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4 Luglio 2005

Conoscendo le mutazioni del gene CFTR è possibile prevedere il decorso della fibrosi cistica?

Autore: Anonimo
Domanda

Conoscendo le mutazioni del gene CFTR è possibile prevedere il decorso della fibrosi cistica?

Risposta

I termini del problema

Il gene CFTR è responsabile della produzione di una proteina, detta CFTR, che agisce sulla secrezione e sull’assorbimento di ioni (cloro in particolare) e acqua. Questa proteina è una sorta di canale normalmente presente sulla membrana delle cellule secretive: queste cellule si trovano nell’apparato polmonare, gastrointestinale, nel pancreas, nel fegato, nell’apparato riproduttivo. Se il gene CFTR è mutato, la produzione della proteina è alterata, di conseguenza il canale non funziona e le secrezioni che le cellule producono sono ispessite e dense: da qui i sintomi caratteristici della malattia.

Una peculiarità della fibrosi cistica (FC) è però anche il fatto d’essere “eterogenea”, vale a dire di avere entità dei sintomi e decorso molto variabile da malato a malato: alcuni nascono con ileo da meconio e manifestano sintomi polmonari precoci, altri hanno scarse manifestazioni polmonari e lunga vita. Perché?

Da quando il gene è stato scoperto, si è visto che le mutazioni a cui esso può essere soggetto sono numerosissime. Si è così ipotizzato che la variabilità della malattia fosse in relazione al tipo di mutazioni che il malato ha nel proprio corredo genetico. Ogni malato eredita una mutazione dal padre e una dalla madre: le due mutazioni possono essere uguali o diverse fra loro e l’insieme delle mutazioni si dice “genotipo CFTR”; l’insieme delle manifestazioni della malattia si dice “fenotipo” e l’argomento è conosciuto nel mondo scientifico come problema della “correlazione genotipo-fenotipo”.

Classificazione delle mutazioni

Si conoscono oggi più di 1400 mutazioni del gene CFTR. La mutazione più diffusa è la DF508, la cui frequenza varia notevolmente nelle diverse popolazioni: rappresenta il 50% delle mutazioni nell’Europa meridionale (Italia, Spagna, Grecia) e l’80-90% circa nelle popolazioni del Nord-Europa (Danimarca, Olanda, Regno Unito). Le altre mutazioni hanno in genere una frequenza compresa fra il 2 e il 5%, oppure sono caratteristiche di alcuni gruppi etnici, come la W1282X negli ebrei originari dell’Europa centrale, la 3659del C negli svedesi e, per venire alla realtà italiana, la T338I nei sardi, la 2183AA->G e R1162X nel NordItalia, un gruppo di cinque mutazioni particolari nel SudItalia.

In relazione alle alterazioni di struttura o di funzione che provocano nella proteina CFTR, le mutazioni sono state suddivise in 5 classi.

Le mutazioni di classe 1 sono quelle che riguardano la produzione vera e propria della proteina: in genere non è prodotta per niente o in scarsa quantità.

Le mutazioni di classe 2 (es: DF508) impediscono che la proteina prodotta “maturi”, vale a dire sia elaborata in modo tale da arrivare e poter funzionare normalmente sulla membrana della cellula.

Con le mutazioni di classe 3 e 4, la proteina è prodotta, si dispone sulla membrana della cellula e quindi il canale per il cloro esiste, ma è mal regolato (si apre e si chiude con difficoltà) oppure è poco permeabile al cloro stesso, che dovrebbe passare all’esterno della cellula.

Le mutazioni di classe 5 permettono la produzione di una piccola quantità di proteina funzionante.

Ricordiamo questa classificazione delle mutazioni perché rappresenta la linea di ricerca alla base degli studi sulla correlazione genotipo-fenotipo: si è ipotizzato che le mutazioni che incidono di più sulla produzione e sul funzionamento della proteina fossero quelle responsabili di sintomi più gravi di malattia in tutti gli apparati interessati e nel complesso della loro evoluzione.

Nella realtà delle cose, vale a dire, quando si sono applicate le conoscenze di laboratorio agli individui malati, il problema si è mostrato molto più complicato e la classificazione utile e abbastanza concordante con alcuni aspetti della malattia, ma non esplicativa di tutto.

Mutazioni uguali non danno uguali manifestazioni di malattia, tranne che quella pancreatica

Quando il gene è stato scoperto (1989), è stata identificata anche la mutazione più frequente: la DF508. Gli studi svolti hanno chiarito abbastanza rapidamente che i malati che avevano ereditato la DF508 sia dal padre sia dalla madre, quindi con genotipo DF508/DF508, avevano una caratteristica fondamentale della malattia, l’insufficienza pancreatica, mentre quelli che avevano la DF508 insieme con un’altra mutazione sconosciuta oppure entrambe le mutazioni sconosciute potevano talora avere pancreas funzionante.

Le mutazioni sconosciute sono state progressivamente identificate e distinte in “lievi” e “severe” riguardo allo stato del pancreas, cioè funzionante o non funzionante. Si è scoperto che tra le due mutazioni che il malato possiede c’è un’interazione, quindi nel caso che il genotipo sia composto di due mutazioni diverse fra loro l’effetto finale a livello di sintomi dipende dal risultato di quest’interazione. Se nel genotipo vi è una mutazione lieve assieme ad una mutazione severa, si è visto che per quanto riguarda il pancreas l’effetto della lieve prevale su quella severa e quindi si ha un pancreas che funziona. Conosciamo oggi una serie di queste mutazioni lievi, di cui citiamo alcune tra le meno rare: R117H, P205S, R334W, T338I, R347P, A455E, S549N, G551S, P574H, 1898+3A->G, 3849+10kbC->T, 2789+5G->A.

La loro correlazione con lo stato di sufficienza pancreatica è dimostrata in vari studi, in malati di tutte le popolazioni, apparentemente non influenzata da altri fattori che non siano le mutazioni presenti nel gene. Lo stesso si può dire delle mutazioni severe e della loro correlazione con l’insufficienza pancreatica. Nel corso degli studi vi sono state delle difficoltà nel classificare le mutazioni lievi o severe, in dipendenza del grado d’accuratezza usato nella diagnosi di funzionalità pancreatica, talora fatta grossolanamente e basata solo sulla decisione di supplementare la dieta con estratti pancreatici, piuttosto che in maniera corretta con esami clinici (valutazione dei grassi persi con le feci o analisi di enzimi pancreatici sempre sulle feci) o tecniche invasive (intubazione duodenale e stimolazione pancreatica). Altra difficoltà è il fatto che vi è in ogni caso un’evoluzione del quadro pancreatico con l’età e che alcuni malati con una mutazione lieve e sufficienza pancreatica nell’infanzia possono arrivare col tempo ad un certo grado d’insufficienza.

Quindi, la classificazione non ha un valore assoluto e ha anche delle eccezioni: per esempio la G85E è mutazione dal comportamento variabile: si comporta talora come severa e talora come lieve. Ma nel complesso si può dire che in base al tipo di mutazioni presenti nel genotipo del malato è ragionevolmente prevedibile lo stato del pancreas.

Ben più complicato è apparso fin dall’inizio il problema di prevedere in base alle mutazioni l’entità dei sintomi polmonari e la loro evoluzione. Fra malati con lo stesso genotipo, per esempio quello più frequente e quindi più indagabile, cioè DF508/DF508, la gravità dei sintomi risultava già dalle prime ricerche abbastanza variabile. Inoltre, paragonando fra loro i vari genotipi, non sembrava esserci un genotipo che rispetto ad un altro fosse in correlazione con una situazione polmonare buona o cattiva.

Mutazioni e manifestazioni polmonari

Molto più che il pancreas, il polmone è un organo in cui la malattia evolve con l’età; inoltre il polmone “comunica” con l’esterno: i tessuti bronchiali sono da un lato accessibili a virus e batteri, dall’altro ad interventi terapeutici di varia natura. Questi stessi interventi poi possono essere applicati a varie età e con modalità diverse. In sostanza, il polmone è molto più esposto del pancreas agli influssi dell’ambiente e alla quantità e qualità delle terapie.

Per chiarire il peso della componente genetica, bisognerebbe rendere il più possibile omogenei i fattori ambientali: in un modello ideale di ricerca i malati con lo stesso genotipo dovrebbero avere la stessa età e lo stesso sesso, essere sottoposti alle stesse terapie ed infine raggiungere un numero sufficiente per trarne conclusioni statisticamente significative.

Per avvicinarsi a questo modello fu istituito un gruppo di ricerca internazionale (vi parteciparono 14 paesi, tra cui l’Italia): the Cystic Fibrosis Genotype-Phenotype Consortium. I risultati di questo studio collaborativo indicarono che, nell’ambito di otto frequenti mutazioni prese in esame (DF505, G542X, R553X, W1282X, N1303K, 621+1G->T, 17171-1G->A, R117H), solo per una, la R117H, si poteva accertare una correlazione (benigna) con i sintomi polmonari(1). Le altre non sembravano caratterizzare in un senso o in altro i sintomi polmonari e quindi non potevano essere classificate in lievi o gravi com’era stato per il pancreas.

Negli anni successivi sono state condotte numerose altre ricerche, estese ad un pannello di mutazioni più ampio di quello indicato sopra. Tra le tante merita di ricordarne una in particolare che ha analizzato la vastità dei dati dei malati presenti nel Registro della CF Foundation Americana(2). Da questa ricerca si è visto che alcune mutazioni, che appartengono effettivamente al gruppo di quelle che meno alterano la produzione e la funzione della proteina CFTR (fra queste, oltre alla R117H: A455E, 2789+5G->A, 3849 +10kbC->T), potrebbero in una certa misura essere valutate come “lievi” rispetto al quadro polmonare(2). Il problema è aperto. Per il grandissimo numero delle restanti mutazioni per ora si può dire solo che l’andamento della situazione polmonare a livello individuale non ha una correlazione chiara con il tipo di mutazione, com’è invece per il pancreas.

Dato che il quadro polmonare condiziona la durata della vita, questo vuol dire che non c’è un genotipo che caratterizza francamente coloro che vivono più a lungo: lo conferma anche una recente ricerca francese nella quale, raccogliendo i più “vecchi” viventi di una popolazione di malati FC, si è visto che essi presentano una distribuzione molto varia di genotipi, del tutto simile a quella presente nei più giovani(3).

Ha preso così consistenza l’idea che nel determinare le manifestazioni polmonari, oltre all’influenza dell’ambiente, siano in gioco altri fattori genetici, ereditati in maniera indipendente dalle mutazioni del gene CFTR. Questa ipotesi è stata confermata dai risultati delle ricerche condotte su coppie di fratelli e coppie di gemelli malati. Era noto ai clinici che nei fratelli FC l’andamento del quadro polmonare poteva essere diverso tra loro in termini di maggiore o minore benignità. I risultati degli studi hanno indicato che solo le coppie di gemelli FC monozigoti (derivanti da un solo ovocita fecondato che si divide in due e quindi con patrimonio genetico identico in tutto e per tutto), hanno simile quadro polmonare; gemelli dizigoti FC (derivanti da due ovociti) e fratelli FC, che hanno uguali mutazioni CFTR, ma ereditano dai genitori anche altre caratteristiche genetiche, possono manifestare quadri di malattia anche molto diversi. In particolare è stato visto che un gene non ancora identificato, influente sull’assunzione di cibo e il consumo di energie, sarebbe presente in quelli che hanno forme polmonari più lievi(4).

Altri fattori genetici in grado di influenzare le manifestazioni e l’evoluzione della malattia

-Geni modificatori

Molti geni sono stati presi in esame per scoprire quale fra loro potrebbe esercitare il ruolo di “modulare” l’effetto delle mutazioni del gene CFTR e di conseguenza i sintomi polmonari della malattia. La ricerca dei geni detti “modificatori” non ha dato ancora conclusioni definitive.

Alcuni geni candidati sono quelli implicati nella risposta immunologica e infiammatoria, proprio perché la loro presenza o assenza potrebbe condizionare risposte diverse da soggetto a soggetto contro batteri e virus responsabili d’infezione respiratoria, oppure potrebbe modulare individualmente l’affinità della Pseudomonas aeruginosa per l’epitelio respiratorio.

E’ stato identificato un gene modificatore associato ad un rischio aumentato di presenza d’ileo da meconio, ma non con le manifestazioni polmonari della malattia. Ma “rischio aumentato” è solo un concetto statistico (indica maggiore probabilità) e non significa che quel gene modificatore determini direttamente quel tipo di complicanza nel caso singolo.

Altri geni sarebbero implicati nel produrre un rischio aumentato di malattia epatica CF(5).

-Genotipo CFTR con tre mutazioni (“alleli complessi”)

Il soggetto con malattia FC ha ereditato una mutazione dal padre e una dalla madre e le due mutazioni concorrono al suo genotipo FC. Di recente si è visto che, in rari casi, sullo stesso cromosoma che presenta già una mutazione può essercene anche un’altra, la cui presenza può accentuare o mitigare le manifestazioni della malattia.

-Polimorfismi del DNA

Il DNA che costituisce un gene ha una sequenza caratteristica e fissa d’elementi: una mutazione genetica è una variazione di tale sequenza, tale da dare segni visibili di malattia.

Il polimorfismo è sempre una variazione nella sequenza del DNA, ma la sua presenza nella gran maggioranza dei soggetti non produce effetti di malattia.

Nel gene CFTR sono stati identificati più di 300 polimorfismi che non sono associati a malattia.

La identificazione dei polimorfismi avviene attraverso tecniche di analisi del DNA che sono lunghe e complesse, utilizzate in genere per indagini particolari o per ricerca. Attualmente essi non forniscono molte informazioni nel campo delle forme “classiche” di FC, mentre hanno maggiore importanza nell’area delle “forme atipiche” di malattia (vedi sotto). Si è visto infatti che alcuni polimorfismi a volte non sono semplici caratteristiche individuali innocenti, perché in qualche modo influenzano l’azione del gene CFTR, in particolare quando sono in presenza di una mutazione ne accentuano gli effetti. Si dice che aumentano la “penetranza” della mutazione, cioè la sua capacità di dare malattia. E’ il caso del polimorfismo T, noto come Poli-T (T sta per Timidina che è un componente della sequenza del DNA), una caratteristica genetica molto diffusa: si stima che circa il 10% dei soggetti della popolazione generale siano portatori di un particolare Poli-T (5T), che può influenzare il modo di manifestarsi della malattia.

Tutti malati? No di certo, di questi quelli che hanno sintomi di malattia sono una piccolissima frazione. Infatti, l’importanza del Poli-T cambia moltissimo in relazione ad una serie di altri fattori genetici, solo in parte oggi conosciuti. In associazione con una mutazione del gene CFTR, più di rado due, il Poli-T (5T) si trova spesso in una forma atipica di FC che è causa d’infertilità maschile ed è detta “Atresia dei Dotti Deferenti”.

Forme atipiche di fibrosi cistica e malattie collegate alla fibrosi cistica

La forma “classica” di fibrosi cistica è quella che ha tutti gli aspetti fondamentali della malattia: un test del sudore con valori anormali, i sintomi respiratori e gastrointestinali e due mutazioni CFTR nel genotipo. Accanto alle forme classiche, oggi, molto più che in passato, si fa diagnosi di forme “atipiche”: si tratta spesso d’adolescenti o adulti, che presentano sintomi localizzati (ad uno o due organi) e non diffusi come nella FC classica. Di come evolvano nel lungo termine queste forme sappiamo ancora poco.

Spesso questi soggetti hanno nel loro genotipo una mutazione del gene CFTR identificabile e un’altra sconosciuta. Oppure sono portatori di una mutazione e di un polimorfismo particolare.

La presenza nel patrimonio genetico di un soggetto di un polimorfismo in associazione con una mutazione CFTR può comportare un’ampia e oggi ancora poco conosciuta varietà d’effetti: da nessun sintomo a un quadro atipico di malattia.

Infatti, il soggetto sano può “tollerare” la presenza di questi polimorfismi all’interno del gene CFTR, ma chi è portatore di una mutazione del gene CFTR, avendo una copia della mutazione su di un cromosoma e un polimorfismo rilevante sull’altra, potrebbe alla fine avere una riduzione nella quantità complessiva di proteina prodotta(6). Si è visto che la quantità di proteina necessaria non è uguale in tutti i distretti dell’organismo: alcuni sono più sensibili di altri alla scarsità di proteina e sarebbero quelli che per primi andrebbero incontro a sintomi. Per esempio l’apparato riproduttivo maschile sembrerebbe fortemente sensibile ad una diminuzione di proteina CFTR: di qui l’Atresia dei Dotti Deferenti, una forma di infertilità che rappresenta circa il 2% delle cause di infertilità maschile nella popolazione generale ed è comunque presente in almeno il 95% degli adulti FC con forma classica.

Vi è infine un gruppo di malattie che sono state definite “collegate alla fibrosi cistica” (ad esempio pancreatiti ricorrenti, aspergillosi broncopolmonare allergica): i sintomi di queste possono presentarsi nei malati di FC classica, ma anche in soggetti che “apparentemente” risultano spesso solo “portatori” di una mutazione CFTR, raramente di due. Quale sia il collegamento, in termini genetici o di altra natura, con la FC classica è tutto da scoprire(7).

Non tutto è genetico

Le mutazioni del gene CFTR possono essere definite lievi e severe solo riguardo al pancreas, mentre non è emersa una correlazione evidente fra la situazione polmonare e le mutazioni dei genotipi più comuni, responsabili di forme classiche di fibrosi cistica.

Tuttavia si stanno chiarendo aspetti importanti: i sintomi della malattia dipendono dalla qualità e dalla quantità della proteina CFTR prodotta; ma non in tutti i tessuti è necessaria la stessa quantità di proteina e taluni tessuti potrebbero attivare meccanismi di compenso alla presenza di una proteina scarsa o difettosa. E’ possibile che influiscano sulla proteina CFTR altri fattori genetici, che sono ereditati “a parte”, indipendentemente dalle mutazioni del gene, e che potrebbero combinarsi in modo molto “individuale” in ogni singolo malato.

Questo potrebbe spiegare la grande variabilità delle manifestazioni polmonari e la loro mancanza di correlazione con il genotipo FC. Solo per un piccolo numero di mutazioni, di cui abbiamo detto sopra, rispetto alle moltissime identificate, è stata dimostrata una certa correlazione con un andamento polmonare più lieve.

Il genitore di un bambino malato, il malato stesso, una coppia con una gravidanza FC, vorrebbero conoscere in base alle mutazioni l’andamento della malattia, che cosa ci sia “dietro l’angolo” e anche più in là, la durata della vita. Rispetto a questa domanda, la conoscenza delle mutazioni è di qualche aiuto nel predire la situazione pancreatica, ma non è in genere d’aiuto nel fare previsioni sulla situazione polmonare del singolo individuo, proprio perché non conosciamo “il resto” del suo patrimonio genetico. E non sappiamo quale influenza sulla malattia sarà esercitata dagli altri due importatati fattori chiamati in causa nell’interazione con quello che è genetico: l’ambiente e le terapie.

Proprio recentemente un’autorevole società scientifica americana, il Collegio dei Consulenti Genetisti, ha espressamente raccomandato a chi fa consulenza genetica di attenersi all’indirizzo di non fare previsioni individuali sulla base delle mutazioni(8). Bisogna aggiungere anche che per le mutazioni identificate più di recente, come pure per le mutazioni molto rare, l’impossibilità di fare previsioni è, se possibile, ancora più grande, perché sarebbe molto azzardato ragionare sulla scorta delle conoscenze di laboratorio e non sulla base di studi clinici (ovvero indagini sui malati con quelle mutazioni).

Nel frattempo guardando a quello che succede nella pratica di tutti i giorni dobbiamo sottolineare come sia frequente l’uso dei termini “lieve” o “severa” al di fuori di un contesto appropriato, con il risultato di creare una notevole confusione fra malati e medici.

Per esempio il medico definisce “lieve” o “severa” la forma di fibrosi cistica in base ad una valutazione generale del quadro clinico. Ma in questo ambito il termine è disgiunto dal genotipo del malato e ci può essere discordanza fra la valutazione clinica e il tipo di mutazioni e questo può creare notevole incomprensione.

Talora i malati, e talora forse anche i medici, sovrastimano l’importanza dell’identificazione delle mutazioni, quasi una sorta di verdetto od oroscopo fatto con criteri scientifici.

In base alle conoscenze attuali, essendo il problema della correlazione genotipo-fenotipo ancora non risolto, l’identificazione delle mutazioni riveste un’importanza pratica, piuttosto che per il singolo malato, per le coppie FC che intendono avere un figlio sano per mezzo di una diagnosi prenatale o per i parenti del malato che vogliono sapere se sono portatori.

Attribuire alle mutazioni presenti nel genotipo CFTR una assoluta capacità di determinare il decorso della malattia non è un buon atteggiamento: non tutto è genetico. Diamo alla genetica quello che è della genetica, ma diamo alle risorse complessive dell’individuo, agli effetti delle cure e ai progressi della ricerca un peso perlomeno equivalente.

1) Cystic Fibrosis Genotype-Phenotype Consortium “Correlation between genotype and phenotype in patients with cystic fibrosis”. N Engl J Med 1994; 330: 865-6

2) McKone E et all “Effect of genotype on phenotype and mortality in cystic fibrosis : a retrospective cohort study”. Lancet 2003; 361: 1671-76

3) Badet F et all “Phenotype and genotype of French cystic fibrosis patients with long survival and follow -up”. Eur J Intern Med 2004; 15: 238-241

4) Mekus F et all “Genes in the vicinity of CFTR modulate the cystic fibrosis phenotype in highly concordant or discordant F508del homozygous sib pairs”. Hum Genet 2003; 112: 1-11

5) Salvatore F et all “Genotype-phenotype correlation in cystic fibrosis: the role of modifier genes”. Am J Med Genet 2002; 111: 88-95

6) Rowntree R K et all “The phenotypic consequences of CFTR mutations”. Ann Hum Genet

2003; 67: 471-85

7) Frulloni L et all “Natural history of pancreatitis associated with cystic fibrosis gene mutations”.Dig Liver Dis 2003; 35: 179-85

8) Langfelder-Schwind E et all “Cystic fibrosis prenatal screening in genetic counseling practice: recommendations of the National Society of Genetic Counselors”. J Genet Couns 2005; 14: 1-15

Dr Graziella Borgo


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