Buongiorno, sto scrivendo la mia tesi di laurea in medicina e vorrei sapere se esiste qualche documentazione o articolo da cui attingere per quanto riguarda la distinzione della colonizzazione batterica polmonare e quindi della segregazione, attraverso l’assegnazione di un codice colore (bianco, giallo, blu, verde, rosso, marrone e Burkholderia cepacia) non solo ai bambini, ma anche a gli adulti. Grazie mille
Abbiamo riletto i documenti disponibili sull’argomento e non abbiamo trovato traccia di un suggerimento del genere (1). Ricordiamo che oggi, nei centri specializzati dove avvengono i ricoveri, e negli ambulatori dove si svolgono le visite di controllo, sono già adottate misure specifiche, tali da dividere i malati a seconda del tipo di batterio che presentano nelle vie aeree. Per esempio, un certo giorno della settimana sono visitati i bambini senza Pseudomonas aeruginosa e un altro giorno quelli con Pseudomonas e un altro giorno ancora gli adulti con Stafilococco multiresistente (MRSA) e così via. Visto che, comunque, è raccomandato ai malati di non socializzare fra di loro, a prescindere dal tipo di batterio, a chi sarebbe utile il codice colorato? Al personale di cura perché mantenga in base alla pericolosità del batterio in causa un controllo della segregazione più o meno alto? Una monitorizzazione delle colture più o meno frequente?
L’unico ricordo personale che abbiamo di codici che contrassegnano le persone, sono nastrini di un certo colore che al Congresso NordAmericano vengono assegnati ai malati che vogliono frequentare le sessioni scientifiche. Pur sconsigliando ai malati di intervenire al Congresso, dato l’enorme affollamento delle più svariate persone – più di 4000 ogni anno -, i pochi che per qualche ragione scelgono di partecipare portano un nastrino in modo che non capiti che casualmente siedano uno vicino all’altro. C’è da aggiungere che, sempre in quel Congresso, di spille o nastrini colorati ce ne sono di vario tipo e colore: un colore distingue per esempio il ricercatore o scienziato che presenta una relazione in una sessione plenaria – un riconoscimento di grande autorevolezza -, un altro chi fa il moderatore di qualche sessione, un altro ancora chi ha portato un contributo sotto forma di poster. Insomma, il contrassegno colorato non ha un significato solo stigmatizzante, ha un intento funzionale più comprensibile.
Come opinione personale, chi scrive ritiene che molto più dei contrassegni e dei codici di vario colore, sia utile l’opera d’informazione della persona con la malattia. Ad esempio, sono molto pochi i malati che conoscono quanto sia scesa l’incidenza della colonizzazione da Pseudomonas nei Paesi che adottano norme stringenti di prevenzione, e l’uso di strategie finalizzate al raggiungimento di consapevolezza e autentica adesione. Il malato FC è sempre e prima di tutto una persona e ridurlo attraverso un codice-colore ad una categoria più o meno pericolosa di batteri ci sembra una cosa molto pesante. Ci preoccupa molto l’eventuale impatto negativo e in questo senso suggeriamo la lettura accurata delle linee guida per sanitari FC (2), che in più punti richiamano alla necessità di alleviare il disagio psicosociale che le norme provocano.
1) www.cysticfibrosis.ca
2) CF Foundation Infection Prevention and Control Guideline for Cystic Fibrosis: 2013 Update Recommendations for healthcare professionals