“Infezione polmonare cronica da Stafilococco aureo”: questo è il referto di mia figlia, seguito da altre informazioni, “….ottime condizioni generali, Sao2=98%, FVC 99% FEV1 105%, FEV1/FVC 93%, FLOW50 99%…”. E allora, cosa vuol dire infezione polmonare cronica?
Le perplessità della nostra interlocutrice derivano da questa diagnosi di “infezione polmonare cronica” associata a dati di funzionalità respiratoria del tutto normali, con uno stato complessivo valutato ottimo.
In realtà la medicina si trova non raramente in difficoltà con le definizioni. Tentiamo di dare un piccolo contributo chiarificatore. Il tratto respiratorio può essere abitato da batteri, alcuni dei quali possono interagire strettamente con l’organismo oppure rimanere semplicemente degli ospiti “commensali”, come si dice.
La permanenza nel tempo di uno stesso batterio nel tratto respiratorio si definisce abitualmente “colonizzazione”, nel senso che il batterio ha occupato o “colonizzato” in qualche misura le vie aeree. Alcuni batteri, con il tempo, elaborano le loro armi di attacco all’apparato respiratorio, i cosiddetti “fattori di virulenza” (sostanze capaci di indurre una risposta di difesa o infiammatoria da parte dell’organismo). Di fronte all’attacco il polmone attiva gradualmente i suoi meccanismi infiammatori: afflusso di globuli bianchi killer nella sede di presenza del batterio, produzione di anticorpi e di sostanze che mettono in moto la lunga e complessa catena infiammatoria, inizialmente finalizzata alla difesa contro il nemico attaccante. A rigore, si dovrebbe parlare di “infezione” solo quando si mette in moto la risposta infiammatoria, e di “infezione cronica” quando questa risposta infiammatoria si prolunga alquanto nel tempo.
Talora può essere difficile dimostrare il passaggio dalla colonizzazione semplice all’infezione: non sempre disponiamo di marcatori chiari (esami) di questa condizione. E talora il meccanismo di infezione, come sopra descritto, può non accompagnarsi a sintomi apparenti: il soggetto che pur ha messo in azione le sue difese contro il batterio può stare bene e nemmeno mostrare compromissione funzionale del tratto respiratorio o alterazioni radiologiche al torace, almeno in un primo tempo.
Dunque, “colonizzazione semplice” o “infezione cronica”? Solo un insieme accurato di valutazioni cliniche e laboratoristiche lo possono appurare. Spesso si tende a semplificare parlando di “infezione cronica”, almeno per quei batteri che nella fibrosi cistica hanno una particolare propensione a determinare vera infezione persistente, come ad esempio Pseudomonas aeruginosa o Burkholderia cepacia o altri ancora. Anche lo Staphylococcus aureus ha la tendenza a persistere a lungo nei polmoni dei soggetti FC ma meno frequentemente diventa aggressivo e quindi responsabile di vera infezione: tuttavia le due condizioni sono spesso difficili da discriminare e quindi si finisce con l’usare l’espressione “infezione polmonare cronica” quando questo batterio è l’unico e stabilmente presente.