Prima domanda
Avendo vissuto a lungo a Londra, ho avuto modo di constatare come sia ampiamente impiegata da loro, per pazienti affetti da BPCO e asma, la fisioterapia con strumenti invece ancora sconosciuti in Italia. Mi riferisco in particolare ai dispositivi Ultra-Breathe e Power-Breathe che, a detta di molti terapisti, avrebbero maggior efficacia di PEP e FLUTTER, che sono invece praticati da anni. Se ho ben compreso, e su questo vorrei essere da voi confortato, ULTRA e POWER BREATHE applicherebbero una resistenza, graduata e regolabile dal paziente, alla fase inspiratoria, mentre nel caso della PEP MASK, di comune impiego per pazienti FC, la resistenza si applica alla fase espiratoria. Stando ad alcuna letteratura che ho trovato in materia, si sosterrebbe poi che le più recenti esperienze porterebbero a sminuire l’efficacia della PEP MASK, giudicata inferiore rispetto alla fisioterapia effettuata con ULTRA o POWER-BREATHE, sia per la rimozione delle secrezioni che per la riduzione della dispnea e miglioramenti dei parametri respiratori (FVC, FEV1, piccole vie..). Da ultimo, si ritiene da parte di molti esperti anglosassoni che le suddette considerazioni valgano non solo per BCPO e Asma ma pure nel caso di FC. Desidererei avere un parere dei vostri esperti in merito, con particolare riguardo: 1) ai fondamenti dell’uso di questi nuovi apparecchi; 2) alla loro efficacia per pazienti FC e validità dei risultati che ne sostengono la superiorità rispetto alle tradizionali tecniche PEP e FLUTTER; 3) loro sicurezza di impiego ed eventuali effetti collaterali o controindicazioni (applicare una resistenza variabile all’inspirazione è sicuro quanto il meccanismo su cui si fondano PEP/FLUTTER?). Un sentito grazie per il vostro costante contributo alla ricerca e cura della FC.
Luca
Seconda domanda
Buongiorno, sono un fisioterapista albanese con nipote malato di mucoviscidosi. Desideravo sapere da qualche mio collega italiano con esperienza in materia cosa pensano dell’uso dei device “Spirotiger” e “Power-Breath” nella pratica clinica su pazienti FC. In particolare vorrei sapere se hanno notato miglioramenti nei parametri spirometrici e se ritengono tali strumenti di aiuto oppure controindicati a causa del parenchima polmonare bolloso e enfisematoso che può essere causa di pneumotorace spontaneo. Naturalmente, dò per scontato che l’esercizio venga fatto in modo quotidiano ma senza esagerare, con sedute di 5-10 minuti.
Erid
Queste domande hanno già avuto in parte risposta (a). Tuttavia, ci è sembrato importante avere altri pareri in merito, consultando altri due esperti che da molti anni si dedicano con speciale impegno ai problemi della fisioterapia e riabilitazione respiratoria in fibrosi cistica. Sul tema si trovano anche altri riferimenti su questo sito, che suggeriamo di leggere (b, c, d)
La risposta non può essere che semplificativa e poco esaustiva. Una discussione sul tema sarebbe più opportuna, anche perché le due domande “sposano” delle tesi, assunte come valide. Il campo riabilitativo è complesso: nell’ambito respiratorio le diverse patologie hanno alla base una fisiopatologia solo apparentemente comune; inoltre, le misure di efficacia di una tecnica o di un regime terapeutico riabilitativo sono spesso poco sensibili e possono avere un significato diverso nelle diverse malattie dell’apparato respiratorio. Occorre poi considerare che la valutazione di una tecnica o di un regime terapeutico nell’ambito riabilitativo è ben più complessa che valutare l’efficacia di un farmaco. E’ peraltro incoraggiante riconoscere che la ricerca clinica e fisiopatologica stanno accumulando delle evidenze negli ultimi due decenni, che gradualmente stanno dando maggiore evidenza e concretezza alla riabilitazione respiratoria. Cercheremo di semplificare il nostro ragionamento a partire dalle domande che è giusto porsi in questo ambito della medicina.
Un primo aspetto è il seguente: è sempre giusto considerare delle tecniche riabilitative come equivalenti in diverse patologie? Direi di no. La fibrosi cistica (FC) ha come aspetto peculiare della malattia polmonare l’eccesso di secrezioni bronchiali e particolari caratteristiche reologiche di queste, in particolare una loro densità e viscosità che le rende poco mobilizzabili. Queste caratteristiche del muco bronchiale dipendono da un difetto genetico. La riabilitazione polmonare si è molto concentrata su questo aspetto della malattia polmonare e nel tempo sono state proposte diverse tecniche di potenziamento della clearance del muco bronchiale. Asma e broncopatia cronica ostruttiva (COPD) sono malattie che decisamente non hanno questa peculiarità, ma condividono invece con la FC una riduzione della prestazione dei muscoli scheletrici e della tolleranza allo sforzo.
Una seconda domanda dovrebbe essere: sono utili gli strumenti che applicano una resistenza inspiratoria (Spirotiger, Ultra-Breathe e Power-Breathe, ma anche altri) per la mobilizzazione delle secrezioni bronchiali in fibrosi cistica? Non ci sono dimostrazioni di ciò, ma anche teoricamente non si comprende come una resistenza inspiratoria possa facilitarla. Il problema della clearance del muco nella FC è spiegabile, per la componente “meccanica”, con la disomogenea distribuzione della ventilazione nella periferia polmonare e con la riduzione dei flussi soprattutto espiratori a livello delle vie aeree periferiche e medie. Inoltre, vi può essere tendenza al collabimento delle parete bronchiali, sempre in fase espiratoria, soprattutto quando, a causa delle infezioni ripetute e dei danni provocati da germi opportunisti aggressivi, sono presenti bronchiectasie. Una delle tecniche attualmente più impiegate è nata intorno agli anni ’80 per riuscire, in sintonia con i problemi, ad agire laddove le tradizionali tecniche di clearance (drenaggio posturale) si riteneva fossero inefficaci. La pressione positiva espiratoria (PEP) è stata motivata principalmente da evidenze fisiopatologiche relative al suo effetto di riduzione della disomogeneità della ventilazione a livello dell’estrema periferia polmonare (alveoli, bronchioli). Per ottenere un effetto disostruente l’aria deve poter arrivare dietro alle secrezioni (1). La pressione espiratoria positiva facilita il passaggio dell’aria in zone poco ventilate anche attraverso vie collaterali, secondarie (1). Un altro effetto che ne ha giustificato razionalmente l’impiego, è la stabilizzazione delle pareti bronchiali soprattutto a livello delle vie aeree piccole e medie (1). Il problema di fondo è far arrivare le secrezioni dalla periferia alle grosse vie e cercare di tossire quando è il momento giusto. E’ questo il motivo per il quale alla pressione espiratoria positiva vanno abbinate tecniche che aumentino la velocità con la quale esce l’aria senza causare il restringimento eccessivo dei bronchi. Espirazioni dosate lente (eseguite per esempio con le modalità del drenaggio autogeno) completano le tecniche che utilizzano la pressione positiva. La tosse o una o più espirazioni forzate rappresentano l’atto conclusivo dei vari cicli di applicazione (1). In fase avanzata della malattia le espirazioni dosate/forzate possono necessitare anch’esse di una pressione positiva per ritardare la chiusura troppo precoce delle vie aeree. Le tecniche che impiegano una resistenza espiratoria (ad esempio PEP-mask) hanno una dimostrazione di efficacia almeno nel breve termine (1). Studi comparativi con altre tecniche (ad esempio compressioni toraciche ad alta frequenza) sembrano dimostrare una maggiore efficacia della PEP mask, in relazione alle esacerbazioni polmonari, nel lungo termine (un anno) (2). Non ci sono comunque forti evidenze che una tecnica, tra quelle menzionate, sia superiore all’altra (3, 4). Occorre poi aggiungere che qualunque tecnica utilizzata si deve combinare con un trattamento farmacologico volto a ridurre la viscosità delle secrezioni bronchiali: abbiamo dimostrazione di efficacia dell’inalazione di RhDNase (Pulmozyme) e di soluzione ipertonica salina o mannitolo.
Una terza domanda dovrebbe essere: gli strumenti che applicano una resistenza inspiratoria (come Spirotiger o Power-breathe o Ultra-breathe) possono essere utili nei programmi riabilitativi, qualora l’obiettivo fosse un aumento della forza ed endurance dei muscoli inspiratori, allo scopo di ridurre la dispnea o migliorare la tolleranza allo sforzo? Questo razionale si applica anche alla fibrosi cistica, oltre che alla BPCO. Con una differenza: solo in fase molto avanzata di malattia la forza dei muscoli inspiratori, misurata alla bocca, è ridotta nella FC. Sappiamo che la forza del diaframma può essere invece ridotta più precocemente, anche se è compensata dagli altri muscoli inspiratori. Il problema è cosa misurare. La misura del diaframma e della sua forza implica operazioni invasive, quali quelle di pressione intraesofagea e gastrica, eventualmente combinate a stimoli elettrici alla sua contrazione. Queste misure non possono essere utilizzate nella pratica clinica, ma solo nei laboratori di fisiopatologia. Per la FC, la misura di forza dei muscoli inspiratori alla bocca presenta perciò dei limiti evidenti.
Nei pazienti con BPCO l’esercizio di ventilazione con l’applicazione di una resistenza inspiratoria ha prodotto un aumento della forza dei muscoli inspiratori e una riduzione della dispnea. E’ in corso uno studio che intende verificare questi risultati e soprattutto dimostrare se l’allenamento dei muscoli inspiratori migliora la tolleranza allo sforzo ed i sintomi come la dispnea (5). Mancano infatti dimostrazioni in questa direzione. Per quanto riguarda la FC, il razionale potrebbe esserci, ma in questa patologia non abbiamo evidenze di un ruolo dell’allenamento dei muscoli inspiratori, mentre è noto che l’allenamento aerobio (quello generale di tutta la muscolatura, ndr) produce un miglioramento della prestazione fisica e della tolleranza allo sforzo. Progetti di ricerca, come quello proposto per i pazienti con BPCO, dovrebbero integrare un programma di allenamento di endurance o aerobio con l’allenamento dei muscoli inspiratori per valutare se questa combinazione ha un impatto migliore rispetto al solo allenamento di endurance.
In questo contesto dell’allenamento dei muscoli inspiratori, potrebbe essere anche posto il quesito di quale strumento sia migliore a questo scopo. Il progetto nei pazienti con BPCO sposa l’ipotesi che il Power-Breathe è concettualmente più adatto ad ottenere risultati anche sulla prestazione fisica (5). Attendiamo la verifica di questa ipotesi con lo studio in corso.
a. Gli incentivi respiratori non sono sostitutivi di Pep-mask e Flutter e non trovano generalmente indicazione in fibrosi cistica (Domanda del 04.02.15)
b. L’allenamento dei muscoli respiratori con uno speciale strumento sembra migliorare la funzione respiratoria in malati FC (Progressi Ricerca 15.04.08)
c. SpiroTiger e fisioterapia respiratoria in FC (Domanda del 18.03.10)
d. Ancora sullo SpiroTiger per la rimozione dei secreti e l’allenamento dei muscoli respiratori in FC (Domanda del 18.02.13)
e. Ancora sugli incentivi respiratori in fibrosi cistica (Domanda del 18.02.15)