La prevalenza della complicanza diabetica in Fibrosi Cistica aumenta progressivamente con l’età, essendo presente quasi nel 50% dei pazienti di età superiore ai trenta anni. Di regola compare solo nei pazienti con insufficienza pancreatica clinicamente manifesta ed è causata principalmente da inadeguata secrezione di insulina. Nella patogenesi del diabete in FC gioca, però, un ruolo importante anche l’ aumentato fabbisogno di insulina per aumenta resistenza dei recettori periferici, dovuta soprattutto alla condizione di infiammazione cronica propria della malattia.
Il trapianto polmonare, arma terapeutica allo stato attuale insostituibile nelle fasi più gravi di insufficienza respiratoria, è una condizione potenzialmente aggravante la tolleranza glucidica del paziente, soprattutto a causa della terapia immunosoppressiva, con uso di farmaci che tendono ad alterare il metabolismo glucidico, necessari nella fase post trapianto. A tutt’oggi, però, non esistevano dati sul reale impatto del trapianto polmonare sulla complicanza diabetica. In letteratura sono descritti casi aneddotici di trapianti polmone-pancreas o polmone-insule pancreatiche, che si sono dimostrati efficaci sulla evoluzione della malattia diabetica almeno nel breve termine, pur a fronte di una maggiore complessità dell’atto operatorio.
In una recente pubblicazione (1), gli Autori pubblicano i risultati di uno studio retrospettivo basato sulla casistica in regolare follow up presso il loro Centro FC, osservata nel periodo 2005-2010.
Il disegno dello studio ha previsto, nei pazienti giunti al trapianto con terapia insulinica in atto, la valutazione del compenso glucidico tre mesi prima del trapianto, un anno dopo e due anni dopo il trapianto stesso. Sulla base del grado di compenso, i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: un gruppo con buon controllo (gruppo A) e un gruppo con controllo insoddisfacente (gruppo B). Per buon controllo si intende un quadro metabolico che necessita di basse dosi di insulina quotidiane e presenta buoni livelli di HbA1c come indicatore del compenso glicemico nel tempo.
Sono entrati nello studio 29 pazienti (età media 29 anni, range 24-34). Nel periodo pre-trapianto 19/29 pazienti (65,5%) appartenevano al gruppo A. Nel gruppo A, dopo un anno dal trapianto erano compresi 21 dei 27 pazienti rimasti in studio (77,8%) e, dopo due anni dal trapianto, 14 dei 18 pazienti rimasti in studio (77,8). Quindi, la maggior parte dei pazienti passa ad una situazione di buon controllo delle glicemie (confermata anche da una significativa diminuzione media del valore di HbA1c) e addirittura la terapia insulinica viene sospesa in 5 pazienti che avevano riacquistato un soddisfacente controllo metabolico senza terapia ipoglicemizzante. Tutti i pazienti in studio avevano effettuato terapia cortisonica e immunosoppressiva al medesimo dosaggio, avevano migliorato il loro stato nutrizionale e avevano intrapreso un programma di attività fisica. Le variabili di sesso, età al trapianto, stato nutrizionale e rigetto acuto in anamnesi non sono risultate, all’indagine statistica, significative sull’evoluzione del compenso metabolico.
Gli Autori concludono affermando che, al contrario dell’atteso peggioramento, la condizione preesistente di diabete, dopo il trapianto polmonare può migliorare in modo significativo nella maggioranza dei pazienti. Viene anche affermato che, con ogni probabilità, erano migliorati quei pazienti in cui lo stato di anomala tolleranza agli zuccheri era causata soprattutto dalla aumentata resistenza periferica all’insulinae, tornata alla norma in portatori di polmoni non FC e quindi non più soggetti a infezione cronica.
Come gli Autori stessi osservano, questo studio ha il difetto di aver fatto riferimento ad una casistica limitata e di aver raccolto solo dati retrospettivi e quindi limitati rispetto alle informazioni potenzialmente utili per chiarire l’argomento. Come possibile bias, alla lettura dei risultati, sottolineano inoltre che l’attività fisica effettuata e resa possibile dal miglioramento della prestazione respiratoria può avere avuto un impatto importante anche sul miglioramento della condizione metabolica.
Rimane comunque inalterato il notevole valore di questo studio che ipotizza un ribaltamento della previsione comune di un peggioramento del diabete post trapianto. Inoltre ne viene il suggerimento di caratterizzare con esami metabolici accurati nel pre-trapianto, se il diabete è indotto da una effettiva carenza di insulina (per danno del tessuto pancreatico) oppure da una aumentata resistenza all’insulina legata allo stato di infiammazione-infezione respiratoria cronica, che in alcuni soggetti di questa ricerca, dopo il trapianto, è nettamente migliorata. Questo è particolarmente importante nella prospettiva di poter realizzare, insieme al trapianto polmonare, quello di frammenti di tessuto pancreatico (le “insule” che producono insulina). Solo nel caso di diabete da carenza di insulina vi sarebbe l’indicazione a farlo, dal momento che il lavoro suggerisce che negli altri casi vi potrebbe essere un miglioramento dopo il trapianto.
1. Valour F. “Outcome of Cystic Fibrosis-Related Diabetes Two Years after Lung Transplantation”. Respiration DOI: 10.1159/000339928