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15 Gennaio 2016

Ancora sull’ostinato rifiuto del cibo in piccola bambina con FC

Autore: Francesca
Domanda

Buonasera, vi ho scritto spesso e tante volte vi ho già sottoposte domande sulla nutrizione. Mia figlia ha 42 mesi (DF508). Ha sempre avuto poco interesse verso il cibo, non è mai stata per lei una cosa naturale, durante l’ora dei pasti c’è sempre stato un forte controllo da parte nostra per arrivare a mangiare qualcosa, ovviamente imboccata. Tutto ciò ha creato tantissimo nervosismo e sensi di colpa in noi figure genitoriali perché siamo arrabbiati ed esausti verso la bambina, per la sua chiusura verso il cibo e per il riflesso emotivo che questa guerra potrebbe creare in lei.
Abbiamo provato già da tempo a lasciarla libera, facendole fare degli assaggini e poi dandole il latte (con supplemento ipercalorico), ma la bambina anche per poco deve essere continuamente spronata e guidata. Per non parlare di quando beve il latte, un momento interminabile con tante pause, sembra non arrivi mai la fine.
La bimba è colonizzata cronica da Pseudomonas, ha spesso tosse ed è infastidita da questa. Auscultandola è pulita (l’ultimo ricovero è avvenuto 2 mesi fa) e la sua saturazione è buona (98/99), con battiti cardiaci 120. La mia più grande frustrazione sta nel non capire sino a che punto può essere questo un problema emotivo o invece legato alla patologia. Sino a che punto spingere e sino a che punto lasciare andare. Mi sembra di “lottare contro i mulini a vento”. Sembra sempre che abbia del catarro alto che la blocchi e in questi giorni c’è una chiusura molto rigida sul cibo e resistenza anche per il latte.
Non riesco a capire ciò che sta accadendo e come agire. Grazie in anticipo.

Risposta

Leggendo questa lettera è importante prima di tutto puntualizzare che il comportamento che la bambina ha verso il cibo può essere sicuramente spiegato su due piani, che non si escludono.
In presenza di fibrosi cistica si può avere una crescita ridotta e talora anche inappetenza, specie nei momenti di riacutizzazione della malattia respiratoria (*). Allo stesso tempo però tutti i bambini possono rapportarsi con il cibo e con le figure di riferimento che glielo propongono con un atteggiamento di confronto, provocazione e di forza, che nasce, moltissime volte, da una precoce ansia dell’adulto sul cibo, sulla sua necessità che il bambino si nutra secondo schemi preordinati e giustamente consigliati, ma che purtroppo poi nel singolo bambino hanno effetti diversi. Il volerli perseguire può creare, appunto, quella tensione nella relazione precoce adulto-bambino che porta quest’ultimo a cercare di comportarsi secondo i propri bisogni e tendenze, con la conseguenza di una difficoltà del rapporto davanti al cibo e al momento del pasto.
Questa realtà accade spesso nei bambini con fibrosi cistica, sia perché generalmente i genitori vedono la nutrizione adeguata come un obiettivo da non poter fallire, sia perché i medici sollecitano spesso in modo caloroso tale obiettivo sia perché effettivamente capita spesso che i bambini siano poco interessati al cibo, così che il rischio di un tiro alla fune tra essi e le loro figure di accudimento è assai frequente.

Per poter comprendere quanto nella bambina della domanda il rifiuto del cibo sia un fatto psicologico ascrivibile a questa tensione sul contesto o legato in modo più importante alla malattia, che credo aver capito essere il timore della mamma, sarebbe utile riflettere cosa fa la bambina con il cibo in ambienti esterni alla famiglia, ma non di meno confrontarsi con i medici che la seguono per chiedere di capire il loro livello di preoccupazione per lo stato nutrizionale della piccola.
Detto ciò e considerando l’età, credo che comunque una cosa utile sarebbe quella di incentivare la possibilità che la bambina abbia rapporti con il cibo fuori dalla famiglia, quindi scuola materna o amichetti o famiglie di parenti, con una certa regolarità, e cercare di capire cosa accade in tali situazioni.
I bambini piccoli che hanno scarso appetito rimangono a lungo critici nel rapporto con il cibo ed è facile che la loro modalità porti il genitore a cadere in certe trappole di “braccio di ferro” sui comportamenti, anche non solo alimentari, assai pericolosa per la rilassatezza e tranquillità del ruolo genitoriale stesso, per cui non è infrequente che i genitori esprimano proprio lo stato d’animo descritto in questa domanda. In questo senso, riuscire a fare qualche colloquio con uno psicologo aiuterebbe senza dubbio a cercare ruoli alternativi con i bambini così che, pian piano, si abbassi la tensione e i loro comportamenti appaiano maggiormente accoglienti, meno oppositori.

(*) Nota redazionale. Ripercorrendo il percorso di vita di questa bimba, che già conosciamo per precedenti domande, bisogna rilevare che c’è stata una storia clinica piuttosto pesante, partita con un ileo da meconio operato e rioperato, con una sequela di ospedalizzazioni che molto probabilmente hanno causato anche implicazioni di natura psicologica. E’ possibile che la patologia FC sia in questo caso consistente, per eventuali turbe digestive e di assorbimento intestinale ma anche per interessamento respiratorio, come accennato nella domanda. Queste situazioni possono comportare sicuramente di per sé rallentamento di crescita e inappetenza, conseguenze possibili anche del consumo aumentato di calorie legato alle eventuali complicanze respiratorie. Quanto la malattia a livello organico possa essere responsabile dei problemi denunciati nella domanda dovrebbe essere ben chiarito nel rapporto con i medici del centro di riferimento.

Dr. Paola Catastini, Psicologa presso il Centro Fibrosi Cistica di Firenze


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