Vorrei sapere qual’è l’ambito di impiego dell’azitromicina nella fibrosi cistica.
Le indicazioni all’impiego dell’azitromicina (AZM) nella fibrosi cistica ci derivano da tre studi randomizzati e controllati contro placebo, pubblicati tra il 2002 e il 2003: il primo, australiano (pubblicato su Thorax 2002; 57:212-216), il secondo, inglese (Lancet 2002; 360: 978-984), il terzo USA (Journal American Medical Association 2003; 290:1749-1756). Il primo riguarda 45 adulti trattati per 3 mesi (24 trattati con azitromicina e 21 trattati con placebo), il secondo riguarda 20 trattati con AZM e 21 con placebo per 6 mesi in età tra 8 e 18 anni, il terzo include 87 pazienti trattati con AZM e 98 con placebo per 24 settimane in età maggiore di 6 anni. Nello studio americano erano inclusi solo pazienti con infezione cronica da Paseudomonas aeruginosa, mentre negli altri due vi erano anche pazienti senza Peudomonas, ma questi rappresentavano una esigua minoranza. I risultati ottenuti dai tre studi si assomigliano sostanzialmente: nei soggetti trattati con AZM mediamente si ha un miglioramento della FEV1 (parametro fondamentale di funzione respiratoria), un minor numero di esacerbazioni respiratorie e quindi un minore impiego di antibiotici addizionali, ed una migliore tenuta del peso corporeo rispetto ai soggetti trattati con placebo. Nello studio inglese si è visto che i risultati tendono a farsi evidenti solo dopo 3-4 mesi: questo suggerirebbe che per decidere se continuare il trattamento si dovrebbe valutare cosa succede dopo 4-6 mesi. In tutti e tre gli studi si ha una grande differenza di risultati tra i casi: accanto a casi che migliorano fortemente la funzione respiratoria vi sono altri che la peggiorano. Ancora non siamo in grado di prevedere quale sia il paziente che trarrà vantaggio dal trattamento. Al recente congresso di Anaheim gli studiosi americani hanno tentato di vedere quali dei loro pazienti hanno ricevuto maggiore vantaggio dall’AZM:sarebbero quelli con FEV1 inferiore al 60% , quelli che non facevano trattamento con TOBI e quelli che erano omozigoti per la mutazione DF508, ma i dati portati non sono stati molto convincenti. Allo stato attuale delle evidenze bisognerebbe quindi dire che l’azitromicina trova ambito di impiego, con una certa probabilità di efficacia clinica, in soggetti CF di età superiore a 6 anni. Se il trattamento vada riservato a pazienti con infezione cronica da Paseudomonas ancora non sappiamo, anche perché i soggetti entrati sinora negli studi controllati erano in grandissima prevalenza colonizzati da Pseudomonas (nello studio più grosso, solo colonizzati). Ad oggi non sappiamo se sia indicato il trattamento anche in bambini al di sotto dei 6 anni né se trova senso, a scopo preventivo, nei pazienti indenni da infezione e con normale funzione respiratoria (in particolare i bambini piccoli). Non sappiamo ancora se gli effetti che si possono ottenere nel medio termine (4-6 mesi) si mantengano anche oltre né sappiamo se vi siano effetti indesiderati del farmaco nel lungo termine (nel breve termine il farmaco appare ben tollerato). Questo non sapere,ovviamente, non vieta di trattare quando vi siano buone ragioni individuali per farlo ma suggerisce la necessità di sviluppare ulteriori studi sia per conoscere i meccanismi con cui agisce l’azitromicina sia per definire meglio l’ambito delle indicazioni terapeutiche per un farmaco che si è rivelato potenzialmente molto utile per questa malattia.