Questa (1) è una bella e originale ricerca australiana su di un tema delicato: che cosa pensano di fare (e che cosa fanno poi in realtà) le mamme di bambini affetti da FC riguardo alla scelta di avere altri figli. Per valutare quello che con termine tecnico si chiama “comportamento riproduttivo”, e valutare se c’è differenza fra quello ipotizzato e quello attuato nella realtà, sono state invitate a rispondere ad un questionario (somministrato attraverso intervista diretta o per telefono), 56 mamme che avevano un bambino affetto da FC in cura presso il Royal Children Hospital di Victoria, Australia. All’epoca della prima intervista i bambini con FC avevano un’età compresa fra i due e i sette anni e dalla diagnosi di FC erano passate in media circa 6 settimane (da tre giorni a 3 mesi).
Quasi tutte le stesse mamme (43 su 56) sono state intervistate cinque anni dopo; le domande a cui rispondere erano le stesse: riguardavano la conoscenza degli aspetti genetici ed ereditari della malattia, lo stato di salute del bambino affetto da FC, il desiderio d’altri figli, l’attitudine (ovvero la “disponibilità all’uso” ) verso la diagnosi prenatale e l’interruzione di gravidanza.
Colpisce un dato reale fornito dalla ricerca: dopo 5 anni dalla diagnosi, ben 26 donne su 43 (60%!) hanno avviato una o più gravidanze, per un numero complessivo di 55 gravidanze. Il 62% delle donne aveva dichiarato in teoria di non volere altri figli dopo quello malato, ma oltre la metà di loro ha poi cambiato idea, perché hanno visto il bambino con FC in buona salute e perché si sono sentite meglio a distanza dalla diagnosi.
I cambiamenti ci sono stati anche nell’attitudine alla diagnosi prenatale: inizialmente l’82% delle donne ha dichiarato che l’avrebbe usata in caso di gravidanza, mentre poi è stata effettivamente usata meno del previsto : nel 67% delle gravidanze.
Nei casi in cui è stata fatta diagnosi di FC (5 casi su 33 gravidanze indagate) la gravidanza è stata sempre interrotta. All’inizio il 52% delle mamme aveva detto d’essere favorevole all’interruzione in caso di patologia e il 28% era contraria. Ma in seguito l’89% di quelle che hanno richiesto la diagnosi prenatale ha detto che avrebbe interrotto la gravidanza se il risultato fosse stato di malattia FC.
Anche i padri sono stati invitati a rispondere all’intervista, ma lo hanno fatto in numero così scarso da impedire una valutazione. Il loro parere sarebbe stato importante, visto che, per esempio, riguardo all’opinione sull’interruzione di gravidanza, il 21% delle mamme ha riferito che il partner aveva un parere diverso dal loro.
Sicuramente in questa ricerca appare notevolmente alto il numero delle donne che hanno una nuova gravidanza, come pure il numero delle gravidanze totali: per confronto, un dato relativo a mamme italiane (2) indicava come solo il 17% di loro avesse avviato una nuova gravidanza dopo il primo bambino con FC. E’ vero che i periodi storici delle due ricerche sono, per varie ragioni, scarsamente paragonabili (2000-2006 quell’australiana, 1986-1991 quell’italiana), ma resta comunque una grossa differenza.
In Australia le mamme con il tempo cambiano idea: non solo riguardo al numero dei figli, ma anche riguardo all’uso della diagnosi prenatale, che è meno di quanto pensato all’inizio. Se la diagnosi prenatale viene però usata, il fine è quello di avere un figlio solo se sano (aumenta infatti col tempo, nelle donne disponibili ad usarla, l’attitudine all’interruzione di gravidanza). Gli autori della ricerca sottolineano la diversità dei loro risultati rispetto alle ricerche svolte in altri paesi, da cui in genere appare, come in quell’italiana, che dopo la nascita di un bambino malato si verifica una marcata riduzione dei progetti e dei comportamenti riproduttivi delle coppie FC. Le ragioni alla base della “diversità” australiana sono probabilmente complesse e quelle ipotizzate (molta diffusione di informazioni sulla FC e sui miglioramenti delle cure FC, possibilità di ampia conoscenza e accesso alla diagnosi prenatale) ne rappresentano solo una parte.
1)Sawyer SM, Cerritelli B et all “Changing their minds with time : a comparison of hypothetical and actual reproductive behaviors in parents of children with cystic fibrosis”.
Pediatrics 2006; 118 September 3: 649-656
2)Borgo G, Fabiano F et all “Effect of introducing prenatal diagnosis on the riproductive behaviour of families at risk for cystic fibrosis. A cohort study”. Prenat Diagn1992; 12(10) 821-830