Quali implicazioni psicologiche riporta un malato adulto di fibrocistica?
Rispondere a questa domanda porta ad oscillare da ovvie generalizzazioni, come le affermazioni che si riferiscono alle variabili che comunque la vita adulta impone anche non in presenza di malattia cronica, ad allarmanti affermazioni che possono riferirsi, ad esempio, al carico emotivo che si lega all’angoscia di morte che, essendo la fibrosi cistica malattia progressiva, è riscontrabile in molti dei nostri pazienti. In realtà ritengo importante evitare tali oscillazioni per tentare, invece, di descrivere come i nostri pazienti possono affrontare la loro crescita ed il loro invecchiamento ogni volta confrontandosi e ridefinendosi davanti all’età che aumenta e, inevitabilmente, alla malattia che avanza.
In questo senso le implicazioni psicologiche del crescere con la malattia devono in primis essere valutate all’interno sia della struttura di personalità dei singoli sia dello stato di malattia, e quindi ancora una volta tali implicazioni sono condizionate dal tipo di fibrosi cistica che ogni persona ha. Sappiamo infatti che uno degli aspetti che sempre maggiormente incide sullo stato psicoemotivo dei pazienti è il carico terapeutico e la qualità di vita che le persone possono avere, e quindi la loro qualità di vita oltre la malattia. Avere una condizione di malattia che, pur impegnativa dal punto di vista terapeutico (impegno che generalmente aumenta di pari passo con l’età), permette però al paziente adulto di avere una soddisfacente qualità di vita: la possibilità di perseguire programmi e proiezioni farà si che, pur presenti, le implicazioni psicologiche difficilmente potranno concretizzarsi in importanti vissuti depressivi.
Il rischio che il paziente senta un tale carico emotivo da non poter pensare a proiettare sè stesso deve essere valutato solo nei casi di malattia più severa. Generalmente invece i nostri pazienti riescono a vivere la propria vita e spesso le implicazioni psicologiche che essi esperiscono si collegano a quei ruoli di normale crescita dell’uomo che, come nei soggetti sani ma maggiormente in quelli malati, pone dubbi e interrogativi, spesso incertezze e impossibilità. La stabilità lavorativa, ad esempio, o la disponibilità economica per raggiungere l’autonomia e staccarsi dalla famiglia di origine, ed ancora la scelta di un figlio. Aspetti questi che appaiono simili nei contenuti ma spesso molto diversi nei significati, in quanto il vissuto delle persone con malattia e la necessità di cura imbriglia la possibilità che essi hanno di costruire e costruirsi con le stesse possibilità delle persone sane.
Implicazioni psicologiche negative, quali ansia, angoscia, impotenza crescono purtroppo con la progressione della malattia e soprattutto quando questa impone scelte difficili quali alcune critiche opzioni terapeutiche fino all’accettazione del trapianto d’organo, con i vissuti ambivalenti che sono in questo contenuti: questi possono portare a criticità emotiva e vissuti di chiusura e o ritiro.