Buongiorno, sono FC dal 1982 – diagnosi tardiva, ho legge 104 dal 2005, non fatta prima, dal novembre percepisco l’assegno di invalidità, ho iniziato a lavorare nel agosto 1984, nel 01/01/1986 sono stato disoccupato, per ricominciare a lavorare nel 03/03/1986 in maniera continuativa, al momento ancora lavoro, ma vorrei smettere per troppi problemi di salute, la mia pensione sarà quella dei contribuiti versati oppure quella dell’invalidità civile (truffa), se arrivo a 62 anni mi spetta una pensione più ”umana”? Questa patologia con tutti i problemi correlati ha un trattamento diverso da un punto di vista economico. Distinti saluti.
La persona affetta da fibrosi cistica può beneficiare di agevolazioni in ambito lavorativo e supporto al reddito grazie al riconoscimento dell’invalidità civile e della legge 104, di cui sicuramente è in possesso: ricordiamo che queste agevolazioni sono rivolte a specifiche “categorie”, ed essendo la fibrosi cistica una malattia invalidante e disabilitante, una persona affetta potrà accedervi per legge.
Quando lo stato di salute lo consente, la persona affetta da fibrosi cistica può svolgere un’attività lavorativa, anche full-time, purché con un carico di lavoro adeguato alla sua situazione e in contesti idonei e non dannosi per la sua salute. Quando invece la malattia inizia a prendere il sopravvento, e il malato inizia a riscontrare per esempio una maggior stanchezza nello svolgere il proprio lavoro, o un incremento del carico terapeutico e la necessità di dedicare maggior tempo alle cure e alla propria persona, è bene ricordarsi che sono previste dallo Stato italiano numerose tutele a supporto proprio della condizione di salute e di aggravamento; l’aver versato contributi nell’arco della vita lavorativa farà sicuramente la differenza.
Iniziamo con il ricordare che grazie all’invalidità civile del 100% che i pazienti adulti hanno, e mantenendo un reddito lordo annuo al di sotto di € 19.461,00 circa (limite fissato per il 2024), il lavoratore invalido può ricevere l’assegno mensile di invalidità civile (denominato in realtà pensione di inabilità agli invalidi), ovvero può beneficiare di una prestazione economica mensile erogata da Inps pari a € 333,00 circa (importo aggiornato al 2024 erogato per 13 mensilità), che si andrà a sommare quindi al reddito da lavoro.
Qualora il paziente lavorasse full-time e non fosse più in grado di sostenere tale inquadramento, grazie all’applicazione del Decreto attuativo del Job Act n.81/2015 questi ha diritto a richiedere e ottenere il passaggio al part-time (e viceversa se la condizione di salute dovesse migliorare); in questo modo, abbassando il reddito da lavoro al di sotto della soglia stabilita ogni anno, avrebbe la possibilità di rientrare nel diritto all’assegno mensile di invalidità descritto sopra e mantenere così un reddito mensile similare a quanto percepito con il full-time, ma con un carico lavorativo minore e maggior tempo per le cure.
Nel momento in cui la sua capacità lavorativa inizia a diminuire, il lavoratore può presentare domanda di assegno ordinario di invalidità: quando la richiesta viene accolta, ovvero viene riconosciuta dall’apposita Commissione Inps una riduzione della capacità lavorativa al di sotto di 1/3, Inps eroga un assegno calcolato sulla base sia dei contributi già versati (almeno cinque anni di versamenti contributivi di cui tre anni nel quinquennio precedente la domanda) sia del soddisfacimento dei requisiti richiesti sia amministrativi che sanitari (questi ultimi attraverso il modello di domanda Inps SS3). Tale beneficio, che ha validità tre anni e si può rinnovare tre volte dopodiché diventa definitivo salvo revisioni, consente al lavoratore di ricevere un assegno mensile che tiene conto dei contributi già versati e di continuare l’attività lavorativa in virtù della sua parziale inabilità lavorativa residua.
Se, invece, per alleggerire il carico lavorativo giornaliero (2 ore al giorno) o mensile (3 giorni al mese) si desidera usufruire della Legge 104 del 1992, che ricordiamo deve essere riconosciuta in forma grave (articolo 3 comma 3), il lavoratore disabile può scegliere di accedere alle agevolazioni orarie in ambito lavorativo: in questo caso, usufruendo dei giorni di permesso L.104 a ore (2 ore al giorno) potrà mantenere un full-time lavorando giornalmente due ore in meno, con il risultato che avrà un minor carico di lavoro conservando però uno stipendio pieno.
Quando il lavoratore ritiene che la sua condizione di salute si sia particolarmente aggravata e non sia più in grado di svolgere alcuna attività lavorativa, egli può presentare domanda di pensione di inabilità: in questo caso, sempre soddisfacendo i requisiti sanitari e amministrativi richiesti nonché sulla base dei contributi già versati come detto in precedenza, potrà essere sottoposto a valutazione e acquisire il diritto alla pensione di inabilità previdenziale (L.222/84) che ricordiamo può essere soggetta a revisione; in questo caso l’attività lavorativa è da considerarsi giunta al termine.
Ricordiamo infine che il lavoratore invalido matura due mesi di contribuzione figurativa in più l’anno, fino a un massimo di 5 anni di contribuzione figurativa utile ai fini del diritto alla pensione e all’anzianità contributiva; il lavoratore può così andare in pensione con 5 anni di anticipo (questi anni si applicano solo sugli anni effettivamente lavorati da invalidi con la percentuale di invalidità superiore al 74%) e il beneficio è utile ai fini della determinazione dell’anzianità contributive e di quella assicurativa, quindi incide positivamente sull’ammontare della pensione che il lavoratore riceverà. La richiesta deve essere effettuata dal lavoratore al momento della domanda di pensione, così da generare il calcolo esatto.