Gli autori di questa ricerca (1) hanno ipotizzato che il livello degli indici di infiammazione comunemente dosabili nel sangue del malato FC sia in correlazione con l’andamento della malattia polmonare misurato attraverso i valori di FEV1. Per dimostrarlo, attraverso una ricerca retrospettiva, hanno messo insieme una casistica di 63 malati FC con un’età maggiore di 30 anni (in media 39), in condizioni di stabilità di malattia. Li hanno suddivisi, secondo il valore di FEV1, in malati con malattia severa (FEV1 minore di 45.5%), media o moderata (FEV1 fra 45.5 e 50.9% ) e lieve o molto lieve ( FEV1 maggiore di 59.8%). Hanno quindi raccolto i valori degli indici infiammatori indagati prima o in occasione dell’ultimo controllo della funzionalità respiratoria (in un intervallo di tempo al massimo di un anno in più o in meno rispetto al controllo respiratorio)
Gli indici infiammatori valutati erano: proteina C reattiva (PCR), IgE totali, IgG totali, AAT (alfa1-antitripsina), numero dei globuli bianchi totali e percentuale dei neutrofili.
Hanno studiato con modelli di analisi statistica se c’era una relazione fra la FEV1 e gli indici infiammatori (analisi univariata e regressione lineare multivariata). Fra tutti gli indici infiammatori esaminati sono risultati strettamente correlati con la FEV1 la PCR (forte correlazione) e le IgG (buona correlazione). La correlazione consisteva in questo: più basso il valore di FEV1, più elevati i valori di PCR e IgG. Il valore di FEV1 è risultato diminuire di circa 5 punti percentuali (5%) per ogni aumento di due volte del valore di PCR; e di circa 2 punti percentuali (2%) per ogni aumento di 100 mg% di IgG. Sulla correlazione non aveva influenza il tipo di mutazione presente nel genotipo dei malati né la loro età al momento dello studio.
La ricerca conferma l’importanza del processo infiammatorio nell’evoluzione della malattia polmonare FC: la PCR è una proteina che entra in gioco in una fase acuta dell’infiammazione, ma che in seguito dà l’avvio alla produzione di sostanze responsabili di danneggiare il tessuto polmonare. Mentre un livello elevato di IgG può indicare una risposta immunitaria esagerata, ma inefficace contro Pseudomonas aeruginosa. E questo livello, tanto più elevato quanto più basso il valore di FEV1, suggerirebbe proprio la difficoltà di eliminare il batterio e la progressione della malattia in presenza di una persistente, ma controproducente, risposta infiammatoria.
E’ una ricerca che è utile ai medici FC perché fornisce evidenze a quanto già noto nella pratica clinica e fra i vari indici infiammatori ne identifica due più importanti degli altri. Il suggerimento che ne può derivare è di usarli nel monitoraggio della progressione della malattia e nella valutazione della risposta alle terapie. E’ però una ricerca, lo dicono già i suoi autori, che ha dei limiti: il fatto di essere retrospettiva e utilizzare un solo dato trasversale nel tempo; il modello migliore sarebbe una ricerca prospettica, con una valutazione longitudinale dell’andamento di PCR e IgG nel tempo, e su una casistica di malati di tutte le età, non solo adulti.
1) Levy H et all “Inflammatory markers of lung disease in adult patients with cystic fibrosis”
Pediatr Pulmonol 2007; 42:256-262