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15 Gennaio 2007

Il rischio di fratture vertebrali negli adulti CF può essere forse meglio valutato con una tecnica ultrasonica piuttosto che radiologica.

15/01/2007 - G. M.

Nella recensione di una ricerca canadese sul rischio di fratture vertebrali in adulti con fibrosi cistica, pubblicata su questo sito in “Progressi di Ricerca” il 15.12.06 (Fratture vertebrali da compressione in adulti FC) riportammo che la prevalenza osservata di dette fratture in quella popolazione era del 7% e che l’evento frattura non era prevedibile sulla base della tecnica radiologica correntemente impiegata (Dual-energy X-ray absorptiometry, DXA) per misurare la densità della massa ossea (Bone Mineral Density, BMD): la BMD infatti non era sostanzialmente diversa nei fratturati rispetto ai non fratturati.

Una recente ricerca italiana (1), basata su un numero equivalente di pazienti CF adulti (172) di età compresa tra 20 e 50 anni, riferisce di una prevalenza di fratture vertebrali da compressione del 28% (più alta nei maschi rispetto alle femmine: 32% contro 23%), quindi molto più alta di quella canadese. E’ possibile che questa differenza dipenda dalla diversa gravità di malattia nelle due popolazioni: nella popolazione italiana esaminata il 56% dei soggetti aveva una assai cattiva funzionalità respiratoria (FEV1 inferiore al 50%), un terzo di essi era fortemente sottopeso ed il 44% era stato o era in trattamento cortisonico orale.

Ma il dato più rilevante di questo studio italiano è la conferma che l’esame radiologico della densità ossea (DXA) non era in grado di discriminare tra fratturati e non fratturati, mentre una particolare tecnica ultrasonica quantitativa (QUS), applicata alle falangi prossimali delle ultime 4 dita della mano, separava in qualche misura i due gruppi.

Questi dati mettono in discussione il significato reale delle misure radiologiche di densità minerale ossea nella pratica clinica, dal momento che tale parametro non sembra sia quello determinante o comunque predittivo dell’evento fattura, anche se esso documenta uno stato di osteoporosi, comunque di difficile trattamento e meritevole piuttosto di una prevenzione che deve iniziare molto precocemente nella vita di una persona CF. Sembrerebbe invece da questo studio che una qualche utilità predittiva del rischio di frattura, anche se a nostro avviso ancora alquanto limitata, sia da attribuire all’esame ultrasonico delle falangi. I ricercatori italiani ipotizzano che l’esame ultrasonico (ecografico) sia in grado di rivelare alterazioni qualitative della struttura ossea (importanti per il rischio di fratture) che l’esame radiologico DXA non evidenzia.

1. Rossini M, et al. Quantitative ultrasound in adults with cystic fibrosis: correlation with bone mineral density and risk of vertebral fractures. Calcif Tissue Int. 2007 Jan;80:44-9. Epub 2007 Jan 4