Sono il babbo di una bimba di 18 giorni e sono stato convocato all’ospedale per rifare il test relativo allo screening neonatale, in quanto qualcosa non andava relativamente alla fibrosi cistica ed all’ipotiroidismo (tiroide): pertanto bisogna ripetere lo screening. Comunque la pediatra osservava che bisogna essere veramente sfortunati per risultare positivi sia alla FC che all’ipotiroidismo .
Mi chiedo se la positività sia alla FC che all’ipotiroidismo possa far sorgere dei sospetti sull’attendibilità dello screening. O di norma possono manifestarsi entrambe le malattie?
Fibrosi cistica ed ipotiroidismo sono due malattie dovute a due geni diversi e non hanno nessuna relazione fra di loro: però potrebbero per puro caso manifestarsi insieme nello stesso bambino e certo si tratterebbe di un’associazione molto rara. Speriamo che così non sia, però in linea teorica non è impossibile.
Non sappiamo se questa doppia positività dello screening possa suggerire che qualcosa nella procedura dello screening è andata storta, per cui i risultati rispetto ad entrambe le malattie sono poco attendibili. Effettivamente potrebbe trattarsi di un prelievo di sangue che era troppo scarso o è stato raccolto e spedito in maniera non corretta al laboratorio; oppure di un problema durante l’esecuzione del test nel laboratorio stesso (si tratta dello stesso laboratorio per entrambe le malattie?). E quindi il laboratorio (o entrambi i laboratori, se sono diversi), di fronte ad entrambi i test, si trova nell’impossibilità di dare una risposta e deve ripeterli.
In questi casi, secondo noi, dire ai genitori che “c’è qualcosa che non va” (supponendo che sia questo che è stato detto e nient’altro) è una comunicazione che è fatta allo scopo di non allarmare, ma che ottiene l’effetto contrario: si solleva il problema (e quindi si induce una naturale reazione di allarme) e nello stesso tempo però si impedisce alla persona a cui viene comunicato di affrontarlo con le armi della razionalità, perché mancano le informazioni circostanziate che permetterebbero, nell’attesa, di “darsi una ragione informata “(quale tipo di “problema”? quali valori hanno dato entrambi i test? Entrambi molto alterati ? O appena sopra la soglia di normalità? O molto diversi fra loro?) .
Se c’è un problema che limita l’attendibilità dei risultati del test, e gli addetti alle varie fasi dello screening (dal momento del prelievo alla spedizione in laboratorio all’esecuzione tecnica del test) ne sono al corrente, il problema va segnalato ( ci sono canali apposta per farlo, a volte si prevedono delle note di commento al prelievo e così via) e alla fine va comunque comunicato come tale ai genitori. Purtroppo il fatto di segnalare il problema insorto nella procedura è una buona prassi che non sempre viene rispettata, così si genera una sorta di catena di “cose non dette”(ogni operatore non sa che cosa è successo prima di lui) che alla fine non permettono a nessuno di orientarsi. E la comunicazione finale di conseguenza non può che essere vaga, dice e non dice, desta paura ma nello stesso tempo vuole rassicurare (la qual cosa è impossibile) .
Oppure, se il problema di procedura non sembra esserci e chi è responsabile dello screening valuta di trovarsi di fronte ad un caso molto raro e del tutto particolare, questo è quello che andrebbe comunicato, trattando il “caso” molto raro per quello che è, e quindi allestendo una possibilità in più rispetto all’abituale modo di fare: offrendo al genitore la possibilità di parlarne subito con il medico, accelerando, se possibile, i tempi della procedura…. insomma mettendo in atto delle modifiche che dimostrino che di questa “eccezionalità”, che non è un “caso” ma un bambino in carne ed ossa con i suoi genitori, si tiene conto. Forse in questa ricerca di informazioni anche il pediatra curante potrebbe dare una mano ai genitori nella ricerca di informazioni più dettagliate presso chi gestisce lo screening. Questo ha a che fare con la professionalità della comunicazione in medicina.