Uno studio dei dati del registro FC americano (1) ha mostrato che solo il 65% dei pazienti FC con pneumopatia avanzata e intrattabile è inviato ai centri per il trapianto polmonare, allo scopo di eseguire la valutazione clinica sulla sua fattibilità; ne deriva un accesso al trapianto minore che in altri paesi, un minor numero di soggetti trapiantati e in definitiva curve di sopravvivenza dei malati FC americani meno brillanti rispetto a paesi anche molto vicini (es. Canada), dove il numero dei trapiantati è maggiore e con migliori risultati. Obiettivo principale di questa indagine voluta dalla Fondazione FC americana (CFF) è stato raccogliere informazioni da un lato sull’esperienza e conoscenza del timing (il giusto momento) per la valutazione pre trapianto da parte dei medici e dall’altro sulle decisioni che i pazienti prendono in relazione alla proposta (riferite sempre dai medici).
Sono stati contattati 119 medici, in genere pneumologi o internisti che lavorano presso i centri di cura specializzati per adulti FC, 86 medici affiliati FC (sono quelli che seguono pazienti FC di varia età in strutture più piccole) e 127 pediatri presso centri che seguono prevalentemente bambini con FC. Sul totale di 332 medici contattati, hanno risposto solo 114 (corrispondente al 34%) e soprattutto medici curanti degli adulti FC. Era un’inchiesta basata su 15 domande e alcuni rispondenti-pilota avevano mostrato che il tempo necessario per formulare le risposte era di circa 10 minuti. Si è svolta da fine gennaio a fine febbraio 2015.
Il 94% dei rispondenti ha detto di considerare come criterio principale per informare e inviare il paziente alla valutazione per trapianto il livello di funzionalità respiratoria, che secondo le principali linee guida in materia deve essere sceso al di sotto del 30% e mantenersi tale per due anni consecutivi. Il 79% ritiene indicata la valutazione pre trapianto anche in caso di declino molto rapido e non reversibile della FEV1; per il 96% entrambi i criteri sono utili. Da sottolineare che questa stretta applicazione del singolo criterio della FEV1 inferiore al 30% oggi è abbastanza superata da altri criteri che possono predire più correttamente l’andamento della malattia (si parla di modelli predittivi) perché mettono insieme una serie di variabili cliniche, fra cui ad esempio, oltre alla FEV1, la presenza di diabete o di particolari batteri nel polmone (2).
Riguardo ai batteri, un’ampia maggioranza dei medici intervistati (68%) ritiene che la presenza di uno specifico microrganismo (prevalentemente Bukholderia cenocepacia) sia un impedimento assoluto alla valutazione. Altre condizioni ostacolanti sono la presenza di un tumore, lo stato d’insufficienza renale, un quadro di nutrizione inadeguato (Body Mass Index, Indice di Massa Corporea, minore di 18), una grave epatopatia con insufficienza dell’organo, uno stato importante di depressione psicologica.
Le risposte date fino a qui sono abbastanza coerenti con alcune linee guida e non spiegano perché l’accesso al trapianto dei pazienti americani sia più limitato che in altri paesi. Infatti, la realtà dei dati del Registro FC americano dice che la valutazione pre-trapianto, in molti pazienti che dovrebbero affrontarla, o non viene fatta o viene differita. E questa inchiesta mette in luce un dato importante: per il 41 % dei medici la causa prevalente del differimento è la decisione personale dei pazienti di non accedere al trapianto. La seconda causa più frequente è la scarsa aderenza dei pazienti alle terapie, poi la presenza di problemi sociali nonchè problemi assicurativi ed economici. Non ci sono dati per sapere in che misura queste cause siano fra loro connesse.
È comunque interessante un commento fatto dagli autori della ricerca: dicono che la scelta del momento in cui proporre la valutazione per il trapianto fa parte dell’arte della cura del paziente FC. Non dicono che fanno parte di quest’arte della cura FC anche le modalità individuate per farsi carico dei problemi complessivi del paziente (non sempre risolvibili, secondo un certo stile americano, in base a protocolli o tecniche standardizzate). Farsi carico del paziente significa anche cercare le cause della scarsa aderenza alle terapie, scoprire i supporti possibili in caso di problemi sociali e/o economici e così via. Alla fine quest’arte speciale può (sempre nel rispetto dell’autentica decisione del paziente) tradursi in scelte diverse da quella del differimento della valutazione al trapianto; e forse anche per una miglior applicazione di quest’arte (questa è la nostra ipotesi) in Canada e in Europa l’accesso al trapianto è più elevato che nei centri USA.
1) Ramos KJ, Somayaji R, Lease ED, Goss CH, Aitken ML. “Cystic fibrosis physicians’ perspectives on the timing of referral for lung transplant evaluation: a survey of physicians in the United States”. BMC Pulm Med. 2017 Jan 19;17(1):21. doi: 10.1186/s12890-017-0367-9.
2) Buzzetti R, Alicandro G, Minicucci L, Notarnicola S, Furnari ML, Giordano G, Lucidi V, Montemitro E, Raia V, Magazzù G, Vieni G, Quattrucci S, Ferrazza A, Gagliardini R, Cirilli N, Salvatore D, Colombo C “Validation of a predictive survival model in Italian patients with cystic fibrosis.” J Cyst Fibros. 2012 Jan;11(1):24-9. doi: 10.1016/j.jcf.2011.08.007.