Rachele, sei campionessa italiana. Qual era l’obiettivo d’inizio campionato?
«Quando ho iniziato il Campionato Italiano Velocità Montagna l’obiettivo era vincerlo. Abbiamo lottato fino alla fine perché partecipavo anche a quello Mini Challenge e alcune gare erano concomitanti».
Un titolo scontato?
«Non bisogna mai dare niente per scontato. A Pedavena, per aggiudicarmi il titolo, dovevo arrivare prima o seconda. Ero in ansia: non erano ammessi errori. Niente falli, niente danni, massima concentrazione e competitività. Si è messo a piovere, poi è uscito il sole, ma l’asfalto non si asciugava. C’era molta curiosità sul tipo di gomme che avrei usato. Ho bluffato fino all’ultimo. Poi ho scelto quelle da bagnato. È andata bene».
Come si vince?
«I due giorni prima della gara mio padre controlla vite per vite, bullone per bullone che tutto sia a posto. Ci vuole decisione in pista, ma anche precisione nei box. Il mio impegno trova corrispondenza in quello dei meccanici. Nicola mi ha insegnato tutti i circuiti che non conoscevo. Ho cercato di fare tesoro del dono della sua esperienza. La vicinanza del pubblico conta allo stesso modo. È uno sprone, soprattutto per me che corro per fare conoscere la malattia con cui sono nata e per raccogliere fondi con cui finanziare la ricerca. Le persone che mi hanno sostenuta sono state tante. Vorrei poterle ringraziare a una a una».
Sabato Rachele correrà al Mugello nel tentativo di aggiudicarsi anche il Campionato Mini Challenge. «Di nuovo, non c’è nulla di scontato: dovrò arrivare alla fine» dice. Rachele corre in pista e anche quando lascia l’abitacolo della sua Mini: lo fa con la mente, non smette mai di programmare. «Spero di correre anche il prossimo anno e magari di fare diventare questa passione il mio lavoro».
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