fasi di esacerbazione, dipende ancora dal giudizio del clinico. In condizioni di stabilità non è attualmente dimostrato che il trattamento per via parenterale sia più efficace nell’eradicare i patogeni respiratori rispetto all’uso di altre vie “meno invasive”, come la via inalatoria e/o orale.
Quindi, riprendendo la fatidica e conclusiva domanda “al posto mio cosa faresti?”, farei tutti gli accertamenti consigliati, vedrei di avere una aderenza alle cure ottimale con tutti i tipi di trattamento suggeriti (inclusa la verifica della fisioterapia), terrei i medici di riferimento costantemente informati sull’evoluzione della situazione clinica. Ridiscuterei inoltre con i medici, con tutta serenità, (alla luce anche dei risultati della spirometria e della radiografia del torace) i dubbi legittimi sollevati dal nostro interlocutore e l’eventuale utilità di un periodo di ricovero.
Bibliografia:
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