Questo studio prospettico (1), della durata di quattro anni, è stato realizzato presso il Centro FC di Firenze. Lo scopo era questo: conoscere il rischio che ha un malato FC non colonizzato da Pseudomonas aeruginosa di venire in contatto con questo batterio nel corso delle visite ambulatoriali; e quindi capire se l�ambulatorio stesso può rappresentare la causa dell�acquisizione di Pseudomonas.
Il centro FC di Firenze segue 180 pazienti FC, e il suo ambulatorio esegue circa 1100 visite l’anno. Nel periodo preso in considerazione per la ricerca (settembre 2001-settembre 2005) ogni paziente ha fatto una media di sei visite per anno. Nella programmazione delle visite i malati sono stati suddivisi in gruppi differenti a seconda dei batteri presenti nell’escreato (un gruppo era quello con escreato privo di batteri o con solo Stafilococco aureo, un altro quello con Pseudomonas aeruginosa non resistente, un altro con Pseudomonas resistente, un altro con Burkholderia cepacia ) e sono stati visitati in stanze diverse e in tempi diversi (mattino o pomeriggio). Le pratiche di disinfezione adottate sono state molto rigorose (disinfezione con prodotti a base di cloro, due volte al giorno, di tutte le superfici, arredi e strumenti dell’ambulatorio, e naturalmente dei lavandini con annessi sifoni di scarico).
Il primo giorno lavorativo di ogni mese al mattino sono stati raccolti i campioni per le culture dei germi, passando un telino sterile sulle superfici inanimate dell’ambulatorio ( pareti, scrivania, sedie, computer etc) e nei lavandini. Sono stati così raccolti 460 campioni, 230 dalle superfici e altrettanti dai lavandini. L’indagine batteriologica è stata mirata alla ricerca di Pseudomonas aeruginosa, Burkholderia cepacia, Staphylococcus aureus, Stenotrophomonas maltophilia e Achromobacter xyloxidans.
Sono risultati positivi per uno di questi patogeni il 36% dei campioni: nel 22.8% la positività era per Pseudomonas aeruginosa; positivi sono stati soprattutto i campioni prelevati dai lavandini (49% dei casi), però anche una certa quota (23%) di quelli provenienti dalle superfici. In base ai dati raccolti è stato calcolato un “indice di rischio” per il paziente in visita ambulatoriale di venire a contatto con Pseudomonas ed è risultato pari a 5,4% ( il contatto naturalmente non implica automaticamente colonizzazione o infezione). Importante però il fatto che nel periodo di quattro anni Pseudomonas non è stato mai ritrovato sulle superfici della stanza di visita riservata ai pazienti senza Pseudomonas e questo conferma l’utilità di suddividere i pazienti a seconda dei patogeni presenti nell�escreato.
Gli autori dello studio sottolineano il fatto che anche altri studi, di minor durata, hanno dimostrato la presenza di Pseudomonas nei lavandini (con una prevalenza variabile dal 45% all’87% delle culture), ma nessuno aveva pensato di controllare le superfici dell’ambulatorio. In questo modo si è visto che anch’esse possono essere sede di Pseudomonas, nonostante siano adottate scrupolose misure di disinfezione. Il rischio che questo comporta è comunque modesto, più importante è quello rappresentato dall’uso dei lavandini, che rappresentano una riserva più importante di Pseudomonas: la misura suggerita è di preferire la disinfezione delle mani con alcol piuttosto che il loro lavaggio al lavandino; e naturalmente valida è la pratica di stanze separate per le visite, e la frequente pulizia e disinfezione di tutto l’ambiente di visita ambulatoriale.
Un pregio della ricerca è stato quello di affrontare in maniera scientifica e corredare di numeri “trasparenti”, e quindi di evidenze, un argomento che può costituire una fantasia minacciosa per molti genitori di bambini FC e per i malati FC di qualsiasi età. La pratica dell’attenta sorveglianza del problema, lo studio che ne è fatto allo scopo di capirne di più e darne soluzione, è la garanzia e la rassicurazione che i curanti possono fornire.
1) Festini A et all “Patient risk of contact with respiratory pathogens from inanimate surfaces in a cystic fibrosis outpatient clinic. A prospective study over a four-year period “
Pediatric Pulmonology 2007; 42:779-784