Il premio Nobel a due scienziate che hanno scoperto la rivoluzionaria tecnica del Genome Editing rafforza la prospettiva di correggere alla radice le malattie genetiche: fibrosi cistica verso “una cura per tutti”?
L’accademia svedese delle scienze ha assegnato il premio Nobel per la Chimica a Emmanuelle Charpentier, francese, e Jennifer Doudna, americana, per lo sviluppo di una tecnica capace di modificare la sequenza di basi che compone il DNA, la molecola della vita. È divenuta ormai famosa con il nome di editing genetico, vale a dire correzione genetica realizzata con tecnica CRISPR/Cas9 o analoghe. Il CRISPR/Cas9 è un sistema di proteine/enzimi che viene introdotto all’interno della cellula; l’enzima Cas9, il bisturi, viene portato da una guida esattamente sul frammento di DNA con sequenza sbagliata, lo elimina, ne favorisce la sostituzione con quello corretto e i due frammenti rimanenti si incollano. Si può intervenire direttamente sul DNA che compone un gene (DNA editing) o sul messaggero del gene (RNA messaggero e quindi RNA editing). Siamo ancora ai primi passi, ma la strada è aperta e promette bene. Non tutto è conosciuto, in particolare non abbiamo ancora sicurezze sulle modalità di trasporto del sistema all’interno della cellula. Ma poiché la tecnica è estremamente versatile e si presta per essere impiegata nei campi più svariati, è in atto un’accelerazione che è frutto di una notevolissima convergenza d’interessi (accademici, industriali, scientifici in generale). I risultati i potrebbero interessare per prime proprio le malattia genetiche, quelle in cui un errore, ovvero una mutazione riguardante a volte un tratto incredibilmente piccolo nelle lunghissima sequenza delle basi di un DNA genico, cambia per sempre la vita.
Nel campo della fibrosi cistica nell’ultimo decennio sono già stati fatti enormi progressi: sono stati realizzati farmaci che intervengono sulla proteina alterata prodotta dal gene CFTR mutato. Purtroppo la mutazione che può alterare il DNA di questo gene non è una sola, ve ne sono di vario tipo e alcuni malati ne hanno alcune, altri le hanno diverse. E non tutte sono curabili con i nuovi farmaci. Ecco allora che il gene editing si pone come la strategia universale applicabile potenzialmente a qualsiasi mutazione. In questo modo si potrebbe avverare l’attesa di “una cura per tutti i malati di fibrosi cistica”, oggi ancora non realizzata. Inoltre, poiché l’ipotesi è che, se s’interviene direttamente sul DNA, la proteina prodotta potrebbe essere simile a quella normale più di quella “corretta” con il farmaco, l’obiettivo sarebbe colpire più radicalmente il difetto genetico e avere così un’arma più efficace e risolutiva nei confronti della malattia. La speranza è che possa avvenire per la fibrosi cistica il passaggio importante che è avvenuto di recente per due malattie genetiche del sangue, la thalassemia e l’anemia a cellule falciformi per le quali sono in corso le iniziali speriemtazioni cliniche, con notizie di buon esito.
Fondazione FC ha investito in tre progetti basati sulla tecnica del gene editing: FFC#3/2019, che intende sfruttare la tecnologia CRISPR/Cas9 per neutralizzare il difetto CFTR-F508del; FFC#5/2018, orientato alla correzione di mutazioni stop del gene CFTR mediante editing dell’RNA messaggero; e FFC#1/2017 SpliceFix, che ha come obiettivo quello di riparare difetti di splicing del gene CFTR sempre tramite tecnologia CRISPR/Cas9.