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24 Settembre 2014

I bambini con FC e i loro compagni: la vita di quei bambini ha molte facce, FC è solo una di queste

Autore: Francesca
Argomenti: Vivere con FC
Domanda

Buongiorno, sono la mamma di una bimba di 28 mesi affetta da FC. Oltre le preoccupazioni e i sintomi della patologia, una cosa che mi sta pesando è il contesto sociale e l’approccio con gli altri bimbi! Mia figlia ancora non va a scuola, andrà dal prossimo anno, è una bimba molto sveglia, intelligente ed estremamente sensibile! Sta capitando varie volte che alcuni bimbi le dicono che è malata e una bimba in particolare le ha detto che ha una malattia incurabile e in un momento l’ha anche sgridata per questo! Io, naturalmente, sono intervenuta dicendo che mia figlia ha un problema, prende delle medicine ma non è il caso di sgridarla; e ho fatto capire alla bambina che lei ci avrebbe potuto soffrire! Questi avvenimenti mi hanno fatto male e ho pensato alla scuola materna e al fatto che la bambina può esporre in maniera forte la sua diversità non avendo ancora gli strumenti adeguati per affrontarla. Mi potete dare dei consigli per gestire al meglio questa situazione?

 

Risposta

La malattia FC non è “visibile” perché non conferisce a chi ne è affetto caratteristiche fisiche particolari, tali da farlo distinguere da altri bambini, adolescenti o adulti. Solo nelle forme molto gravi oppure nelle fasi molto avanzate il malato FC può essere “riconosciuto” come tale. In un bambino dell’età dell’asilo o della scuola materna, ma anche della scuola elementare, nella maggior parte dei casi oggi l’unico segno tangibile può essere talora la tosse, in alcuni periodi frequente. Ma sono periodi limitati nel tempo, e chi non sa niente della malattia può considerarli episodi simili a quelli a cui vanno incontro gli altri bambini. L’altro segno manifesto della malattia è la necessità di prendere le capsule di enzimi pancreatici quando mangia. Questa necessità è quella che impone di parlare con le insegnanti, individuare una persona di riferimento, informarla sulla malattia (meglio portare materiale informativo scritto) e chiedere la sua collaborazione. Ma a scuola, al parco giochi, ovunque vada fuori casa (ovvero nel sociale), il bambino non ha nessuna limitazione nello svolgimento delle attività (moto, gioco, apprendimento e così via), anzi, va incoraggiata un’attitudine attiva e partecipe, come pure nel raggiungimento degli obiettivi adeguati all’età.

E’ difficile pensare come si possa creare intorno a lui un contesto di “svantaggio sociale”, così come è improbabile che i bambini intorno a lui possano arrivare a considerarlo malato, e per di più di una malattia “incurabile”. Possono farsi l’idea che è malato se gli si costruisce intorno una barriera di iperprotezione e di divieti poco ragionevoli, che rischiano di renderlo effettivamente un “diverso”. Per questo i genitori, e a scuola gli insegnanti, vanno aiutati a coltivare l’idea che la vita di quel bambino ha molte facce e la fibrosi cistica è solo una di queste, importante, ma non l’unica; e che la fibrosi cistica è una malattia che prevede delle cure ma non impedisce di fare tutto quello che fanno gli altri. Se gli adulti intorno al bambino fanno propria questa consapevolezza, gli trasmettono fiducia in sé stesso, nella società e nel mondo che lo circonda. E questa fiducia è quella che contribuisce a fornirgli gli strumenti per rispondere alle domande curiose degli amici. La curiosità infatti spesso è alla base delle domande dei bambini di questa età, difficile pensare che ci sia l’elaborazione del concetto di malattia, e per di più di malattia incurabile. Incurabile è un aggettivo che anche sulla bocca di un adulto suona come frutto di una grande preoccupazione e di un sentimento molto pessimista nei confronti della malattia FC. E’ da molto tempo che i medici non lo usano nella loro terminologia: anzi, gli avanzamenti della ricerca permettono ai medici di dire che la FC è una malattia “curabile”, anche se non guaribile (ma oggi qualcosa sta cambiando anche sul “guaribile”). Curabile vuol dire che ci sono delle cure che permettono al malato di vivere la sua vita in condizioni buone o discrete, soprattutto negli anni dell’infanzia, della scuola, dell’adolescenza. Cure che vanno fatte anche se non hanno come obiettivo la guarigione, questa è la differenza con altre malattie. Ma fanno stare bene, guadagnare quantità e qualità di vita, in attesa che la ricerca faccia passi ulteriori.

Si consiglia la lettura del libro: “Fibrosi cistica: parliamone insieme. I primi anni e l’età della scuola” pubblicato su questo sito. Il libro può anche essere richiesto nella versione stampata alla segreteria della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica (solo spese di spedizione).

G. Borgo


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