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15 Dicembre 2014

Efficacia di Ivacaftor sulle mutazioni di gating diverse da G551D (trial KONNECTION): pubblicati i risultati

G. Borgo


I risultati di massima del trial clinico mirato a valutare l’efficacia di Ivacaftor in 9 mutazioni con difetto simile alla famosa G551D sono già stati resi noti dalla compagnia Vertex e dal congresso di Atlanta. Ma ora esce la pubblicazione che permette una valutazione più approfondita.

Il difetto in questione per le mutazioni di “gating” riguarda l’apertura e chiusura del canale CFTR (funzione chiamata appunto di “gating“). Il trial clinico era stato avviato nel giugno 2012 e si è concluso nell’ottobre 2014. Questo l’elenco delle mutazioni incluse: G178R, S549N, S549R, G551S, G970R, G1244E, S1251N, S1255P, G1349D. La frequenza dei malati con tali mutazioni è complessivamente modesta: 1% circa di tutti i pazienti FC secondo i dati americani, ma è possibile che ci siano variazioni importanti fra le varie nazioni (in Italia sono almeno il 2,5%). Nello studio erano 39 soggetti, 22 americani e 17 europei, con un’età media di 23 anni, ma ampio range: minimo 6 anni, massimo 57. La situazione respiratoria di partenza mediamente era discreta (FEV1 valore medio 79%). Test del sudore con cloro elevato (maggiore di 80 mMol/L) e nella maggior parte dei casi insufficienza pancreatica. Ben 24 su 39 avevano come seconda mutazione DF508

Il disegno del trial era abbastanza complesso: studio randomizzato, controllato con placebo e doppio cieco, inoltre “cross over” e periodo di “washout”. Un disegno del genere mira ad ottenere ripetute misure per ogni paziente, esposto alla condizione di trattamento o non trattamento (placebo); il periodo di washout (= interruzione per lavaggio) serve a creare un intervallo fra una condizione e l’altra, in modo che non si trascinino eventuali effetti del farmaco (in modo che ogni ciclo di trattamento abbia le caratteristiche di un primo ciclo). La seconda parte del disegno era invece “in aperto” e mirava a studiare l’effetto del farmaco somministrato in maniera continua e prolungata (6 mesi).

Colpisce nei risultati l’effetto immediato di Ivacaftor sulla funzionalità respiratoria: è già evidente dopo appena due settimane di trattamento e fra le quattro e le otto si assesta su una media di recupero di 10 punti percentuali di FEV1; mentre con il placebo la FEV1 rilevata nei tempi corrispondenti ha un tracciato in continua discesa. Con la somministrazione prolungata e continua viene dimostrato che la FEV1 continua a migliorare nel tempo fino a 4 mesi dall’inizio della sperimentazione, di lì in poi sembra stabilizzarsi, con un valore medio di recupero pari a 14%. Esiste quindi un valore soglia massimo per il miglioramento funzionale? Secondo gli autori, per alcune mutazioni sì, per altre no. Interessante anche la descrizione degli eventi avversi verificatisi sia durante ivacaftor che durante placebo: sono riacutizzazioni respiratorie (quindi ivacaftor non elimina completamente i sintomi respiratori) ma si verificano in maggior numero con il placebo piuttosto che con ivacaftor. Nessuna reinfezione è così seria da costringere il paziente ad abbandonare la sperimentazione.

Il test del sudore per effetto di Ivacaftor “crolla”: il valore del cloro diminuisce mediamente di 59 millimoli/L. Ma per alcune mutazioni la diminuzione è maggiore, per altre minore. Nel caso della mutazione G970R il decremento è addirittura modestissimo. Eppure per tutte e 9 le mutazioni le prove su modelli cellulari in vitro avevano detto che Ivacaftor risultava efficace: fondamentale, dicono gli autori, continuare a cercare modelli in vitro ancora più potenti nel predire la risposta clinica.

1) De Boeck K, Munck A, Walker S, Faro A, Hiatt P, Gilmartin G, Higgins M. Efficacy and safety of ivacaftor in patients with cystic fibrosis and a non-G551D gating mutation. J Cyst Fibros. 2014 Dec;13(6):674-80. doi: 10.1016/j.jcf.2014.09.005. Epub 2014 Sep 26.