Sei in Home . Informati . Domande e Risposte . Ancora dubbi sull’aerosolterapia

20 Maggio 2005

Ancora dubbi sull’aerosolterapia

Autore: papà di giovanna
Argomenti: Aerosol
Domanda

Ringrazio per l’ottimismo della risposta. Tuttavia, insisto, le particele aerosoliche mi pare che non arrivino oltre i grossi bronchi e la somministrazione di dosi inadeguate, ci insegna la veterinaria, induce resistenze all’antibiotico. Non sono pertanto ancora convinto su quanto scritto e chiedo: le pubblicazioni di cui si parla nella risposta a quanti pazienti si riferiscono? da chi sono stati sponsorizzati quegli studi? in quale arco di tempo si sono svolti?

Risposta

Questa domanda fa seguito alla domanda e relativa risposta pubblicate il 13/04/2005: “Aerosolterapia antibiotica: è utile?”

L’aerosolterapia è una modalità terapeutica molto importante per la fibrosi cistica. Vi è una storia molto lunga di ricerca e di continuo miglioramento delle tecnologie per ottimizzarla, che prende avvio dagli anni 70. La discussione potrebbe essere perciò complessa e molto articolata. Risponderei alle perplessità del nostro interlocutore con i seguenti spunti:

– Il più recente studio di Laube (Chest 2000; 118:1069-1076) utilizza i radioisotopi per studiare la penetrazione polmonare di aerosol in malati di fibrosi cistica. Gli studi con radioaerosol sono gli unici che consentono di raccogliere dati quantitativi sulla deposizione polmonare di aerosol, compresa quella nella “periferia” polmonare. Lo studio conclude che per ottenere una penetrazione anche nelle piccole vie aeree sono determinanti il diametro medio delle particelle aerosoliche ed una modalità di respirazione dell’aerosol a minimo flusso inspiratorio (volume di aria che attraversa la sezione complessiva dell’albero bronchiale per unità di tempo). In sostanza, la deposizione polmonare di un aerosol costituito da particelle di circa 1 micron di diametro, inalato con un flusso inspiratorio medio di circa 18 L/min, è mediamente del 63% (DS 17,3%) rispetto alla radioattività inalata. Se si considerano particelle di diametro di circa 4 micron ed un flusso inspiratorio di 31 L/min, la deposizione polmonare media è del 43% rispetto alla radioattività inalata. Il rapporto tra inalazione del radioaerosol nelle parti più centrali rispetto a quelle più periferiche del polmone (C:P) passa da circa 3/1 a 2/1, se il flusso inspiratorio è il minimo possibile e si utilizzano particelle di aerosol di 1 micron di diametro. Certamente c’è variabilità di questi dati nei nove pazienti studiati, ma questo studio suggerisce che si può far penetrare un aerosol anche nella periferia broncoplmonare.

Poichè gli strumenti oggi a disposizione consentono una penetrazione polmonare di circa il 10% rispetto alla dose contenuta nell’ampolla, occorre adattare la dose di farmaco a questa modalità di somministrazione. L’inalazione di farmaco con erogatori pressurizzati (spray) o erogatori a polveri secche è più efficiente rispetto all’aerosol ottenuto con compressore ad aria. Ci attendiamo che le nuove proposte di antibiotici per via aerosolica offrano un progressivo miglioramento anche nella quota di penetrazione polmonare e nella quota di penetrazione periferica dei farmaci.

– Lo studio di Ramsey BW (N Engl J Med 1999; 340:23-30) sull’uso del Tobi (tobramicina per via inalatoria) è di buona qualità, trattandosi di uno studio randomizzato (assegnazione casuale di farmaco o placebo) e controllato (gruppo trattato contro gruppo placebo), in doppio cieco (né il paziente né i curanti conoscevano a quale gruppo era stato assegnato il paziente), ed ha incluso 520 pazienti. Il 90% dei pazienti ha completato lo studio, che ha avuto una durata di circa 6 mesi. Lo studio è stato condotto con il contributo di PathoGenesis (4 dei 12 autori di questo lavoro sono dipendenti di questa azienda), che è l’azienda che produce il Tobi negli USA, e co-finanziato dalla fondazione americana Cystic Fibrosis Foundation.

– Lo studio di Hodson ME (Eur Respir J 2002; 20:658-664) confronta il Tobi (tobramicina per via inalatoria) alla Colimicina (colistina) per via inalatoria. E’ uno studio parallelo che confronta due gruppi di pazienti, trattati con uno dei due farmaci per via aerosolica. Non si tratta di uno studio controllato con placebo ma i pazienti sono stati assegnati con modalità “random” (casuale) ai due gruppi di trattamento. Lo studio ha incluso 115 pazienti per un periodo di trattamento di 4 settimane. Il “drop out” (uscita dallo studio) ha riguardato il 10% dei pazienti. Un limite di questo studio è rappresentato dalla assenza di “cecità” negli esaminatori e nei pazienti.

Dr Cesare Braggion


Se hai trovato utile questa risposta, sostieni la divulgazione scientifica

Dona ora