Buongiorno. Mentre la ricerca nel campo dei modulatori continua ad avanzare, seppure troppo lentamente per chi ancora li aspetta, e si può immaginare che chi nasca oggi con FC vivrà una malattia completamente diversa da chi oggi è già adulto, noto a malincuore una totale assenza di notizie e interesse nell’ambito della ricerca in FC per quanto riguarda i pazienti trapiantati.
Non solo non è chiaro se per loro i modulatori sono validi per la gestione dei sintomi secondari della FC, ma come ben sappiamo noi trapiantati abbiamo una mortalità al 50% a 10 anni dal trapianto. Inoltre va ricordato che il trapianto risolve sì gli aspetti critici della malattia nell’immediato, ma introduce nuovi problemi che, col passare del tempo, possono diventare anche peggio dei precedenti per la qualità della vita. Da trapiantato tremo ogni volta che penso alla parola “rigetto”.
Insomma non si può certo dire che fatto il trapianto si sia risolto ogni problema. Restiamo pazienti FC e vogliamo anche noi essere curati definitivamente. Eppure non solo non se ne parla affatto, ma io non riesco a trovare nessuna notizia di ricerca significativa che prospetti un miglioramento della speranza o delle condizioni di vita dopo il trapianto: vi prego di smentirmi e, se non è possibile, di portare una riflessione su questo ambito troppo trascurato.
La domanda solleva una tematica rilevante che interessa diverse centinaia di persone con FC che sono state sottoposte a trapianto polmonare. Gli sviluppi della ricerca anche in questo settore consentono di essere ottimisti.
Il tema dell’uso dei modulatori nelle persone che hanno avuto un trapianto di polmoni o di fegato è attuale e dibattuto dai clinici che si occupano di fibrosi cistica. Vi è una iniziale piccola esperienza di uso dei modulatori nelle persone sottoposte a un trapianto di organo solido (per un approfondimento si può leggere qui, qui e qui). Da questi studi iniziali emergono i potenziali benefici di una terapia con modulatori nelle persone trapiantate: il miglioramento dello stato nutrizionale, il miglioramento dei sintomi a livello dei seni paranasali e della componente infettiva ed infiammatoria in questa sede, il miglior controllo dei disturbi del metabolismo del glucosio e a carico del sistema gastro-intestinale possono contribuire a migliorare la qualità di vita. È anche possibile che il miglior controllo della patologia a livello dei seni paranasali possa contribuire a ridurre il rischio di rigetto cronico (qui uno studio scientifico). Con l’uso dei modulatori non si possono ovviamente ottenere benefici sulla situazione polmonare, poiché i polmoni trapiantati sono sani e hanno una proteina CFTR funzionante.
Il rischio maggiore nell’uso dei modulatori di CFTR nel post-trapianto è rappresentato dall’interazione con i farmaci immunosoppressori: entrambe le categorie di farmaci sono metabolizzati a livello del fegato e perciò occorre trovare un delicato equilibrio che non riduca l’efficacia sia degli uni che degli altri. L’iniziale esperienza di uso di immunosoppressori e modulatori di CFTR dice che è possibile usarli entrambi monitorando i livelli dei farmaci e modificandone la dose. Vi è necessità di studi prolungati nel tempo per evidenziare gli effetti benefici dei modulatori e il mantenimento di un basso rischio di rigetto acuto e cronico ma questo fronte è stato aperto.
Non bisogna poi dimenticare il filone di ricerca per la prevenzione e la terapia del rigetto acuto e cronico: i progressi in questo ambito sono stati dimostrati dal continuo prolungamento della sopravvivenza dopo il trapianto. Anche la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica ha dato un contributo in questa direzione e continuerà a farlo, ritenendo questo settore della ricerca una priorità.