Gent.mi dott, ho un dubbio che da mesi mi ha tolto tranquillità. Mio figlio ha 7 anni, cresce regolarmente e non ha mai avuto problemi seri di salute, se non comuni raffreddori e tosse nei mesi invernali. Sono incappata casualmente sul tema del raggrinzimento mani a contatto breve con acqua; allora ho fatto caso che, immergendo le mani in acqua per pochi minuti (prima 3 min, poi 5 e 7 min) i palmi restano lisci normali, mentre i polpastrelli si corrugano a 3 min e un po’ di più nei minuti successivi. Volevo sapere: questa reazione dei polpastrelli può rientrare nel fenomeno dell’aquagenic wrinkling, o esso riguarda specificatamente i palmi (che nel mio caso restano lisci)?
Aggiungo che in gravidanza ho fatto amniocentesi genomica risultata ovviamente negativa per FC. ( non ho fatto screening neonatale perché non previsto in ospedale…). L’amniocentesi mi mette al sicuro o é necessario un approfondimento per la questione del raggrinzimento? Ringrazio cordialmente.
Sul tema dell’aquagenic wrinkling abbiamo scritto molte risposte su questo sito, che invitiamo a leggere usando il nostro motore di ricerca. In generale, si tratta dello sviluppo transitorio di placche edematose biancastre delle palme delle mani, più raramente dei piedi, con raggrinzimento della pelle, dopo immersione prolungata in acqua, spesso senza sintomi soggettivi, ma talora accompagnato da prurito o sensazione di bruciore. Il fenomeno si risolve spontaneamente in poco tempo, da pochi minuti a mezz’ora.
Abbiamo consultato la recente letteratura scientifica, dove sembra confermato che l’aquagenic wrinkling riguarda per lo più i palmi delle mani, rarissimamente il retro dei polpastrelli. In un recente articolo (questo) sono riportate alcune immagini che possono essere utili per inquadrare il fenomeno.
Come già riportato più volte in questa rubrica, le cause del raggrinzimento palmare sono svariate. È nota una certa incidenza in fibrosi cistica, ma va sottolineato che in assenza di altri sintomi caratteristici, il raggrinzimento palmare non è considerato indicativo della malattia.
Ci teniamo però ad aggiungere alcune considerazioni. Non possiamo dire con certezza che tipo di analisi sono state effettuate all’interno della dichiarata “amniocentesi genomica”. Esistono indagini, tra cui proprio l’amniocentesi e la villocentesi, accompagnate dallo studio del DNA delle cellule fetali in cui viene effettivamente indagata anche la presenza di mutazioni nel gene CFTR, responsabile della fibrosi cistica, ma non sappiamo se è il caso di chi ci scrive.
In queste indagini viene usata la tecnica NGS (Next Generation Sequencing) per analizzare tutta la sequenza di DNA codificante, che cioè contiene l’informazione per produrre la proteina CFTR. La NGS può identificare circa il 97% di mutazioni responsabili di malattia FC. Su questo punto però andrebbe consultato il laboratorio che ha eseguito l’analisi per chiedere conferma della tecnica usata e del livello di identificazione delle mutazioni.
In merito allo screening neonatale per la fibrosi cistica, segnaliamo che dal 1992 il test è obbligatorio su tutto il territorio italiano ed è finanziato dal Sistema Sanitario Nazionale (Legge 104/1992). Tuttavia, la messa in atto della procedura per sua realizzazione è affidata a ogni singola regione. Per un approfondimento sullo screening neonatale si può consultare questa pagina del nostro sito.
Una volta eseguito il test, se i risultati rientrano nei valori normali molto spesso non vengono comunicati ai genitori.
Il consenso dei genitori è molto importante. Ci sono raccomandazioni nazionali a favore dell’autorizzazione genitoriale anche se può succedere che, vista la natura obbligatoria dello screening neonatale, il test venga effettuato senza avvisare i genitori.