Si discute da tempo se la malattia FC abbia un andamento più severo nelle femmine rispetto ai maschi, vale a dire se il sesso femminile abbia un “gap” (uno svantaggio) rispetto a quello maschile, per cui le femmine andrebbero incontro a sintomi più precoci e più frequenti e alla lunga avrebbero una minore attesa di vita. Fino a qualche anno fa le ricerche indicavano come sicuramente esistente questo gap, poi più di recente è stato suggerito che le differenze vanno scomparendo.
Scopo di questo lavoro (1) è indagare la questione nella popolazione di malati Scandinavi (assistiti nei centri FC di Svezia, Norvegia, Danimarca), attraverso lo studio dei principali parametri clinici, delle complicanze e della necessità di terapie.
I risultati ottenuti indicano che sia fra i bambini che fra gli adulti FC di questi centri, maschi e femmine sono del tutto simili per quanto riguarda lo stato nutrizionale e la funzionalità respiratoria. Però nell’arco di tempo osservato (un anno), un maggior numero di femmine vanno incontro a infezione da Pseudomonas aeruginosa e da alcune specie di Burkholderia cepacia complex; più femmine che maschi sono trattati con antibiotici in vena o per aerosol e con cortisonici; e sempre le femmine passano un maggior numero di giorni in ospedale.
Si tratta di uno studio collaborativo multicentrico (8 centri), i dati sono stati raccolti nel periodo 2001-2003, riguardano complessivamente 890 pazienti, tutti con insufficienza pancreatica. Sono “adulti” (definiti così quelli di età eguale o superiore a 19 anni) il 53% del totale e, al momento dell’inclusione nello studio, hanno in media 27 anni. I restanti sono definiti “bambini”, hanno un’età compresa fra pochi mesi e 18 anni (in media 10 anni). Fra gli adulti, i maschi sono in numero superiore alle femmine: 208 (55.3% ) rispetto a 168 (44.7%) e la differenza è statisticamente significativa. Invece i valori di BMI (Body Mass Index, una misura dello stato nutrizionale) e di FEV1 sono simili fra maschi e femmine: in particolare la FEV1 ha un valore mediano nei bambini pari a 88% e nelle bambine pari a 87%; fra gli adulti, 67% nei maschi e 63% nelle femmine. Il diabete compare prima nelle donne (età mediana 16.8 anni rispetto a 19.8 nei maschi), ma la differenza non è significativa. Differenze un po’ più spiccate fra maschi e femmine si hanno per quanto riguarda l’infezione polmonare: al momento dell’ingresso in studio, sia fra i bambini che fra gli adulti, vi è una leggera prevalenza del numero di femmine che hanno infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa; ed è nettamente maggiore il numero di femmine adulte che hanno infezione da specie di Burkholderia. Nel corso dell’anno di osservazione è maggiore il numero di femmine adulte che diventano cronicamente infette da Pseudomonas. Le differenze sul piano infettivo possono anche spiegare perchè le femmine facciano un maggior numero di cicli antibiotici e di ricoveri ospedalieri.
Quindi, secondo gli autori dello studio un certo gap che rende la malattia FC più insidiosa nelle femmine rispetto ai maschi esiste ancora ed è dimostrato dalla diversa suscettibilità all’infezione polmonare cronica da Pseudomonas aeruginosa e Burkholderia cepacia. Questa maggiore suscettibilità andrebbe confermata, secondo noi, allargando la casistica e il periodo di osservazione, in modo che la significatività statistica (che per ora esprime solo “una tendenza”) sia più robusta. Se il dato fosse confermato, sarebbe importante ai fini delle decisioni da assumere nel campo della prevenzione e terapia dell’infezione. In effetti, ricerche recenti hanno messo in luce come ci sia nelle femmine FC una variabilità della funzionalità respiratoria durante il ciclo mestruale, dovuta alle influenze ormonali. E inoltre che gli estrogeni possono intervenire sul meccanismo di secrezione del cloro agendo su canali diversi dalla proteina CFTR.
1) Olesen HW, Pressler T et all. “Gender differences in the Scandinavian Cystic Fibrosis Population”. Pediatric Pulmonology 2010, 29 luglio [Epub]