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14 Gennaio 2008

Cruciali interrogativi sul trapianto polmonare in pazienti CF di età inferiore a 18 anni

G.M.

Il trapianto polmonare è diventato una opzione terapeutica ormai largamente adottata per i pazienti CF con malattia all’ultimo stadio, quando cioè le cure non sortiscono più effetti, le esacerbazioni sono troppo frequenti e l’aspettativa di vita si è fatta problematica. Si misurano oggi in generale risultati confortanti dal trapianto sul prolungamento della durata di vita, che è il principio fondamentale su cui si basa il trapianto stesso, ma anche sulla qualità di vita, almeno fino a quando non compaiono complicanze importanti come il rigetto cronico. Non era abbastanza chiaro peraltro se questi vantaggi del trapianto fossero equivalenti tra i soggetti in età adulta e quelli di età inferiore ai 18 anni. A questo quesito Theodore G Liou, dell’Università dello Utah in Salt Lake City, con il suo gruppo, ha cercato di dare risposte sulla base di uno studio epidemiologico-statistico di vasta portata. Abbiamo conosciuto il Dr Liou al Seminario di Primavera organizzato dalla Fondazione FFC nel maggio 2007, nel quale egli ci anticipò alcuni risultati del recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine (1).

Lo studio prende in considerazione tutti i pazienti CF degli Stati Uniti posti in lista di attesa per trapianto polmonare tra il 1992 e il 2002. I dati sono ricavati dal Registro dei pazienti CF della CF Foundation USA (31.394 pazienti) e da quello dell’Organ Procurement and Transplantation Network (OPTN) USA (21.679 pazienti in lista): praticamente tutti i pazienti CF posti in lista d’attesa negli USA in quel periodo. 602 erano i pazienti CF di età inferiore a 18 anni così identificati. Sono stati esclusi quelli per i quali mancavano informazioni indispensabili ed alla fine sono entrati in questo studio retrospettivo 514 pazienti (l’85% di tutti pazienti in lista), di cui 248 furono sottoposti a trapianto e 141 morirono in lista di attesa. Il tempo medio di attesa in lista per i trapiantati fu di 1 anno e 2 mesi.

L’effetto del trapianto sulla sopravvivenza è stato misurato attraverso un modello statistico piuttosto sofisticato denominato “proportional-hazard survival modeling”. Questo modello prende in considerazione numerose variabili cliniche registrate prima dell’inserimento del paziente in lista di attesa e ne studia l’interazione con l’intervento di trapianto in funzione del tempo. Il risultato atteso è il livello di probabilità (rischio o “hazard”) che il trapianto polmonare rappresenti un vantaggio o un danno o sia indifferente, rispetto alla sopravvivenza, sulla base delle condizioni cliniche del paziente valutate subito prima dell’inserimento in lista. In parole povere è un tentativo di stabilire a posteriori (conoscendo la storia degli eventi dopo il trapianto) quale aspettativa di vita sarebbe stata da attendersi dal trapianto rispetto a quella da attendersi senza trapianto quando il paziente è stato posto in lista d’attesa.

La sopravvivenza mediana dopo trapianto (= probabilità del 50% di sopravvivere a quell’età) nei soggetti trapiantati è stata di 2,84 anni. Questo corrisponde ad una stima di sopravvivenza a 5 anni del 32,9%, mentre la sopravvivenza a 5 anni dal trapianto stimata per tutti i pazienti CF degli USA (inclusi gli adulti) è del 46,9%.

Il problema affrontato da Liou è stato quello di stabilire se il trapianto avesse rappresentato un vantaggio di sopravvivenza per i pazienti in lista di attesa ed eventualmente se vi erano criteri in base ai quali si sarebbe potuto prevedere quali pazienti avrebbero ricevuto vantaggio e quali no.

Le variabili cliniche considerate in partenza erano numerose (26) ma solo 4 di esse, assieme al trapianto, risultarono efficaci per il modello statistico e furono quindi inserite nel modello definitivo: l’età (inferiore o superiore ai 12 anni), il diabete, la colonizzazione da Stafilococco aureo, l’infezione da Burkholderia cepacia. L’età più avanzata risultò associata con una previsione di maggiore sopravvivenza prima del trapianto ma con una minore sopravvivenza dopo il trapianto (ipotesi: gli adolescenti hanno meno aderenza alle terapie); il diabete prima dell’ingresso in lista era associato con una previsione di maggiore sopravvivenza prima del trapianto ma peggiore dopo; l’infezione da Stafilococco si associava ad una previsione di maggiore sopravvivenza prima ma ad una peggiore dopo (ipotesi: effetto di immunosoppressione del trattameto anti-rigetto); l’infezione da B cepacia non modificava l’effetto del trapianto ed era associata con una ridotta sopravvivenza comunque.

Nel bilancio complessivo, risulta da questo studio che solo 5 pazienti sui 514 posti in lista di attesa avevano una stima di probabile beneficio nella sopravvivenza e ben 315 avevano invece un significativo rischio di danno (cioè meno sopravvivenza rispetto a prima del trapianto); per 76 pazienti vi era previsione di beneficio ma non significativo e 118 di danno ma non significativo (categorie incerte). La distribuzione degli effetti stimati era del tutto simile per i 248 pazienti sottoposti a trapianto.

Con i limiti di una valutazione basata su stime di probabilità statistica, questo studio dunque non conferma precedenti assunti che il trapianto polmonare sia di sicuro beneficio nell’allungare la vita ai pazienti CF di età infantile arrivati allo stadio di non ritorno della malattia. Tuttavia non è in grado di fornire valutazioni su un altro effetto importante atteso dal trapianto: il miglioramento della qualità di vita, perché lo studio mancava di dati sostanziali per tale scopo. Certamente esso pone il serio problema della necessità di condurre studi prospettici (questo è uno studio retrospettivo) basati su ben ponderati criteri per l’inserimento in lista di attesa, più comprensivi dell’insieme delle condizioni cliniche, e di migliori stime di attesa di vita di quanto non si sia fatto sinora: in tali studi i parametri della qualità di vita debbono comporsi poi con quelli della durata di vita. Se questi risultati debbano applicarsi anche ai pazienti posti in lista d’attesa dopo il 2002 (parecchie cose sono cambiate negli ultimi anni, incluso un più accurato e intensivo trattamento preparatorio dei malati in lista) e se siano applicabili anche a pazienti di altri paesi rimane da valutare. In un editoriale sullo stesso numero della stessa rivista (2) viene osservato che dal 2005 l’organizzazione americana United Network for Organ Sharing (UNOS) ha stabilito nuovi criteri per le priorità di trapianto nei pazienti già in lista d’attesa. Prima di quell’anno (il periodo considerato nello studio di Liou) i malati ricevevano il trapianto esclusivamente sulla base dell’ordine di inserimento in lista, mentre ora viene richiesta la determinazione di un accurato punteggio, che tiene conto di numerosi parametri clinici: in sostanza la gravità clinica crea la priorità. Forse che questo potrebbe cambiare i risultati presentati da Liou, considerando che con questi nuovi criteri i pazienti più gravi hanno un tempo di attesa di molto accorciato?

1. Liou Th G, et al. Lung transplantation and survival in children with cystic fibrosis. N Engl J Med 2007. 357:2143-2152

2. Allen J, Visner G. Lung transplantation in cystic fibrosis – Primum non nocere? N Engl J Med 2007;357:2186-2188

14 gennaio 2008