Nostro figlio di 11 anni è affetto da fibrosi cistica (genotipo F508del/M1V). La sua condizione a livello polmonare è abbastanza buona, mentre presenta insufficienza pancreatica fin dalla nascita, con crescita lenta, ma costante. Verificato che la mutazione M1V non risulta inserita nell’elenco redatto da Vertex in modo che possa beneficiare del farmaco Trikafta, quali altre possibilità ci possono essere per lui di utilizzare un trattamento farmacologico tra quelli a oggi o a breve disponibili? Vi ringraziamo di cuore per il grande lavoro che svolgete.
La mutazione M1V è molto rara; nel database CFTR2.org ci sono notizie relative solo a 26 malati identificati a livello internazionale con questa mutazione. Non ci sono studi pubblicati sul meccanismo mutazionale, ma è ragionevole pensare che M1V porti a una proteina con funzione minima. Come tale potrebbe rientrare nella lista delle molte mutazioni che secondo FDA debbono accompagnare la mutazione F508del per poter assumere il farmaco Trikafta. Invece non è compresa fra queste. È possibile che non sia stata inclusa nella lista proprio per la sua rarità; e d’altro canto non è pensabile che in futuro si possano organizzare sperimentazioni cliniche controllate per ogni singola mutazione rara.
Fino a qui le notizie problematiche. La buona notizia è che abbiamo sempre scritto che i trial clinici già svolti con Trikafta nei soggetti con doppia F508del e singola F508del accompagnata da mutazione con funzione minima supportano fortemente l’ipotesi che, per avere benefici dal farmaco, sia sufficiente avere una sola copia di F508del. Si potrebbe coltivare la speranza che l’EMA, quando dovrà pronunciarsi per le indicazioni del farmaco in Europa, tenga conto di questo dato, che è importante anche per la maggior numerosità, in Europa e in particolare in Italia, dei soggetti con F508del accompagnata da una seconda mutazione, piuttosto che di quelli con doppia F508del. La federazione delle Associazioni europee di pazienti e familiari CFEurope-CFE, in una nota indirizzata alla specifica Commissione dell’EMA (Committee for Medicinal Products for Human Use-CHMP) ha sottolineato l’importanza di questo problema (1).
C’è anche un’altra possibilità: la ricerca punta molto su modi di studiare l’effetto di un farmaco attraverso metodi che sfruttano materiale detto ex-vivo, vale a dire cellule derivate direttamente dal malato, provenienti dalla mucosa rettale (organoidi intestinali) o da quella nasale (cellule epiteliali nasali). Ci sono anche quelle da mucosa bronchiale (cellule epiteliali bronchiali primarie) ma il loro prelievo è più invasivo. Attraverso queste cellule l’effetto del farmaco potrebbe essere studiato proprio nel singolo individuo malato, a prescindere da quale sia la sua indicazione ufficiale. Si tratta di capire quanto questo materiale sia rappresentativo della risposta nell’intero organismo del malato (individuare e validare test robusti) e proporre alle istituzioni competenti di accettare che queste prove sostituiscano il trial clinico classico. È una prospettiva di estremo interesse, destinata a espandersi sempre più in futuro e anche FFC la sta supportando attraverso le sue ricerche.
1) fibrosicistica.it/wp-content/uploads/2020/02/HE-CHMP-EMA-06022020.pdf