Il gene CFTR è responsabile della produzione di una proteina omonima, localizzata sulla membrana superficiale delle cellule che rivestono i dotti e le cavità di molti organi. Questa proteina agisce come un canale che regola il passaggio di cloro e bicarbonato, garantendo la corretta idratazione delle mucose.
Il gene CFTR diventa difettoso quando la sequenza del suo DNA presenta un’alterazione, nota come mutazione. Attualmente, sono state identificate più di 2.000 mutazioni di questo gene. La più comune è la mutazione F508del.
Le diverse mutazioni hanno effetti variabili sulla proteina CFTR: alcune impediscono completamente la sua produzione, altre portano alla produzione di una proteina poco funzionante o presente in quantità ridotta. Questi difetti nella proteina CFTR sono alla base delle manifestazioni cliniche della fibrosi cistica.
Le mutazioni del gene CFTR, in base al loro effetto sulla proteina, sono state suddivise in sei classi (da I a VI). Questa classificazione aiuta a comprendere i diversi meccanismi di malfunzionamento e la loro gravità:
Le mutazioni appartenenti a queste tre classi sono associate alle forme più gravi di fibrosi cistica.
Questa suddivisione, già di per sé complessa, è ulteriormente complicata dal fatto che alcune mutazioni possono appartenere a più di una classe contemporaneamente, manifestando diverse modalità di malfunzionamento. Questo rende la diagnosi e il trattamento della fibrosi cistica una sfida personalizzata, basata sul tipo specifico di mutazione.
Il collegamento tra i tipi di mutazione del gene CFTR (genotipo) e la gravità della malattia (fenotipo) non è sufficientemente prevedibile per determinare con certezza come si manifesterà la malattia in un singolo paziente. Tuttavia, una parziale eccezione riguarda le manifestazioni della fibrosi cistica a livello del pancreas.
Le mutazioni appartenenti alle classi I, II e III sono tipicamente associate a insufficienza pancreatica, ovvero all’incapacità del pancreas di produrre una quantità adeguata di enzimi digestivi necessari per digerire e assorbire i grassi. In questi casi, è necessario assumere, a ogni pasto contenente grassi, capsule di enzimi pancreatici per sostituire quelli che il pancreas non produce.
Invece, le mutazioni delle classi IV, V e VI consentono una produzione limitata ma sufficiente di enzimi pancreatici. In questi pazienti, di norma (ma non sempre), non è necessaria la supplementazione di enzimi per via orale, poiché la funzione pancreatica residua è adeguata per la digestione.
Circa un italiano su 30 è portatore sano di fibrosi cistica. Questo significa che approssimativamente una coppia su 900 è composta da due portatori sani del gene CFTR mutato, con una probabilità del 25% per ogni gravidanza di avere un bambino affetto da fibrosi cistica.
Oggi, grazie ai progressi della genetica, è possibile identificare i portatori sani attraverso il test genetico del portatore, che viene eseguito in laboratori specializzati in tecniche di genetica molecolare. Questo test può essere effettuato su presentazione di una richiesta del medico curante, offrendo alle coppie informazioni fondamentali per pianificare il proprio futuro familiare.
Predire con precisione la gravità della malattia negli organi coinvolti, al di là del pancreas, non è possibile. L’impatto clinico della fibrosi cistica su ogni singolo paziente non dipende esclusivamente dalla coppia di mutazioni del gene CFTR, ma è influenzato anche da altri fattori genetici, detti geni modificatori.
Questi geni, che agiscono indipendentemente dal CFTR, possono aggravare o attenuare gli effetti delle mutazioni CFTR in modi che al momento non sono prevedibili. Questo complesso intreccio tra mutazioni principali e geni modificatori contribuisce alla grande variabilità nel quadro clinico della malattia, rendendo necessaria una gestione personalizzata per ogni paziente.
L’evoluzione della fibrosi cistica, e di conseguenza la durata e la qualità della vita, dipende da una combinazione di fattori. Questi sono in parte genetici, come le mutazioni del gene CFTR e l’influenza dei geni modificatori, ma anche legati a elementi di diversa natura.
Tra i fattori non genetici si annoverano le cure praticate e il livello di aderenza terapeutica da parte del paziente, l’ambiente di vita, che comprende famiglia, scuola, attività ricreative, sport, lavoro, socializzazione e condizioni climatiche, lo stile di vita adottato dalla persona, inclusa l’attività fisica, la dieta e l’attenzione alla salute generale.
La grande variabilità nella combinazione di questi fattori rende ogni malato unico. Pertanto, non è possibile formulare previsioni accurate sull’andamento individuale della malattia o sulla durata della vita, anche basandosi su solide evidenze scientifiche.
CAUSE E TRASMISSIONE
PORTATORI SANI
MANIFESTAZIONI ED EVOLUZIONE
DIAGNOSI
CURA