Chi dovrebbe fornire informazioni sulle nuove possibilità di cure in campo FC, in particolare sui nuovi farmaci rivolti alle mutazioni del gene CFTR, spesso non è preparato. Il fatto è ancora più grave se a cercare le informazioni è una coppia che ha fatto una diagnosi prenatale ed è venuta a sapere della presenza di malattia FC nel feto. Si tratta di informazioni che possono avere un peso sulle decisioni che la coppia deve prendere. Queste le conclusioni cui arriva un’inchiesta svolta attraverso un questionario inviato a tutti i membri della Società Nazionale di Consulenza Genetica attiva negli Stati Uniti (1). Ne fanno parte circa 800 genetic counselors (consulenti genetici, ruolo che negli USA può essere svolto sia da un medico sia da un’infermiera specializzata). Hanno risposto in 157 (21%): avevano nella maggior parte dei casi buona esperienza nella gestione di una coppia che ha fatto una diagnosi prenatale per FC e, avendo il risultato in mano, deve decidere che cosa fare; in media ognuno aveva fino ad allora trattato 5 casi di diagnosi prenatali FC.
Il questionario, inviato nel gennaio 2013, era composto di una parte generale sulla malattia, cui faceva seguito la descrizione di due casi teorici su cui i consulenti dovevano esercitarsi, uno in cui il feto era diagnosticato affetto da FC con una mutazione G551D nel genotipo, un altro che aveva una mutazione F508del. Venivano infine fornite ampie informazioni scientifiche su ivacaftor (Kalydeco), all’epoca già approvato per il trattamento di G551D, e sui trial in corso con ivacaftor/lumacaftor (Orkambi), che non era stato ancora approvato per i pazienti con genotipo F508del/F508del.
Le risposte alla parte generale fanno conoscere che idea avessero i consulenti della malattia FC, in larghissima maggioranza convinti che FC determini un grave impatto sulla salute e sulla durata e qualità della vita, con necessità di pesanti cure quotidiane. Questi aspetti (e in quest’ordine) erano quelli che comunicavano alle coppie. Venendo alle informazioni sui nuovi farmaci, più della metà dei consulenti ha detto di ritenere che possono influenzare la decisione se continuare o no la gravidanza e quindi costituiscono un tema delicato. Purtroppo, sempre più della metà dei consulenti (58,2%) non aveva mai sentito parlare prima dei nuovi farmaci, altri (circa il 30%) ricordavano solo vagamente qualcosa. Messi al corrente dal materiale ricevuto, hanno in prevalenza espresso l’idea che questi farmaci possano influire soprattutto sui sintomi e sul peso delle cure della malattia, meno sull’allungamento dell’aspettativa di vita. Per cui, di fronte al caso pratico del feto con mutazione G551D, anche dopo essere stati informati, solo il 45% dei consulenti avrebbe parlato ai genitori di Kalydeco e dei risultati dei trial clinici. Erano preoccupati della mancanza di sperimentazione del farmaco nei bambini sotto i 6 anni e di quella a lungo termine, inoltre del costo, insostenibile per i più. Le perplessità espresse sul che cosa dire nei confronti del futuro Orkambi erano ancora maggiori che per Kalydeco: essendo Orkambi all’epoca non ancora approvato dalla FDA (Food and Drug Administration), il 54% ha detto che abitualmente non informa su farmaci ancora in fase sperimentale, il 45% ha invece detto di farlo. E comunque, la questione sembrava così spinosa che la stragrande maggioranza (75%), sia per Kalydeco che per Orkambi, avrebbe cercato sicuramente uno specialista a cui inviare la coppia per avere informazioni più complete e affidabili.
Colpisce che negli USA, paese in cui c’è da ipotizzare un discreto numero di diagnosi prenatali per FC, data la diffusione del test per il portatore di questa malattia, l’informazione sui nuovi farmaci FC sia così modesta, e lo sia anche in una categoria professionale che su questi aspetti dovrebbe essere molto aggiornata. Sarebbe interessante conoscere che cosa avviene nello scenario italiano, in cui le coppie di portatori neodiagnosticate non è certo elevato, data la minor diffusione del test, ma dove la diagnosi prenatale per FC purtroppo non è oggetto di alcuna sorveglianza o monitoraggio a livello organizzativo-procedurale. C’è da chiedersi se anche i consulenti genetici italiani sentano il bisogno di inviare le coppie a sentire le informazioni fornite da esperti (chi sono? I medici dei centri FC?). Da ultimo, a chi scrive sembra discutibile la posizione di omettere l’informazione su farmaci che non sono ancora approvati e quindi in commercio, ci potrebbe essere un’altra via praticabile che è quella di dire a che punto è la ricerca e dichiararne eventualmente i limiti e le incertezze.
1. Elsas CR, Schwind EL, Hercher L, Smith MJ, Young KG. Attitudes Toward Discussing Approved and Investigational Treatments for Cystic Fibrosis in Prenatal Genetic Counseling Practice. J Genet Couns. 2016 Jun 9. [Epub ahead of print].