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20 Dicembre 2021

I disturbi all’orecchio causati dall’antibiotico amikacina e lo stato della sperimentazione su Arikace

Autore: Riccardo
Domanda

Ho usato amikacina per tre mesi e ho avuto diminuzione udito e acufeni e ho smesso. Il nuovo Arikace avrà la stessa ototossicità? Grazie.

Risposta

Probabilmente il nostro interlocutore si riferisce alla somministrazione inalatoria dell’amikacina, un antibiotico della classe degli aminoglicosidi, a cui appartiene anche la tobramicina e la gentamicina.
Gli effetti riferiti si devono far risalire a un danno dell’orecchio interno (coclea e canali semicircolari). È noto che gli antibiotici aminoglicosidi possono essere responsabili sia della perdita di udito, specie per le alte frequenze, sia del danno vestibolare, a cui attribuire gli acufeni (percezione soggettiva di “fischio” o “ronzio” o “scampanellio”) e le vertigini con perdita di equilibrio. Questa sintomatologia compare soprattutto in rapporto alla somministrazione endovenosa degli aminoglicosidi, specie se ripetuta nel tempo. Occorre poi considerare che gli aminoglicosidi possono essere responsabili anche di danno renale: la somministrazione in unica dose giornaliera endovena è risultata meno dannosa sui reni rispetto alla somministrazione ripetuta in una giornata.
Gli stessi sintomi a carico dell’orecchio interno possono presentarsi più raramente anche in relazione alla somministrazione prolungata per via inalatoria. È possibile che i sintomi riferiti all’orecchio interno del nostro interlocutore siano da mettere in relazione all’uso ripetuto degli aminoglicosidi sia per via endovenosa che per via inalatoria. È stata riferita una individuale suscettibilità al danno dell’orecchio interno, attribuibile ad alcune mutazioni (per esempio la mutazione A1555G di un gene mitocondriale): se si può escludere una somministrazione ripetuta di aminoglicosidi anche diversi per via endovenosa e inalatoria, potrebbe essere utile fare questo approfondimento genetico.
Per quanto riguarda l’Arikace, una preparazione di amikacina in liposomi per la somministrazione aerosolica, un commento di qualche anno fa su questa rubrica (qui) ha già riferito sui risultati di alcuni studi con questo farmaco. L’aggiornamento più recente riguarda i risultati di uno studio di fase 3 condotto nel 2012-2013 ma solo recentemente pubblicati. Si tratta della comparazione tra tre cicli on-off (un mese sì e un mese no di terapia con un farmaco) con Arikace (una somministrazione quotidiana) e tre cicli con tobramicina (due somministrazioni quotidiane) per via inalatoria. Le conclusioni sono state, considerando la variazione del FEV1, di “non inferiorità” dell’amikacina rispetto alla tobramicina per via inalatoria, e di effetti collaterali non diversi tra i due farmaci. Questo studio riguardava l’impiego del farmaco nell’infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa. Dopo il 2013 non vi sono stati ulteriori studi e, per quanto è ricostruibile, il farmaco non è stato mai approvato dall’agenzia degli USA (FDA) per l’indicazione del trattamento inalatorio dell’infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa nella fibrosi cistica. Fonti non dirette dell’azienda produttrice del farmaco, la Insmed, riferiscono che la FDA ha richiesto approfondimenti sul profilo di sicurezza del farmaco nelle persone con fibrosi cistica.

Il farmaco è stato anche sperimentato negli adulti con infezione polmonare da micobatteri atipici: la FDA ha approvato al momento l’uso dell’inalazione di amikacina liposomiale solo nella malattia da micobatteri atipici non responsiva al trattamento di prima scelta. Anche per questo ambito non vi sono dati sufficienti per approvare il suo uso nelle persone con fibrosi cistica e malattia polmonare da micobatteri atipici.

Dott. Cesare Braggion, Direzione scientifica FFC Ricerca


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