Il decorso clinico della fibrosi cistica porta obbligatoriamente il malato ad una grave insufficienza respiratoria a causa della broncopneumopatia ostruttiva cronica? Dovrò aspettarmi quindi di vedere mia sorella in un futuro, anche se lontano, attaccata ad una bombola di ossigeno? Scusatemi, ma le scene che ho visto in ospedale sono sconfortanti. Devo aspettarmi quindi di vedere anche mia sorella ridursi in quello stato? Scusatemi ancora, ma cercate di capire il mio stato emotivo e la mia apprensione. Grazie per la risposta.
Difficile dare una risposta a questa domanda perché è una domanda piena di dolore per il familiare colpito dalla malattia. Bisognerebbe prima poter alleviare il dolore citando numeri e statistiche rassicuranti e di lì condurre la mente al “ragionamento” che potrebbe controllare “lo stato emotivo”. Ma non disponiamo ancora di dati scientifici esaustivi per poter rassicurare, per poter affermare che per il malato di fibrosi cistica, o meglio per alcuni malati, non c’è il rischio di un peggioramento del quadro respiratorio fino all’insufficienza respiratoria. Perché purtroppo fino ad oggi questo è il problema di questa malattia, la mancanza di una cura che metta al riparo da questa evoluzione, seppur ritardata nel tempo. E d’altro canto non possiamo eludere la domanda fornendo generici motivi di consolazione, pur di alleviare la pena.
Quindi offriamo alcuni spunti di riflessione che vogliono dare un supporto concreto alla speranza, un sentimento che ogni malato e ogni suo parente deve essere aiutato a coltivare, perché è essenziale per vivere la vita di tutti i giorni e per guardare al domani senza sentirsene sopraffatti. Di speranza abbiamo parlato anche nella domanda “Nuove cure” del 6/7/05. La speranza può essere un istinto vitale totalmente irragionevole, oppure avere una base di fondata ragionevolezza.
Noi crediamo che chi oggi ha questa malattia, assieme a chi gli sta vicino, può e deve nutrire una “ragionevole e fondata “speranza perché:
– Perché la caratteristica della FC è l’estrema variabilità da caso a caso dei sintomi polmonari e oggi conosciamo sempre di più forme lievi e anche molto lievi di malattia, per le quali l’evoluzione verso l’insufficienza respiratoria non è assolutamente scontata. Vale quindi il concetto, reso particolarmente evidente e attuale dalle conoscenze più recenti, dell’estrema variabilità del decorso individuale, e quindi anche dell’esito della malattia polmonare (variabilità che dipende dal patrimonio genetico della persona malata ma anche dalla sua capacità di seguire un accurato e tempestivo piano di cure).
– Perché nel giro di un ventennio i progressi nelle cure individuate fino ad oggi hanno notevolmente allungato la vita, migliorandone sensibilmente la qualità, di chi ha questa malattia; in questo modo hanno “ritardato ” e stanno ritardando d’anno in anno la comparsa dello stato d’insufficienza respiratoria.
E’ ragionevole pensare che, anche se non si scopre in breve tempo una cura “radicale” della malattia, possa proseguire in maniera costante il miglioramento delle cure dei sintomi respiratori, fino a confinare l’evoluzione della malattia in insufficienza respiratoria solo ai casi più gravi e/o in età molto avanzata.
– Perché gli investimenti economici e gli sforzi intellettuali per far progredire la ricerca scientifica nel campo di questa malattia sono notevolissimi, in molti paesi.
Sono investimenti che come entità sono distanti da quelli che, per esempio, sono attuati per la ricerca sul cancro, un problema di salute che l’opinione pubblica sente molto perché più diffuso, ma comunque c’è un netto aumento del senso di responsabilità sociale e di interesse scientifico anche nei confronti di questa malattia, e questo anche in Italia. Avere a disposizione maggiori risorse per la ricerca scientifica non è garanzia di successo, ma di aumento delle probabilità di successo certamente.
– Perchè la ricerca sta già segnando alcune tappe di successo e i tempi della cura per guarire, seppure non vicinissimi, non sono neanche “irragionevolmente lontani” (invitiamo a leggere l’articolo “Sviluppo di un nuovo farmaco” del 28/8/06). In sintesi, la fase della sperimentazione preclinica e poi clinica (= sul malato) di nuove terapie è sempre più vicina.
– Perché possono migliorare non solo le cure della malattia, ma anche la possibilità di prevederne l’andamento: per esempio, ci si aspetta che le ricerche nel campo dei geni modificatori del gene CFTR diano nei prossimi anni contributi utili; se in base ai risultati di queste ricerche ci potesse essere una “selezione” di quanti fossero in età più precoce a rischio di insufficienza respiratoria, anche le strategie terapeutiche “radicali” già esistenti, come ad esempio il trapianto di polmoni o, come nel prossimo futuro, la sperimentazione di nuovi farmaci curativi del difetto di base, potrebbero essere meglio indirizzate e gestite.