Per trattare l’infezione respiratoria cronica caratteristica della malattia polmonare FC sono necessari spesso cicli di terapia antibiotica per via endovenosa: quando viene il momento di prescriverli il medico, visto il risultato dell’esame batteriologico dell’escreato e l’antibiogramma, deve decidere quale antibiotico usare e se usarne uno solo (“monoterapia”) o due associati (“terapia combinata”).
Se si usano due antibiotici possono esserci una serie di vantaggi: ampliare lo spettro d’azione contro i batteri, evitare così che si selezionino germi resistenti, sfruttare la sinergia che si crea tra i due farmaci. Però se si usa un solo antibiotico si può avere una riduzione degli effetti collaterali sfavorevoli o addirittura tossici dovuti al farmaco, una maggiore velocità nella somministrazione, una riduzione dei costi della terapia.
Su che cosa si basa la decisione? Dovrebbero esserci delle evidenze scientifiche, vale a dire delle ricerche svolte nei malati (“trials clinici”), effettuate con criteri scientifici (si dice che i trials devono essere controllati e “randomizzati”, termine che spieghiamo più sotto); per quanto concerne la scelta della monoterapia o della terapia combinata queste ricerche dovrebbero paragonare i due schemi terapeutici e produrre dei risultati che dimostrino la superiorità dell’uno rispetto all’altro.
Non è così semplice. In questo ricerca inglese(1) sono stati passati in rassegna tutti i trials che sono stati effettuati a questo scopo dal 1977 al 2004 e che sono stati resi noti attraverso la pubblicazione su riviste scientifiche.
Sono 27 trials, che hanno coinvolto un totale di 356 malati FC.
10 di questi paragonavano la monoterapia alla terapia combinata, gli altri studiavano gli effetti di un antibiotico somministrato singolarmente. I trials sono stati attentamente esaminati per capire il grado di correttezza del metodo con cui sono stati condotti e la validità dei risultati.
Ne è emerso che i risultati clinici sarebbero simili, sia usando la monoterapia che la terapia combinata. Non ci sarebbero differenze significative considerando i valori di funzionalità polmonare, il miglioramento dei sintomi respiratori, la diminuzione della carica batterica; simile anche l’incidenza di effetti collaterali sfavorevoli secondari alla terapia antibiotica.
Però questa analisi delle ricerche svolte, fatta con spirito attento e critico (si chiama “metaanalisi”) ha messo in luce un aspetto importante : non sempre i risultati prodotti sono venuti da ricerche condotte con metodo di “qualità”. Un trial di “qualità” è quello in cui i malati che aderiscono alla ricerca sono numerosi, perché solo questo permette di fare delle considerazioni che abbiano un certo peso statistico, e sono assegnati casualmente (si dice “random” ) all’una o all’altra delle terapie in esame. I medici devono essere assolutamente imparziali (si dice “ciechi”) nel valutare gli effetti clinici, non devono cioè conoscere quale terapia è stata applicata, altrimenti potrebbero arbitrariamente condizionare i risultati della ricerca; gli effetti clinici devono essere valutati in un arco di tempo sufficientemente ampio. Solo in questo modo dai trials clinici possono venire risultati sicuri : per raggiungere un obbiettivo così importante è richiesta la collaborazione di tutti.
1) Elpick H “Single versus combination intravenous antibiotic therapy for people with cystic fibrosis” Cochrane Database Syst Rev 2005 Apr 18; (2): CD002007. PMID: 15846627