Buongiorno, mia figlia fc di 3 anni presenta da quasi un anno Pseudomonas aeruginosa (PA) nell’aspirato faringeo. Il germe alterna la presenza nell’aspirato, un mese si (quindi eradicazione con 28 giorni di ciprofloxacina + tobramicina) a 1 o 2 mesi no. I medici procedono (quando si presenta PA) ad eradicazione, ma nei mesi successivi, quando l’aspirato è negativo, non ci fanno fare niente. Trovandomi a scambiare opinioni con altri genitori di bambini fc seguiti in altri centri, ho notato che chi ha avuto, anche solo per una volta, la positività di Pseudomonas nell’aspirato, e fatta la prima eradicazione, successivamente viene prescritto a mesi alterni tobramicina (anche in presenza di aspirati per molti mesi successivi negativi). Questo varia da centro a centro, con una durata di trattamento che va dai 3 ai 12 mesi successivi al primo trattamento. Il mio centro invece, dopo che il tampone è negativo, finisce li, non c’è nessuna terapia, per come dire, “di mantenimento”. Questa cosa mi fa riflettere, perchè mi chiedo se effettivamente il non fare a mesi alterni successivamente la tobramicina non comprometta il buon risultato dell’eradicazione, visto che poi puntualmente PA si presenta di nuovo dopo 1 o 2 mesi circa. Mi chiedo come mai ci siano cosi tante discrepanze di cura e secondo voi, secondo la letteratura, qual’è la miglior prassi. Preciso che la mia bimba non è asintomatica. Spesso ha tosse ed ogni 2 mesi circa si ammala e necessita di cicli antibiotici per bocca, di solito augmentin o panacef.
Un ultima domanda, riferita però al Pulmozyme: visto che mia figlia presenta già adesso che è piccola un quadro abbastanza complesso con frequenti malanni (preciso che non va all’asilo), mi chiedevo se fosse il caso di proporre al centro l’introduzione di Pulmozyme, anche se questo significherebbe andar fuori dai soliti protocolli che lo danno oltre i 5 anni. Vorrei anche capire se questo farmaco è un diritto e quindi, se lo richiedo, se il centro è obbligato a prescrivermelo; oppure se è facoltativo e a discrezione del medico decidere se darlo o meno. Chiedo questo perchè non vorrei arrivare con mia figlia a 5 anni con già compromissione importante, quando poteva invece con pulmozyme non peggiorare. Grazie.
La domanda ripropone la problematica del trattamento eradicante nelle fasi iniziali dell’infezione da Pseudomonas aeruginosa. Questo germe è il principale patogeno in pazienti affetti da fibrosi cistica e nel corso della vita l’80% dei pazienti (il 27% di sotto ai sei anni) ne risulta infettato.
A seguito della prima infezione, in assenza di trattamento, il germe viene isolato con sempre maggior frequenza nelle vie aeree e l’infezione cronicizza.
Un trattamento antibiotico tempestivo, al primo isolamento del germe o comunque nelle fasi iniziali dell’infezione, è in grado di ridurre consistentemente la probabilità di cronicizzazione. Per ragioni ancora non completamente note, tuttavia, un terzo circa dei pazienti trattati con terapia eradicante non riesce a liberarsi dal germe
Solo pochi studi sono stati eseguiti sul trattamento eradicante di P. aeruginosa e non è noto, a oggi, quale schema di terapia possa essere considerato ottimale per prevenire la cronicizzazione. E’ questa la ragione delle discrepanze di cura a cui viene fatto riferimento. Non è attualmente dimostrato che schemi di trattamento per via parenterale (es. endovena) possano garantire una maggiore efficacia rispetto ai trattamenti per via inalatoria associati o meno alla via orale. In linea generale, gli schemi di trattamento finora adottati si basano sulla somministrazione di tobramicina per via inalatoria oppure di ciprofloxacin per os e colistina per aerosol.
Solo 3 studi hanno comparato trattamenti eradicanti di diversa durata. In un’esperienza danese l’estensione da 3 settimane a 3 mesi del trattamento a base di ciprofloxacin per os e colistina per via inalatoria ha determinato una riduzione della progressione verso la cronicità. L’estensione da 28 a 56 giorni del trattamento antibiotico a base di tobramicina per via inalatoria non ha invece sostanzialmente determinato alcun miglioramento dei risultati.
Un terzo studio ha recentemente valutato, su larga casistica, l’efficacia di due diverse modalità di somministrazioni di farmaci in chi ha manifestato infezione iniziale da P. aeruginosa per verificare se il maggior ricorso agli antibiotici determini un risultato migliore. Lo studio, condotto in Nord America, ha comparato l’efficacia del trattamento “ciclizzato” (6 cicli antibiotici per via inalatoria ripetuti a cadenza trimestrale, indipendentemente dal risultato della coltura) nei confronti della terapia antibiotica eseguita solo in caso di successivo isolamento di P.aeruginosa. (una descrizione più esauriente dello studio si può trovare leggendo Come e quanto trattare Pseudomonas aeruginosa per impedirne la cronicizzazione?).
Lo studio si è concluso senza dimostrare differenze statisticamente significative fra i due gruppi riguardo alla presenza di P. aeruginosa nelle vie aeree. Nelle fasi iniziali dell’infezione da P. aeruginosa non sempre fare di più sembra meglio.
Altri punti riguardo alla situazione clinica della bambina, di cui alla domanda, meritano un commento:
– Le metodiche di coltura batterica con materiale prelevato dal faringe, le uniche che possono essere utilizzate senza invasività in pazienti in giovane età e non espettoranti, di solito sottostimano l’infezione da P. aeruginosa.
– Dovrebbe inoltre essere esclusa la cronicità dell’infezione da P. aeruginosa. La definizione di cronicità non è univoca. Alcune definizioni si basano sia su risultati della coltura batterica che sulla ricerca degli anticorpi anti-P. aeruginosa nel sangue. Poiché la ricerca degli anticorpi è una tecnica dispendiosa ed eseguita solo in alcuni laboratori, sono state recentemente proposte altre definizioni che si basano sulla frequenza di isolamento del germe nelle vie aeree. Quando P. aeruginosa è isolata nelle vie aeree in oltre il 50% delle colture eseguite nel corso di un anno (devono essere eseguiti almeno 4-6 esami colturali per anno), l’infezione è definita cronica.
Dal punto di vista pratico in questa fase potrebbero esser utili studi più raffinati, eseguibili solo in alcuni laboratori:
1. tecniche di tipizzazione molecolare, per distinguere se si tratti dello stesso ceppo di P.aeruginosa che perdura nel tempo (nel qual caso l’infezione sarebbe già evoluta verso la cronicità) oppure di ceppi di P. aeruginosa non correlati geneticamente con quello originale (nel qual caso si tratterebbe infezione intermittente).
2. studi immunologici per verificare se i titoli degli anticorpi anti-P.aeruginosa nel siero della bambina siano oltre la soglia che indica cronicità.
Bibliografia
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Nota redazionale.
La domanda pone anche la questione dell’impiego di pulmozyme nei bambini piccoli. Invitiamo a leggere la domanda/risposta del 15.02.12: Pulmozyme nei bambini di età inferiore a 5 anni.
Inoltre, i medici non sono obbligati a prescrivere farmaci su decisione del paziente o dei suoi genitori. Il medico prescrive le terapie che ritiene più ragionevoli per quel paziente, anche se è conveniente che discuta con paziente o genitori la loro proposta/richiesta e spieghi perché la ritenga ragionevole o non ragionevole.