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12 Febbraio 2020

Consenso informato al trapianto d’organo: autodeterminazione dei minori

Può un minore decidere autonomamente se andare incontro a un trapianto d’organo, indipendentemente dalla volontà dei genitori? Con gli interventi di Anna Maria Baldelli (Magistrato a Torino), Elisabetta Bignamini (Direttore Pneumologia Pediatrica – Ospedale Regina Margherita di Torino), Stefano Geuna, (Rettore dell’Università degli Studi di Torino), Giancarlo Di Vella, (Direttore Medicina Legale, Università degli Studi di Torino), Maurizio Mori (Bioeticista Università degli Studi di Torino), Elena Nave (Bioeticista Ospedale Regina Margherita di Torino), si è svolta il 5 febbraio scorso, presso l’Università di Torino, la conferenza stampa di presentazione della Procedura del consenso informato al trapianto nei pazienti minorenni. Si tratta della prima proposta avanzata in Italia sul tema, per dare maggiore voce al paziente minore coinvolto in un intervento di trapianto d’organo.

Il problema nasce dal fatto che sul piano giuridico il minore d’età non possiede un vero e proprio diritto di autodeterminarsi nelle scelte di cura, in quanto è sottoposto alle scelte dei genitori, i quali possono chiedere o rifiutare i trattamenti, a prescindere dalla volontà del minore (1). Ora la Procedura pubblicata sulla rivista interdisciplinare Bioetica, attraverso alcuni test specifici, valuterà la capacità decisionale dei minori, con l’auspicio che possa diventare un modello standard per tutti gli ospedali italiani. L’obiettivo dei proponenti è superare l’idea che un individuo minore non sia in grado di decidere o comunque di contribuire significativamente, ed eventualmente in misura determinante, alle scelte terapeutiche che lo riguardano. La Procedura è frutto del lavoro di tre anni del Gruppo multidisciplinare “Autodeterminazione e minori d’età”, composto da 13 esperti, tra cui coloro che sono intervenuti alla conferenza stampa (1, 2). I casi in cui è stata sollevata la questione e a cui è più precisamente rivolta la Procedura sono quelli di giovani pazienti ammalati di fibrosi cistica (FC), che potrebbero essere sottoposti a trapianto polmonare; questa iniziativa vede anche il coinvolgimento di Lega Italiana Fibrosi Cistica (2).

Prendiamo atto dell’iniziativa, non senza la preoccupazione per un intervento che in una patologia complicata come la fibrosi cistica richiede, come lo richiede la patologia stessa, il coinvolgimento forte di tutta la famiglia del giovane paziente, sempre, ovviamente in sinergia con i sanitari che hanno in carico di cura la persona. Il trapianto di polmone in fibrosi cistica rimane ad oggi la strada da percorrere quando le strategie tradizionali per la cura di FC non sono più efficaci.

Per migliorare l’esito del trapianto di polmone nei pazienti FC, la fondazione FFC ha finanziato diversi studi, sia per prevenire esiti infausti come il rigetto acuto o cronico, sia per studiare tecniche innovative che affianchino il trapianto stesso. Oggi, la forte speranza che viene dalla ricerca è che i nuovi farmaci modulatori di CFTR, specie se somministrati molto precocemente, cambino la storia della malattia e rendano sempre più contenuto il numero dei malati cui proporre un trapianto d’organo. Per un aggiornamento sul trapianto di polmone in fibrosi cistica, si può anche fare riferimento a una rassegna pubblicata su questo sito nel 2017.

1) consultadibioetica.org/presentazione-della-procedura-del-consenso-informato-al-trapianto-nei-pazienti-minorenni
2) insalutenews.it/in-salute/procedura-del-consenso-informato-al-trapianto-nei-pazienti-minorenni-prima-proposta-avanzata-in-italia