Tante storie intrecciano la vita di Asia. La trama di quella con Marco ha contribuito a tingere di blu le sue giornate. «Ci siamo conosciuti al mare. Ero sotto l’ombrellone della mia compagnia. Arriva ‘sto ragazzo biondo, occhi azzurri, abbronzato, fisico da paura; mi guarda e mi fa: “piacere, Mancio”. Non ci siamo più visti. Un sabato pomeriggio di fine settembre, Vittoria, la mia migliore amica, mi chiede di accompagnarla al baretto dove la compagnia si riuniva. Vedo Marco che gioca a pallacanestro e mi siedo incantata a guardarlo. Lo pensavo ogni tanto, ma non credevo che l’avrei più incontrato. Lui non smetteva mai di guardarmi. Io facevo un po’ la sostenuta, anche se tornata a casa, subito l’amicizia su Facebook gli ho chiesto».
Asia inizia ad andare ogni giorno al Circolo perché anche Marco lo frequenta. «Siccome non me lo chiedeva di uscire, gliel’ho chiesto io – racconta Asia. Il primo di ottobre abbiamo fatto un giro in viale Trieste. Mi ricordo di avergli detto tutto subito, quella sera, perché mi stava iniziando a piacere molto. Se mi fossi innamorata e lui non avesse potuto e saputo accettare la mia situazione ci sarei rimasta male. «Se ti dovessi dire che sono in lista?» dice Asia. «Di cosa? Della spesa?» chiede Marco. «In lista d’attesa per un trapianto di polmoni» spiega lei. «Si affronterà la cosa quando sarà» risponde Marco.
«Giovedì 11 ottobre 2012 ho dato il mio primo bacio: fuochi d’artificio di tutti i colori in un cielo nero – ricorda Asia con lo sguardo acceso. Per fortuna ero appoggiata alla mia microcar, altrimenti cascavo. Da lì è iniziata la nostra storia. La contiamo dal 14 ottobre. La malattia ha influito molto nella nostra relazione, soprattutto nei primi tempi. Lui era immaturo. Aveva 19 anni. Non aveva capito esattamente la situazione. È stato attento da subito a tante cose, molte altre però gli sfuggivano. Gli mancava una relazione normale, come quella che aveva con la sua ex. A volte avevo episodi di emottisi, sapevo di ferro, tossire mi metteva a disagio. La cosa che mi dispiaceva di più era che quando andavo in ospedale lui non veniva mai a trovarmi, a meno che non glielo chiedessi io. Poi, quando arrivava, si buttava sulla poltrona e sbuffava. La mamma gli ha detto che non mi aiutava psicologicamente. “Asia sta morendo. Nessuno ti incolperà se non te la senti di starle vicino, ma non farlo forzatamente”, gli ha detto. È cambiato da così a così».
Del primo trapianto porta anche lui un segno: un geco tatuato che pure Asia ha sul braccio perché «lo hanno visto in molti durante l’intervento». Asia rinasce piena di entusiasmo. «Marco non mi dava stimoli: era senza lavoro, non studiava e io non accettavo da parte sua il fatto che non avesse voglia di fare nulla. Gliel’ho detto. Abbiamo preso una pausa e siamo stati male», non una sola volta, fino a capire di non potere fare a meno l’uno dell’altro. «Iniziando a lavorare, Marco è diventato più grande – spiega Asia. Ha altre priorità e sono diventata anch’io una priorità. Ora c’è più desiderio nel vedersi. È come un premio a fine giornata. Dobbiamo ringraziare mia madre che è stata molto permissiva. Ogni tanto Marco ha dei cedimenti: “avremo mai una vita normale?”, mi domanda. “No” dico io e gli chiedo di definire la normalità. “Una vita senza flebo, medicine” dice lui. “Mi hai conosciuta così e sarò sempre così. Avrò sempre bisogno di qualcosa” rispondo». Il 28 giugno 2015, il giorno prima dell’esame orale di maturità di Asia, Marco le dona un anello. «Anche lui, come il babbo, se potesse mi regalerebbe la Luna. È davvero il ragazzo con il quale voglio passare il resto della mia vita e senza il quale non riesco a pensare a un futuro. Se starò bene, se tutto va bene, a fine estate vorremmo cercare casa per andare a vivere insieme».
A Pesaro c’è il mare. «Il blu è il mio colore preferito da quando ero piccina – racconta Asia. Da quando sto con Marco è tutto blu», come il mare. Se “la cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime o il mare”, come scrisse Karen Blixen, ad Asia non ne fa difetto nessuna.