Salve. Io uso su mia figlia il Glutathione da più di un anno, per mia scelta. Devo dire che ho avuto dei risultati sorprendenti, soprattutto con la spirometria, che è salita al 100% rimanendo poi costante. Anche i ricoveri si sono diradati di molto. Tante altre persone lo usano e anche loro hanno confermato il beneficio da me descritto, magari la loro spirometria è ancora in salita anche se non raggiunge il 100%, ma sicuramente con ottimi risultati.
Volevo sapere perchè i Centri di riferimento sono restii anche solo a parlarne e perchè c’è tutto questo scetticismo da parte dei medici dei centri visto che a livello scientifico il glutathione ha una vastissima letteratura.
So che la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica ha dato delle risposte in merito a domande in proposito ma vorrei capire meglio cosa aspettano i Centri italiani ad avviare delle sperimentazioni scientifiche che possano permettere così ai pazienti di poter star meglio, visti i risultati ottenuti. Grazie
Le problematiche del glutatione in fibrosi cistica sono state trattate su questo sito in almeno una dozzina di occasioni, sia come risposte a domande poste dai visitatori sia come report di articoli scientifici. Per farsi un’idea di queste problematiche invitiamo a leggere alcuni di questi documenti, in particolare la risposta alla domanda del 21.02.08 (Studi clinici sul glutatione), che contiene anche numerosi links ad altri documenti sul tema. Crediamo pertanto di dover ripeterci, ma lo facciamo volentieri.
La sostanza del problema è che alcuni malati usano il glutatione, per iniziativa propria, come nel caso in questione, o per suggerimenti ricevuti anche da medici (non sappiamo se per bocca o per aerosol). Alcuni di loro sostengono di averne ricevuto beneficio, come nel caso della domanda. Queste segnalazioni sono sicuramente di incitamento a realizzare una seria sperimentazione, come quella che è in corso in Europa con il supporto di CF Foundation e Associazione Germanica Fibrosi Cistica. Il glutatione è una sostanza che ha ricevuto dalla comunità europea la qualifica di “orphan drug” (farmaco orfano), ciò che consente facilitazioni particolari, anche di natura fiscale, a chi volesse intraprenderne uno studio.
Circa lo scetticismo dei medici dei centri, forse andrebbe ridimensionata l’impressione ricevuta. I centri che seguono malati FC cercano di attenersi a programmi terapeutici che abbiano una qualche dimostrata evidenza di efficacia e di sicurezza. Il glutatione finora non dispone di evidenze (né positive né negative) basate su adeguati trial clinici, come lo è certamente quello in corso di cui abbiamo accennato più sopra. E’ vero che c’è parecchia letteratura scientifica sul glutatione: si tratta tuttavia in genere di ricerche di biologia di base, nell’ambito degli studi sull’infiammazione o sui processi di ossido-riduzione. Con riferimento alla fibrosi cistica, il database di PubMed riporta ad oggi 186 studi che si rifanno in maniera diretta o indiretta o collaterale al glutatione, ma solo tre piccoli studi clinici pilota hanno affrontato, con risultati contradditori o comunque non convincenti, la possibilità di impiego terapeutico sui malati. Già abbiamo avuto modo di dire che gli studi clinici su farmaci, per poter produrre evidenze di efficacia o di inefficacia, debbono seguire regole rigorose, tra cui: una sufficiente numerosità del campione di malati in studio; l’indispensabilità di confrontare un gruppo di trattati con il vero farmaco rispetto ad un gruppo di soggetti, con le stesse caratteristiche di età e condizioni cliniche dei primi, che ricevono invece un finto farmaco, denominato placebo (sostanza preparata in modo che il paziente non la distingua dal vero farmaco, senza alcuna azione farmacologica); assegnazione “randomizzata” (cioè con sistema casuale, che impedisca di scegliere chi trattare con l’uno o con l’altro) alla categoria farmaco o placebo; condizione di doppio cieco (né il malato né chi lo cura debbono sapere se viene assunto farmaco o placebo). Uno studio clinico deve poi rispondere ad alcuni altri quesiti, tra cui: ha il farmaco effetti collaterali indesiderati? qual’è la dose più efficace e più sicura? può interferire con altri farmaci? può avere controindicazioni?
La questione del placebo è fondamentale, perché sappiamo che con qualsiasi farmaco o rimedio di ritenuto effetto terapeutico si può avere, in un certo numero di casi, un effetto o positivo o negativo indipendentemente dall’azione farmacologia del farmaco stesso. I risultati positivi o negativi nello studio di un farmaco si misurano infatti nel confronto rigorosamente statistico tra quelli ottenuti con farmaco e quelli con placebo.
L’effetto placebo è ben noto, e la storia della medicina ufficiale o di quella popolare o alternativa è ricca di segnalazioni aneddotiche di benefici ricevuti da alcune sostanze assunte con intenti terapeutici (farmaci del commercio, farmaci sperimentali, rimedi omeopatici, estratti di piante, etc). Ricordiamo, per fare un esempio rimasto famoso, la “terapia Di Bella” per il cancro, prescritta in assenza quasi totale di evidenze scientifiche: quando si passò ad una verifica seria con trial clinici adeguati non si riuscì a dimostrarne l’ efficacia, sostenuta in precedenza da parecchi malati.