Gent.mi Dottori, vorrei avere un vostro parere circa la perfezionabilità dei trattamenti su pazienti FC in trattamento con farmaci correttori/potenziatori, in particolare con ivacaftor. É presumibile, data la normalizzazione del test del sudore e del miglioramento di alcuni fattori, supporre che il paziente con fibrosi cistica venga trattato diversamente, per esempio ottimizzando il trattamento adottando farmaci in uso per la cura della BPCO, per limitare gli effetti delle bronchiettasie accumulate nel tempo? Alla luce di questo studio (italiano credo) www.atsjournals.org/doi/abs/10.1164/ajrccm-conference.2015.191.1_MeetingAbstracts.A5789 è presumibile orientare le cure per una diminuzione della produzione di muco attraverso molecole in commercio e ampiamente testate come la carbocisteina (associata o in alternativa all’acetilcisteina)? Offro questo esempio (magari sbagliando) sperando di avere considerazioni non solo su questo ma anche, a più ampio spettro, riflettendo sulla necessità di ottimizzare le cure in concomitanza della somministrazione di ivacaftor, onde non limitare i benefici che con esso si potrebbero ottenere. Potrebbe verificarsi (sensazione personale) che una diminuzione di muco dovuta a ivacaftor comporti, paradossalmente, una diminuzione dell’espettorazione e maggiore stagnazione dei muchi, vanificando l’effetto della normalizzazione della proteina sulle condizioni generali di salute. Grazie e mi scuso se l’argomento fosse mal posto. Cordiali saluti.
In sostanza, se abbiamo capito bene, questa duplice domanda potrebbe essere così riformulata:
1. Se il potenziatore ivacaftor corregge il difetto di base della fibrosi cistica, è pensabile che gli eventuali danni broncopolmonari accumulati e residuati dalla malattia prima del trattamento possano trarre beneficio trattando la patologia residua come se fosse una broncopneumopatia cronica ostruttica (BPCO)?
2. E’ possibile che ivacaftor favorisca il ristagno di secreti, correggibile appunto con farmaci impiegati in altre patologie broncopolmonari diverse da FC?
Innanzitutto va detto che, nei casi in cui è indicato (mutazioni CFTR di classe III o di gating), ivacaftor non può eliminare i danni broncopolmonari avanzati che la malattia ha determinato nel tempo, ad esempio le bronchiectasie. Tuttavia, li può ridurre o perlomeno può evitarne l’ulteriore evoluzione peggiorativa. Tra gli effetti benefici del farmaco c’è anche da aspettarsi che si riducano i processi infiammatori bronchiali e, tra questi, anche la ipersecrezione di muco, che potrebbe evidenziarsi con una diminuzione di espettorazione e soprattutto dell’espettorazione purulenta (dovuta a infezione/infiammazione), che non significa obbligatoriamente stagnazione del muco.
Dunque potremmo curare i sintomi bronchiali residui con farmaci impiegati in altre patologie croniche, che nulla hanno a che fare con la CFTR: vedi la BPCO. E qui viene il riferimento citato nella domanda: si tratta di un breve sommario relativo a uno studio clinico italiano su un gruppo di persone con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Si tratta di una malattia cronica dell’apparato respiratorio, molto diffusa, specie nelle persone anziane, che ha qualche somiglianza con la fibrosi cistica, anche se ha cause ed evoluzione diverse dalla broncopneumopatia FC. Il sommario segnala qualche risultato nella riduzione del numero di esacerbazioni respiratorie in associazione con il trattamento di carbocisteina.
Carbocisteina, noracetilcisteina, cisteina e altre molecole affini (mercaptoetano sulfonato, glutatione) sono dei tiol-derivati, intendendo con questo termine farmaci che contengono un gruppo chimico sulfidrilico (-SH, cioè zolfo unito a idrogeno, che conferisce il tipico odore sgradevole a queste sostanze). A queste sostanze è riconosciuta una attività antiossidante e anche una certa attività mucolitica e secretagoga (facilitante la fluidificazione dei secreti). In fibrosi cistica sono state sperimentate con diversi studi clinici, sia per somministrazione orale sia aerosolica. Tuttavia, una accurata e dettagliata revisione sistematica Cochrane (1) di 23 studi con questi farmaci ha concluso che, benché ben tollerati, essi non offrono evidenza di significativo beneficio clinico e quindi non si prestano al momento a raccomandarne l’uso in questa malattia. Migliore fortuna questi farmaci avrebbero nel trattamento della BPCO, anche se rimangono un trattamento di supporto collaterale.
Difficile dire se i tiol-derivati potrebbero avere spazio di impiego per ottimizzare la cura nei pazienti FC in trattamento con ivacaftor ed eventuali altri modulatori di CFTR. Non ci sono esperienze e studi in merito e al momento è comunque legittimo sollevare qualche dubbio, anche se pensiamo che non possano comportare danno.
1. Tam J, et al. Nebulized and oral thiol derivatives for pulmonary disease in cystic fibrosis. Cochraine Database Syst Rev. 2013 Jul 12;7:CD007 168.