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16 Dicembre 2011

I malati FC diagnosticati per screening presentano un migliore decorso della malattia rispetto a quelli diagnosticati per sintomi

Dott.Laura Minicucci, Centro Regionale Ligure FC, Ospedale Gaslini, Genova

Lo screening neonatale per la FC riguarda una larga parte della popolazione generale degli Stati Uniti, Canada, Australia ed Europa e, nelle sedi in cui si sono accumulati ormai molti anni di esperienza, è possibile tirare le somme per verificare l’impatto che esso ha sul decorso della malattia.

Nell’ambito del Centro FC del New South Wales in Australia lo screening neonatale è iniziato nel 1981 e gli Autori hanno potuto, quindi, osservare, nell’ambito di un considerevole periodo di follow up, se e in che misura la diagnosi precoce di FC si associa nel tempo a condizioni cliniche migliori nei soggetti affetti (1). I pazienti entrati nello studio sono stati divisi in due gruppi: il primo gruppo era composto di bambini che, essendo nati nei tre anni precedenti all’avvio dello screening, avevano avuto una diagnosi per sintomi (Gruppo A) e il secondo era composto di bambini nati nei tre anni successivi all’avvio dello screening e grazie a esso diagnosticati (Gruppo B). Tutti i pazienti arruolati sono stati valutati a 19 anni di età, al momento cioè del passaggio dal Centro Pediatrico al Centro dell’Adulto. Sono entrati nello studio 79 pazienti: 38 del Gruppo A e 41 del Gruppo B. Di tutti i pazienti sono stati raccolti i dati clinici e anagrafici al momento della diagnosi: sesso, presenza d’ileo da meconio, età gestazionale e peso alla nascita, presenza d’insufficienza pancreatica, età alla diagnosi. I pazienti nei due gruppi differivano in modo significativo solo riguardo l’età media alla diagnosi che era pari a 7,1 mesi per il Gruppo A e 1,6 mesi per il Gruppo B.

Il confronto a 19 anni dimostrava che i pazienti del Gruppo B erano mediamente in condizioni respiratorie significativamente migliori e avevano un migliore stato nutrizionale. Contrariamente a studi precedenti, inoltre, risultavano colonizzati in misura minore da P.aeruginosa. La migliore evoluzione della malattia nel Gruppo B risultava più evidente all’età di 19 anni rispetto a quella rilevata in altri studi ad età inferiori (2). All’età di 25 anni, dai dati del Registro Nazionale di Malattia, risultavano deceduti o trapiantati di polmone un numero significativamente più alto di pazienti nel Gruppo A rispetto al Gruppo B (25 contro 13).

Gli Autori concludono che la validità di una diagnosi precoce viene affermata con evidenza dai dati da loro raccolti. Di fatto, con l’allungamento del periodo di osservazione, il vantaggio associato allo screening non solo risulta confermato, ma diventa ancora più significativo.

A commento di questo lavoro, come già parzialmente gli Autori stessi segnalano, va osservato che, come in tutti gli studi retrospettivi, i dati raccolti risultano incompleti. Di rilievo, ad esempio, la mancata informazione sull’assetto genetico della mutazione CFTR nei pazienti studiati. Senza questa informazione è difficile, infatti, poter fare confronti fra gruppi omogenei di pazienti, tenendo conto del fatto che lo screening diagnostica anche forme molto lievi di malattia, mentre i soggetti diagnosticati per sintomi nei primi anni di vita hanno maggior probabilità di presentare forme di malattia più severe.

Conclusivamente, pur con questi limiti, lo studio è di valore, perché, sulla base del lungo periodo di follow up, ribadisce con forza che la strada dello screening neonatale della FC, intrapresa dalla Comunità Internazionale, è la strada giusta per prevenire al meglio i problemi clinici legati alla malattia. Questo è possibile con le attuali strategie, e diventerà ancora più fattibile quando fossero disponibili le nuove terapie, frutto della ricerca di questi ultimi anni.

1) Dijk FN et al.” Improved survival in cystic fibrosis patients diagnosed by newborn screening compared to a historical cohort from the same centre” Arch Dis Child Dec 2011;300449

2) Mastella G. et al. ” Neonatal screening for cystic fibrosis : long term clinical balance” Pancreatology 2001; 1:531-7