L’offerta del test per il portatore sano FC a tutte le coppie che programmano di avere figli (screening del portatore nella popolazione generale) ha lo scopo di identificare quelle che sono a rischio di avere figli malati; una volta informate spetta loro prendere varie decisioni, fra cui quella di evitare la nascita di nuovi malati. Gli studi disponibili suggeriscono che con il diffondersi del test l’incidenza della malattia tende a diminuire, ma non si sa bene come questo avvenga. Sono scarse le informazioni sulle modalità scelte dalle coppie nella pratica (diagnosi prenatale e interruzione di gravidanza in caso di FC, diagnosi genetica preimpianto dell’embrione, adozione). Si sa poco anche delle opinioni di familiari e malati FC su temi così complessi. In questa ricerca (1), un questionario con risposta anonima è stato distribuito a 134 fra genitori e malati afferenti ad un centro FC del Belgio (nella città di Gandt). Il tasso di risposta è stato massiccio (84%): 65 erano genitori, 47 giovani o adulti con FC. Le domande erano formulate sotto forma di principi generali cui il rispondente doveva dichiararsi in accordo o in disaccordo. La quasi totalità (94,5%) conviene sul fatto che lo scopo dello screening debba essere l’identificazione delle coppie a rischio di avere figli con FC e la loro informazione. Però ogni coppia deve poter decidere liberamente se fare o non fare il test, senza ricevere pressioni (tutti d’accordo). La libertà di scelta rispetto alla proposta è prioritaria: infatti il 54% ritiene che se la coppia decide di non farlo non deve essere stigmatizzata e considerata irresponsabile nei confronti della genitorialità. Il 61% è d’accordo su di una posizione (che non è quella sostenuta a livello scientifico) e cioè che lo scopo dello screening dovrebbe essere quello di evitare nuove nascite di malati. Questo è coerente con il fatto che dicono anche che sarebbe meglio che lo screening fosse offerto alle coppie in epoca preconcezionale (d’accordo l’86%), ma è accettabile anche a gravidanza avviata (d’accordo nel 72% dei casi), con le implicazioni quindi di una eventuale interruzione, peraltro in una fase molto delicata per la persona, che toglie serenità alle decisioni.
Una parte (32%) si dichiara preoccupato della possibilità che lo screening porti a diminuire gli investimenti nella ricerca di nuove terapie per la FC. E il 23% ritiene che i portatori sani, una volta identificati, avrebbero problemi con l’accesso a polizze assicurative in tema di salute. Infine, le figure ideali candidate ad offrire il test sarebbero i ginecologi o i genetisti, certamente non i medici di famiglia o altri sanitari implicati nella medicina generica (ritenuti candidabili solo dal 10% dei rispondenti).
Nel complesso quindi, una panoramica di opinioni molto interessante, che ha il limite di essere stata raccolta fra gli afferenti a un unico centro e basata su di una numerosità non elevatissima. Ci si chiede dunque quanto possa essere rappresentativa di un quadro più generale, tenuto conto anche che siamo nell’ambito di un territorio che ha una sua cultura e sue tradizioni, non obbligatoriamente rapportabili a quelle di altre realtà.
1) Janssens S, Chokoshvilli D, Binst C et all. “Attitudes of cystic fibrosis patients and parents toward carrier screening and relative reproductive issues”. Eur J Hum Genet 2015 Jul 29